La Gadolinite: il minerale che svelò 8 dei 92 elementi chimici presenti in Natura

Chiunque abbia studiato Chimica a scuola sa cos’è la Tavola Periodica di Mendeleev, anche se solo chi è stato veramente bravo in questa materia affascinante o chi ha dato esami di Chimica universitari saprebbe servirsene per ricavare le giuste informazioni sulle caratteristiche e sul comportamento dei diversi elementi, muovendosi a proprio agio tra i periodi (le linee orizzontali) e i gruppi (le colonne verticali).

Sotto, la tavola periodica più antica oggi ancora esistente stampata fra il 1879 e il 1886. Crediti foto: Università di St. Andrews in Scozia:

Probabilmente, però, quasi tutti ricordano che la parte inferiore della Tavola non veniva mai usata per gli esercizi da svolgere ai compiti e alle prove d’esame; e, se qualcuno ha avuto la curiosità di osservarla con attenzione, sa che gli elementi che vi si trovano (raggruppati nei due periodi chiamati Attinidi e Lantanidi, anticamente detti “terre rare”) hanno nomi un po’ strani, che a volte sembrano usciti dalla penna di un autore di Fantasy… e in alcuni casi si assomigliano tra loro in modo un po’ sospetto.

Dietro la loro presenza nella Tavola c’è una storia decisamente originale, che ci porta in un piccolo punto della Terra, la miniera di Ytterby, nel territorio di Vaxholm, pochi km a Nord-Nord-Est di Stoccolma. Qui, nel XVIII secolo, venivano estratti dei minerali di silicio chiamati feldspati, molto comuni nella crosta terrestre ma non sempre comodi da scavare, che l’industria svedese del tempo utilizzava soprattutto nella produzione di porcellane secondo la tecnica di lavorazione cinese, indispensabili per la realizzazione di stufe in ceramica, dall’ottima efficienza energetica.

Nel 1787, l’ufficiale Carl Axel Arrhenius, sovrintendente agli scavi di Ytterby e scienziato dilettante, credette di aver trovato un minerale mai visto prima e ne inviò dei campioni a tutti i principali chimici del suo tempo, chiedendo una risposta.

Sotto, Carl Axel Arrhenius (1757-1824):

Questa arrivò solo nel 1792, quando un chimico finlandese dell’università di Turku, Johann Gadolin, ne determinò la composizione approssimativa, scoprendo allo stesso tempo un nuovo elemento. Il minerale prese il nome di Gadolinite in suo onore, mentre l’elemento fu provvisoriamente chiamato Yttria.

Johan Gadolin (1760-1852)

Bisogna notare che in quel periodo si era proprio agli albori della Chimica moderna. Solo da pochi anni (1785), Claude Berthollet aveva dimostrato che l’ammoniaca (prima chiamata “aria alcalina”) poteva essere scomposta ed era dunque un composto e non un elemento. Lavoisier aveva appena elaborato (1789) la prima definizione di “elemento chimico” (una sostanza che non può essere scomposta tramite processi chimici) e realizzato un primo “catalogo degli elementi” comprendente 33 voci, di cui la maggior parte sono davvero elementi chimici, anche se non mancavano cose che non c’entravano nulla con essi, come la luce o il calore (all’epoca chiamato “calorico” e identificato con un ipotetico fluido invisibile). La legge delle proporzioni definite e quella delle proporzioni multiple, che avrebbero offerto a John Dalton le prove decisive per dare una forma inconfutabilmente scientifica alla teoria atomica ipotizzata per pura speculazione da Democrito di Abdera 23 secoli prima, sarebbero arrivate solo dopo qualche anno.

Nel suo lavoro, Gadolin era stato sicuramente fortunato, ma anche bravo. Separare gli elementi di un minerale, con la tecnologia del tempo, era qualcosa ai limiti dell’impossibilità. Ma Gadolin era in stretta amicizia, mantenuta attraverso un fitto scambio di corrispondenza, con il più famoso produttore di porcellane del mondo, l’inglese Josiah Wedgwood (accidentalmente, nonno materno di Charles Darwin), il quale lo metteva al corrente di ogni nuovo progresso tecnico industriale.

Josiah Wedgwood (1730-95)

Tuttavia, l’Yttria sembrava un elemento molto misterioso, che nascondeva qualcosa ancora da scoprire. Nei decenni successivi, molti chimici lavorarono su di esso, senza arrivare a grandi risultati, finché a metterci mano arrivò il tedesco Friedrich Woehler, un altro geniaccio della stessa razza di Gadolin. Woehler ha un posto di assoluto rilievo nella Storia della Chimica per essere stato il primo a sintetizzare un composto organico (l’urea, quella delle nostre urine) a partire da reagenti inorganici (cianato d’argento e cloruro di ammonio), impresa che compì nel 1828. Nello stesso anno, isolò dall’Yttria un altro elemento che (con poca fantasia) chiamò Ittrio. L’Yttria, infatti, non era un elemento, ma un composto! Per l’esattezza, un tri-ossido di di-ittrio.

Un frammento di Ittrio:

Ma non finisce qui.

Se il mistero dell’Yttria era stato svelato, restava quello della Gadolinite, la cui composizione non appariva affatto certa. E, infatti, nel 1843, lo svedese Carl Gustav Moisander riuscì a identificare in essa due nuovi elementi, che chiamò Erbio e Terbio, entrambi in riferimento a Ytterby. Ma non smise di lavorare sul minerale, perché questo, secondo lui, poteva riservare altre sorprese.

Un frammento di Gadolinite:

Infatti, nel 1878, lo svizzero Jean Charles Galissard de Marignac scoprì che la Gadolinite nascondeva ancora un altro elemento, cui fu dato il nome (ormai la tendenza era quella) di Itterbio.

Jean Charles Galissard de Marignac (1817-94):

Poi, nello stesso anno, un altro dei tanti chimici che stavano lavorando sulla Gadolinite, lo svedese Per Teodor Cleve, vi scoprì altri due elementi ancora, che chiamò Olmio (Holma, antico nome di Stoccolma) e Thulio (da Thule, la terra misteriosa raggiunta dal navigatore fenicio Pitea da Marsiglia nel IV secolo a.C., tradizionalmente identificata nella Scandinavia).

Olmio isolato:

Ancora, nel 1879, un altro svedese, Lars Fredrick Nilson, isolò dalla Gadolinite un ulteriore elemento, chiamato Scandio. Subito dopo, Cleve scoprì che lo Scandio coincideva con l’elemento ipotetico che Mendeleev aveva chiamato Eka-Boro, e questa fu una scoperta importantissima.

Lo Scandio isolato:

Infatti, quando Mendeleev aveva realizzato la sua prima Tavola Periodica, che doveva servire solo per aiutare i suoi studenti a memorizzare meglio le caratteristiche dei diversi elementi, si era ritrovato con tre caselle vuote tra i diversi gruppi e periodi. Con un certo coraggio, sfidando tutta la comunità scientifica, aveva predetto che queste in realtà coincidevano con tre elementi ancora da scoprire. La comunità dei chimici aveva reagito dandogli del ciarlatano e dello stregone (quest’ultima qualifica se l’era guadagnata anche interessandosi di paranormale, un campo in cui non pochi scienziati del XIX secolo si sono giocati un pezzo di reputazione) ma i fatti gli avrebbero dato ragione nel giro di pochi anni, con la scoperta dei tre elementi mancanti (Gallio, Germanio e, appunto, Scandio).

La Gadolinite era stata svelata fino in fondo, allora?

No. Nel 1880 Marignac annunciò che sicuramente c’era un altro elemento presente. Questo fu identificato nel 1886 ad opera del francese Paul Emil Lecoq de Boisboudran: si chiama Gadolinio ed è stato isolato solo in tempi recenti.

Sotto, il Gadolinio:

In sintesi, un solo minerale, rinvenuto in un solo piccolo posto al mondo, ha permesso di scoprire ben 8 dei 92 elementi chimici esistenti in natura.

Come si spiega, questo?

In realtà, la spiegazione è molto più semplice di quanto possa sembrare.

Le “terre rare” sono tali sulla superficie terrestre, ma non nel sottosuolo. E la Scandinavia rappresenta un po’ il posto ideale per farle emergere. Questa penisola è emersa dal mare, durante la fase geologica detta “Orogenesi Caledoniana”, datata da 490 a 390 milioni di anni fa. Questa fase è la più antica cui si possono far risalire dei rilievi riconoscibili (ce ne sono state anche di precedenti, ma ormai i rilievi innalzatisi allora sono completamente spianati dall’erosione) ed è stata seguita da altre due orogenesi, quella “Ercinica” e quella “Alpina” che è ancora in corso (il meccanismo che porta Alpi, Himalaya, Caucaso, Ande, Montagne Rocciose, ecc, a crescere più rapidamente di quanto l’erosione le consumi).

L’erosione della Scandinavia è stata poi accentuata dalla sua posizione non distante dal Polo Nord. Durante le diverse occasioni (dovute alle più svariate cause, dalle eruzioni vulcaniche alla caduta di asteroidi, ecc.) che negli ultimi 390 milioni di anni hanno determinato cambiamenti climatici tali da far crescere o ritirare i ghiacciai, il movimento di questi ultimi sulla superficie ha “grattato via” da essa molti più detriti (le cosiddette “morene”) di quanti sarebbe riuscita ad asportare una normale erosione atmosferica. L’ultimo ritiro dei ghiacciai ha poi provocato un alleggerimento del peso sulla superficie della penisola, che si è dunque sollevata, portando a livello del mare gli strati geologici che altrove si trovano molto più in profondità.

Infine, nella zona di Ytterby, la Gadolinite è comunissima anche perché rappresenta uno scarto dell’estrazione dei feldspati dalle miniere ed è stata accumulata lì per secoli durante le attività di queste.

Dovunque si trovino, le “terre rare” tendono a mescolarsi perché hanno un comportamento chimico molto simile e, dunque, in genere, dove se ne trova una, è facile trovare anche le altre.

Molti testi (stranieri: tra quelli tradotti in Italiano, il più importante è “Favole periodiche” di Hugh Aldersey-Williams) sottolineano l’importanza di Ytterby per la Storia della Scienza. Tuttavia, la miniera, pur vicinissima a Stoccolma, non è affatto facile da raggiungere, per la scarsità di indicazioni stradali. All’esterno, si trova una targa che celebra i suoi contributi, ma l’interno è chiuso ai visitatori per via del suo alto tasso di radioattività naturale, che è addirittura superiore a quella delle aree del Giappone evacuate in seguito all’incidente della centrale di Fukushima. Questo fenomeno non deve stupire, perché la radioattività naturale ha origine dall’interno della Terra e, dunque, dovunque si scavi o emergano strati profondi, tanto più se di origine vulcanica e quindi di provenienza ancora più profonda, è normale che si venga in contatto con minerali sempre più radioattivi.

Roberto Cocchis

Barese di nascita, napoletano di adozione, 54 anni tutti in giro per l'Italia inseguendo le occasioni di lavoro, oggi vivo in provincia di Caserta e insegno Scienze nei licei. Nel frattempo, ho avuto un figlio, raccolto una biblioteca di oltre 10.000 volumi e coltivato due passioni, per la musica e per la fotografia. Nei miei primi 40 anni ho letto molto e scritto poco, ma adesso sto scoprendo il gusto di scrivere. Fino ad oggi ho pubblicato un'antologia di racconti (“Il giardino sommerso”) e un romanzo (“A qualunque costo”), entrambi con Lettere Animate.