L’edificio nella foto è Palazzo Braschi, a Roma. La costruzione fu realizzata, nel cuore rinascimentale della capitale (tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II) tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800. Già nel 1871 gli eredi della nobile famiglia Braschi, in difficoltà economiche, vendettero il palazzo allo Stato Italiano, che lo destinò ad ospitare la sede del Ministero degli Interni. Con l’avvento del fascismo il Palazzo divenne, dal 1922, la sede della federazione fascista dell’Urbe (non la sede nazionale del partito).
Quella che si vede in foto non era una copertura permanente della facciata: fu allestita così in occasione delle elezioni del 1934, in cui gli italiani, o almeno quelli che avevano diritto al voto, erano chiamati a votare a favore o contro una lista precostituita, composta da 400 nomi, proposta dal Gran Consiglio del Fascismo, con un sistema elettorale di tipo plebiscitario.
I tanti SI impressi sulla facciata di Palazzo Braschi invitavano gli elettori a votare a favore della lista presentata dal Duce
La procedura di voto prevedeva due schede e due buste, quella con il SI aveva i colori della bandiera italiana e simboli fascisti, mentre quella con il NO era di colore bianco. L’elettore, dopo aver scelto la scheda, la imbustava e la poneva nell’urna, mentre doveva riconsegnare agli scrutatori, dentro la seconda busta, la scheda rimanente: il controllo sulle votazioni era assoluto, e difatti il 99,84 degli elettori votò a favore della lista del Duce. La parvenza democratica di questo tipo di sistema elettorale consisteva nella possibilità di tornare alle urne con più liste, se quella presentata al primo turno fosse stata bocciata dagli elettori.
Sotto, Palazzo Braschi in occasione delle elezioni del 1929, svoltesi sempre con il sistema plebiscitario.
La fotografia del volto di Benedetto “Benito” Mussolini, minaccioso e imperante dalla facciata di palazzo Braschi, ci ricorda quanto la democrazia sia un bene prezioso, ma estremamente fragile.