Si pronuncia la parola “Vaiolo” e la mente va subito alle epidemie più drammatiche della storia. Ma il Vaiolo è attualmente eradicato dal mondo moderno, un “male” del passato che è stato sconfitto grazie a un fattore: il vaccino. La malattia infettiva era causata da due varianti del virus Variola, la Variola maior e la Variola minor, mentre il termine deriva dalla parola latina variŏla e più in dettaglio da varius, traducibile con chiazzato.
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Il morbo, comparso (a quanto si sa) circa nel II millennio a.C., ha avuto come costante un alto tasso di mortalità, almeno fino alle campagne di vaccinazione obbligatoria avviate a metà dell’800, che portarono, come accennato prima, alla completa eradicazione del vaiolo nel 1980.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Il vaccino fu scoperto da Edward Jenner nel 1798. Jenner nacque a Berkeley, in Inghilterra, figlio di Stephen Jenner, vicario della città. Fu istruito secondo i dettami dell’educazione classica, che prevedeva anche un assiduo studio del latino, la lingua dell’epoca con cui si parlava fra dotti. All’età di 13 anni divenne apprendista del farmacista Daniel Ludlow e più tardi del chirurgo George Hardwick nella vicina Sodbury.
Edward Jenner. Immagine da Wellcome Collection Gallery condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia
Nel corso dei suoi studi osservò che le persone infettate con il vaiolo bovino durante il lavoro con il bestiame risultavano immuni al vaiolo nella sua variante umana. Alle osservazioni però non seguirono sperimentazioni, e quindi la cosa si limitò ad appunti e considerazioni.
Dal 1770 al 1772 Jenner fu impegnato nel conseguimento della specializzazione in medicina a Londra, presso il St. Georges Hospital, sotto l’ala del suo maestro dottor John Hunter. Una volta laureato tornò a esercitare medicina a Berkeley.
Dopo poco tempo in città si diffuse un’epidemia di Vaiolo, e Jenner consigliò ai suoi pazienti di recarsi presso il suo studio per farsi visitare, ma molti risposero che le precedenti infezioni da vaiolo bovino, di cui avevano sofferto, li avrebbero protetti. La risposta dei pazienti fu una conferma dei sospetti scaturiti dalle osservazioni passate di Jenner, che iniziò a studiare il vaiolo bovino presentando anche una relazione alla locale società medica.
Relazione sugli studi del vaiolo. Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Dallo studio di alcune fonti iconografiche e della storia tradizionale del luogo si può ipotizzare che si fosse già intuito qualcosa sulla relazione tra resistenza alla malattia e lavoro con il bestiame: la “bella lattaia”, che all’epoca diviene icona e tema frequente della vita sana nella natura, rappresenta l’immunità dal vaiolo per coloro che lavoravano a contatto con il bestiame. Negli anni successivi al 1770 almeno sei studiosi di medicina in Inghilterra e Germania testarono con successo la possibilità di utilizzare il virus del vaiolo bovino come forma di vaccinazione efficace per il vaiolo degli esseri umani.
Nel 1796 Sarah Nelmes, una lattaia locale, contrasse il vaiolo bovino, e andò da Jenner per sottoporsi a una cura. Il dottore colse l’occasione per testare la sua teoria: egli inoculò in James Phipps, figlio del suo giardiniere, il materiale infetto prelevato dalle lesioni del vaiolo bovino che aveva colpito Sarah.
Jenner ritratto mentre inocula in un bambino il virus del vaiolo. Immagine da Wellcome Collection Gallery condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia
Dopo un lieve rialzo febbrile e la lesione locale, come preventivato, il bambino recuperò prontamente la salute in un paio di giorni. Circa due mesi dopo Jenner inoculò in James su entrambe le braccia il materiale infetto prelevato da un altro caso di vaiolo umano, senza che si verificasse alcun effetto:
Il ragazzo era immune al vaiolo
Nell’aprile del 1797 il medico inviò alla Royal Society un articolo dove descriveva le sue osservazioni, subito analizzato dall’allora presidente Sir Joseph Banks, il quale si rivolse a Everard Home, luminare di anatomia e chirurgia, per riceverne un ulteriore parere. Venne avviata così un’intensa campagna di studi e sperimentazioni sul vaccino del vaiolo, durante la quale Jenner analizzò ventitré casi: tra questi c’erano diverse persone che avevano resistito all’esposizione naturale, proprio perché era stato preventivamente inoculato loro il vaiolo bovino. Il resoconto medico della sperimentazione fu pubblicato ufficialmente nel 1798.
Resoconto manoscritto inviato alla Royal Society. Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Non si conosce il numero esatto di persone vaccinate da Jenner. Il dottore intuì che l’inoculazione di materiale dalle pustole del vaiolo bovino rappresentava un’alternativa sicura al contagio del virus del vaiolo umano, ma era anche erroneamente convinto che l’effetto immunizzante si sarebbe mantenuto per tutta la vita. In quegli anni Jenner stesso introdusse il termine “vaccino” per indicare il vaiolo bovino facendolo derivare dalla parola variolae vaccinae (cioè vaiolo della vacca).
Il termine vaccinazione sostituì presto la dizione “inoculazione da vaiolo della mucca”, e fu usato per la prima volta in un documento che fu dato alle stampe da un amico di Jenner, Richard Dunning, nel 1800.
Inizialmente, il termine vaccino/vaccinazione fu riservato al solo vaiolo, ma nel 1881 Louis Pasteur (il fondatore della microbiologia) propose di onorare la scoperta di Jenner utilizzando il termine anche per le nuove e future vaccinazioni.
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Nel corso della storia il vaiolo causò centinaia di milioni di vittime. E se ogni morte è tragica, il caso dell’ultima persona uccisa dal vaiolo rappresenta la tragedia più straziante. Il vaiolo era uno degli assassini più temuti in tutto il mondo, mentre gli ammalati sopravvissuti spesso rimasero ciechi o con gravi patologie.
Nel 1959 l’Assemblea Mondiale della Sanità – OMS – annunciò ufficialmente una guerra, che durò 10 anni, per eradicare il vaiolo in tutto il mondo.
L’ultimo caso di vaiolo si registrò nell’ottobre del 1977 in Africa. A esserne colpito fu un cuoco ventitreenne di nome Ali Maow Maalin, che lavorava in un ospedale di Merca in Somalia. Maalin non era stato vaccinato, ma miracolosamente si ristabilì. Un team di medici incaricati rintracciò i vettori responsabili dell’epidemia portando all’esecuzione di ulteriori vaccinazioni, che furono più di cinquantamila. La malattia fu considerata definitivamente debellata alla fine del 1979.
Poi il vaiolo, inaspettatamente, colpì ancora per un’ultima volta.
Janet Parker era una fotografa specializzata in fotografie mediche nata nel 1938, che lavorava alla facoltà di medicina dell’Università di Birmingham presso il Dipartimento di Anatomia, al piano superiore di quello di Microbiologia diretto dal professor Henry Bedson, il quale stava conducendo studi sul virus del vaiolo nonostante i fondi e le autorizzazioni fossero state sospese nel 1977.
Sotto Janet Parker:
Bedson credeva di essere sull’orlo di una svolta nella ricerca sul vaiolo utilizzando dei campioni vivi del virus. I ricercatori del laboratorio di Bedson lavoravano su un virus che si trasmetteva per via aerea e per il quale bisognava rinnovare ogni due anni il vaccino per non esserne contagiati.
Il laboratorio era però totalmente inadeguato ai requisiti di sicurezza: senza docce separate o strutture di cambio, senza indumenti speciali per prevenire la contaminazione, senza sistemi di aerazione speciale e senza sistemi di decontaminazione.
Già nel 1966 si era verificato un contagio da vaiolo su alcuni dipendenti del Dipartimento di Anatomia, ma allora si pensò che la causa fosse legata a qualche viaggio all’estero di uno dei collaboratori e non venne istituita alcuna commissione di ricerca medica.
Virus del Vaiolo Umano. Fotografia di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
I ricercatori del laboratorio di Microbiologia infatti rinnovavano ogni due anni le loro vaccinazioni evitando qualsiasi contagio, ma necessariamente avrebbero dovuto subire lo stesso trattamento anche i ricercatori delle strutture vicine. Janet Parker al contrario non eseguì alcuna vaccinazione dopo il 1966. L’inchiesta successiva non fu in grado di determinare esattamente se e in che modo il virus fosse penetrato nel sistema di areazione dell’Istituto, attraverso il quale si sarebbe diffuso.
Quando Janet manifestò i suoi primi sintomi nell’agosto del 1978, all’inizio si pensò che avesse il raffreddore. In seguito i medici pensarono che presentasse un’eruzione cutanea da farmaci; poi cominciarono ad apparire le pustole e si ipotizzò potesse essere varicella.
Il 20 agosto venne ricoverata al Catherine-de-Barnes Isolation Hospital di Solihull, dove le venne diagnosticato il variola major, la forma più grave di vaiolo. La donna venne subito messa in quarantena con la sua famiglia unitamente alle circa cinquecento persone con cui era entrata in contatto nell’ultimo periodo.
La prima persona a morire però fu il professor Henry Bedson, che fu anche il primo ad essere informato della diagnosi della paziente
Sotto Henry Bedson
Probabilmente rendendosi conto della propria negligenza, si tagliò la gola lasciando una lettera di scuse in cui scrisse “Mi dispiace di aver smarrito la fiducia che tanti miei amici e colleghi avevano riposto in me e nel mio lavoro. Mi rendo conto che questo atto è l’ultima cosa sensata che potessi fare per poter permettere loro di ottenere un po’ di pace”.
Pochi giorni dopo il padre di Janet Parker morì per un infarto, incapace di gestire il dolore emotivo e fisico della situazione, e poi Janet stessa alla fine soccombette al vaiolo l’11 settembre 1978.
Venne istituita una commissione di indagine che redasse una relazione sull’incidente, da cui emersero le gravi lacune di sicurezza in cui versava il laboratorio ed una nuova campagna di vaccinazione in tutto il Paese. Il vaiolo fu dichiarato ufficialmente eradicato a livello mondiale nel 1980 dall’OMS.
I tre ex-direttori del “Programma per l’eradicazione globale del vaiolo” leggono l’annuncio dell’eradicazione della malattia. Fotografia di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
A causa della resistenza da parte degli Stati Uniti e della Russia, nel 2002 l’Assemblea mondiale della sanità, che più volte si era già raccomandata di distruggere gli stock di virus conservati nei laboratori, decise di consentire la loro conservazione temporanea a scopo di ricerca specifica.
Alcuni scienziati hanno sostenuto che le scorte possono essere utili anche nello sviluppo di nuovi vaccini, farmaci antivirali e test diagnostici. Tuttavia nel 2010 un team di esperti in salute pubblica nominato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha concluso che nessun obiettivo essenziale alla salute pubblica trova giovamento dal fatto che Stati Uniti e Russia continuino a mantenere le loro riserve di virus.
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Dopo i catastrofici atti di terrorismo dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, il governo statunitense, per prevenire possibili attacchi biologici, produsse una grande quantità di vaccino, avviando un programma di vaccinazione su base volontaria, da parte di civili e militari. Nonostante il Vaiolo sia ormai un ricordo del passato, anche l’Italia attualmente possiede 5 milioni di dosi di vaccino che, in caso di necessità, possono servire a immunizzare 25 milioni di persone.