“Le mani, per semplice contatto, possono infettare”, affermazione alquanto banale al giorno d’oggi, così come è norma quotidiana e scontata, il lavaggio delle mani: prima dei pasti, dopo il contatto con il manico del carrello della spesa, nei tram e nelle metro o prima di cucinare, ad esempio.
Perché? La risposta è altrettanto conosciuta e ovvia: esiste un mondo di piccoli esseri che, seppur invisibili, vivono dovunque, intorno a noi ed anche su di noi, da sempre. Si chiamano microrganismi, vengono studiati dalla microbiologia, scienza che riuscì a togliere loro il mantello dell’invisibilità grazie all’invenzione di microscopi sempre più potenti.
Effetto della disinfezione sul numero di microbi presenti sulle mani: senza lavaggio (A), a seguito di lavaggio con sapone (B), a seguito di disinfezione con alcool (C). Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Sono stati classificati a seconda delle loro caratteristiche e sono buoni o cattivi: molto spesso i buoni diventano cattivi, creando situazioni veramente pericolose per la vita dell’essere colpito, ma di solito sono affittuari tranquilli, spesso ripagano proteggendo gli ospiti dai loro simili malintenzionati. Questi piccoli esseri usano varie vie d’accesso per far visita ai coinquilini giganti di questa terra, siano essi animali, piante o uomini: le ferite sono succose porte d’accesso, perché si inseriscono direttamente nel torrente circolatorio, che scorre dappertutto. Una volta entrati, diversi sono i doni che lasciano all’ospite: infezioni e malattie, a molte delle quali, per fortuna, la scienza ha risposto con invenzioni chiamate antibiotici, vaccini ed altre forme di difesa che supportano il sistema immunitario del colpito.
Il contatto tuttavia, è il biglietto del viaggio, i veicoli sono vari, uno comune? Le mani. Ad intuirlo un dottore ungherese, che si chiamava Ignác Fülöp Semmelweis (181-1865), ricordato anche come il salvatore delle madri, paradossalmente, reso folle dall’incapacità della società coeva di accettare la sua scoperta.
Ospedale generale di Vienna, 1846, quando la microbiologia non si era ancora affermata come scienza e i micro abitanti erano ancora un mistero: la prima divisione della clinica ostetrica registrava un alto tasso di mortalità delle puerpere, a causa di una malattia, chiamata febbre puerperale, di cui non si conosceva la causa, solo i sintomi e il decorso, a prognosi dolorosamente infausta.
Questa patologia era considerata un vero mistero, una sorta di piaga, perché le molte teorie, sviluppate fino ad allora, non erano riuscite neanche ad allentare la sua fama di Mietitrice: si era ritenuto ad esempio, secondo la teoria dei miasmi, che fosse l’aria fetida di Vienna, ormai prole della rivoluzione industriale, ad infettare le donne, ma il tasso di mortalità era più alto in nosocomio che in altri luoghi della città.
Cosa scatenava questa malattia?
Semmelweis, fresco di laurea in medicina, conseguita nella sua terra d’origine, aveva trovato lavoro proprio in quella famigerata prima divisione ed era ossessionato, più dei suoi colleghi, dalla ricerca di una definitiva risposta a questa domanda.
Inoltre non si spiegava perché il tasso di mortalità della divisione in cui lavorava era altissimo, mentre quello della seconda divisione era sempre intorno allo zero. L’unica diversità tra i due reparti era chi erogava l’assistenza alle pazienti: nella prima erano medici e studenti in medicina, che le visitavano dopo aver terminato le autopsie, anche su decedute di febbre puerperale. Nel secondo invece, l’assistenza al pre/intra/post parto era affidato alle ostetriche e alle monache, che svolgevano solo ed esclusivamente quel lavoro.
Cosa c’era di diverso tra le due categorie di operatori?
In seguito alla morte di un suo collega, Kolletschka, avvenuta dopo essersi ferito durante un’ autopsia sul cadavere di una vittima della febbre puerperale, Semmelweis aveva notato che il cadavere del dottore e quello delle puerpere malate riportavano le stesse lesioni anatomiche, gli stessi quadri clinici e, probabilmente, la stessa origine.
Eureka!
Cosa avevano in comune il dottore Kolletschka e le donne ricoverate? Il contatto con particelle cadaveriche, portatrici della infausta patologia, avvenuto durante l’autopsia per il primo e durante il parto per le seconde attraverso le mani di chi le assisteva.
Sicuro della propria intuizione, il tenace dottore aveva predisposto che tutti gli operatori, prima di entrare in contatto con le puerpere, effettuassero il lavaggio delle mani con una soluzione di cloruro di calce. Si era preoccupato che a farlo fossero soprattutto i medici e gli allievi di medicina che si recavano nel reparto di ostetricia, dopo aver eseguito autopsie e dunque con le mani sporche di particelle infettanti. La giusta intuizione e questa banale disposizione gli avevano dato ragione: in poco tempo il tasso di mortalità nella famigerata prima divisione si era ridotto notevolmente sino a diventare quasi zero.
Sotto, il tasso di mortalità della Febbre puerperale negli anni. La curva rosa indica la mortalità dell’Ospedale di Vienna, quella Blu la mortalità dell’ostetricia di Dublino, priva di anatomia patologica fra il 1784 e il 1849. La prima linea grigia verticale segna l’introduzione, nel 1823, dell’anatomia patologica nella clinica viennese e l’aumento delle morti per febbre puerperale. La seconda linea grigia verticale marca l’introduzione del lavaggio delle mani con soluzione di cloruro di calce (ipoclorito di calcio):
Il giovane dottore aveva fatto una scoperta sconvolgente per la medicina del tempo, tanto da essere definito, dai posteri, un pioniere nel campo dello studio dei microrganismi. Aveva ottenuto ottimi risultati e restituito molte donne alle proprie famiglie, eppure, veniva ostracizzato dalla comunità scientifica e medica coeva.
Screditato, isolato dai colleghi dell’Ospedale, Semmelweis venne licenziato con un pretesto (aver dato disposizioni senza autorizzazione) e costretto a tornare nella sua Ungheria, allora solcata dai moti rivoluzionari. I suoi stessi colleghi avevamo continuato ad ostacolare la diffusione della sua dottrina anche ai piani più alti della gerarchia scientifica.
Questa opposizione trovava giustificazione nel fatto che Semmelweis non aveva prove, le sue non erano altro che ipotesi, non erano comprovate da alcun metodo scientifico. Inoltre, forse offesi di essere considerati degli untori, i medici della clinica avevano rifiutato di lavarsi le mani, facendo rialzare il termometro delle morti nella prima divisione:
Tutto era tornato come prima, e a pagare le conseguenze di questo rifiuto erano donne inconsapevoli di trovare la morte dopo aver dato la vita
La moglie del dottor Semmelweis, Mária Weidenhoffer:
Semmelweis, intanto, partecipava attivamente ai moti rivoluzionari ungheresi, ma i continui colpi che gli giungevano da Vienna provocavano in lui segni di cedimento psicologico. Dopo qualche periodo, il dottore venne assunto presso la clinica Maternità di San Rocco di Pest, diventando un professore universitario famoso e rispettato da tutti perché grazie alla sua scoperta aveva ridotto la mortalità della febbre puerperale.
Nonostante questi risvolti positivi, a Vienna l’opposizione alla sua dottrina continuava imperterrita, soprattutto dopo la pubblicazione del suo libro: L’eziologia della febbre puerperale. La reazione del dottore era di gridare ancora di più la verità: nella sua “Lettera aperta a tutti i professori di ostetricia”, Semmelweis chiamava assassini tutti i medici che non si sottoponevano al lavaggio delle mani e che continuavano ad ostracizzarlo.
L’instabilità mentale si era manifestata come i sintomi della febbre nelle puerpere: le mani della società, infettate di particelle di resistenza alla verità, strozzavano le parole del dottore.
Egli si sentiva incompreso come il prigioniero ridisceso nella caverna di Platone
Le capacità di giudizio alterate e il suo comportamento bizzarro provocarono l’internamento in manicomio. L’ennesimo rifiuto del suo metodo, datogli dall’Accademia di Medicina di Parigi, provocò il crollo definitivo del suo esile e già alterato autocontrollo.
Sotto, l’ospedale Ospedale San Rocco a Pest:
Il salvatore delle madri morì in manicomio, a Dobling, nel 1865, probabilmente per un’infezione contratta durante l’esercizio del proprio lavoro. Alcune fonti affermano che fu lo stesso dottore in un attimo di follia a procurarsela, ferendosi con un bisturi infetto di quelle particelle cadaveriche contro le quali aveva combattuto per tutta la vita.
Torniamo a Vienna dopo la scoperta di Semmelweis
1846, Ospedale generale di Vienna, prima divisione della clinica ostetrica, subito dopo la scoperta di Semmelweiss: una donna partorisce e sente una voce nuova intorno a lei, è quella del suo bambino, appena nato!
Lo osserva, è l’unica cosa che percepisce intorno a lei, mentre lo sente piangere, piccola vita a cui lei ha dato la luce, è sano per fortuna e crescerà forte: presto torneranno entrambi a casa, con il neo papà. La donna però, si sente poco bene, prova forti dolori nel basso ventre, all’altezza dell’utero e brividi, forse è solo un po’ di febbre.
No, si dice fermamente, non è quella grave, la febbre puerperale, di cui si parla tanto, chiamata così perché predilige le puerpere, nome che usano i medici per indicare le donne dopo il parto. Quelle come lei in quel momento. Si preoccupa troppo, non capiterà anche a lei, il buon Dio le ha dato un momento così pieno di gioia, ha ricevuto il dono più bello dalla vita, è impossibile: sarà solo la stanchezza, a breve sarà tutto passato andrà a casa, con i suoi due amori.
Pensa al nome scelto per il piccolo, adesso le sembra adatto. Sente il suo corpo scosso da altri brividi, dolori sparsi e i battiti del cuore corrono più di un treno. Il marito gli aveva promesso un viaggio in treno, magari lo faranno per davvero, tra un anno o due.
Perché sente ancora brividi?
Ha saputo che un dottore, un certo Semmelweis, ora in Ungheria, ha trovato la cura alla malattia, quindi lei è fuori pericolo. Respira, sente dolore, il dolore di uno strappo, non sul corpo sempre più caldo come il fuoco delle caldarroste, ma nel suo animo. Chiude gli occhi, immaginando lei sul treno, con il marito e il figlio. Tra un anno magari, lo faranno per davvero, quel viaggio. Il marito piange, stringendo a sé il figlio che dovrà crescere da solo, lei avrebbe dovuto solo amarli, ma la febbre puerperale gliel’ha portata via.
Oggi la febbre puerperale è solo un triste ricordo del passato, una macchia della storia, viene subito annientata tramite la somministrazione di antibiotici. Il lavaggio delle mani insieme ad altre norme di igiene e profilassi sono obbligatori in ospedale, buona prassi anche al di fuori. “Le mani, per semplice contatto, possono infettare” aveva gridato convinto Semmelweis. Non solo il corpo, ma anche la mente.
La vita di Semmelweis fu raccontata in un film per la TV italiana del 1981, disponibile in versione integrale su Youtube: