La Danza degli Spiriti: il Ballo rituale che scatenò il massacro di Wounded Knee

Nulla faceva presagire che in quella mattina del 29 dicembre 1890, mentre il gelo dell’inverno era insolitamente riscaldato da qualche raggio di sole, si sarebbe consumato il massacro di una tribù mite che si era già arresa al 7° cavalleggeri dell’esercito degli Stati Uniti.

Cannoni Hotchkiss, come quelli usati a Wounded Knee 

Immagine di Pubblico Dominio

I Miniconjou (un clan appartenente ai Lakota Sioux) guidati dal Capo Big Foot – un “uomo di pace” che aveva sempre cercato di convivere pacificamente con i coloni bianchi – erano diretti alla riserva di Pine Ridge, dove Nuvola Rossa li aspettava per essere aiutato a trovare soluzioni pacifiche alle ormai lunghe ed estenuanti Guerre Sioux.

Ufficiali di Cavalleria a Wounded Knee

Immagine di Pubblico Dominio

Erano circa 350 (compresi donne e bambini) i Miniconjou che marciavano faticosamente sulla neve sventolando una bandiera bianca, mentre il loro capo era trasportato in un carro, perché gravemente malato di polmonite. Il 28 dicembre la tribù, intercettata da un battaglione di cavalleria, fu scortata in un campo vicino al torrente Wounded Knee. I Miniconjou non avevano opposto nessuna resistenza, anzi:

La bandiera bianca continuava a sventolare fuori dalla tenda di Big Foot

Il primo sparo a Wounded Knee

Immagine di Pubblico Dominio

Quella mattina del 29 dicembre sembrava tutto sotto controllo: i soldati del colonnello Forsyth dovevano solo sequestrare le armi dei nativi, per poi scortarli attraverso un viaggio di 18 miglia, verso una destinazione dove sarebbe stato possibile tenerli sotto controllo. Perché i bianchi che vivevano ai confini delle riserve Sioux erano spaventati non dai guerrieri, ma dai loro Ghost Dancer, uomini che ballavano una danza che venne descritta come ossessiva e inquietante. Un agente del governo si era talmente spaventato assistendo a quel ballo tribale, che aveva mandato un telegramma chiedendo rinforzi: “Gli indiani stanno ballando nella neve e sono selvaggi e pazzi … abbiamo bisogno di protezione e ne abbiamo bisogno ora”.

Danzatori Sioux nel tardo 19° secolo

Immagine di Pubblico Dominio

La Ghost Dance era una danza sacra inventata da un importante leader religioso, Wovoka (della tribù Paiute), che diede vita a un movimento chiamato Danza degli Spiriti, un ballo che doveva servire a riportare i bufali nelle grandi pianure e a cacciare i bianchi dalle loro terre, mentre i morti sarebbero tornati ad aiutarli nella lotta (da qui il nome Danza degli Spiriti).

La Ghost Dance Sioux da un documento della Library of Congress:

Sotto, la prima danza Sioux ripresa in video:

I nativi delle pianure, un tempo uomini liberi nel grande ovest americano, avevano visto scomparire il loro secolare stile di vita nel giro di una generazione. Confinati in piccole riserve su terre che consideravano “in prestito dai loro figli”, e dipendenti da burocrati bianchi (che spesso li derubavano) per soddisfare anche i bisogni più elementari, molti nativi americani videro in questa nuova religione un’ultima speranza per tornare al loro antico modo di vivere.

Camicie indossate dai Ghost Dancer Sioux a Wounded Knee

Fonte immagine: Wikimedia Commons/ nessuna restrizione di copyright conosciuta

Quella mattina del 29 dicembre, Forsyth e Big Foot parlavano al centro del campo, mentre il canto dello sciamano diventava sempre più cupo. Yellow Bird (o forse Stosa Yanka) prese un pugno di terra e lo lanciò in aria, incitando i Sioux a credere in ciò che la Ghost Dance insegnava: i proiettili non potevano passare attraverso le magiche camicie bianche, le pallottole non sarebbero andate verso di loro, ma avrebbero sorvolato le grandi praterie. Intanto i soldati stavano gettando sul campo ogni avere dei Miniconjou, mentre i giovani della tribù si univano alla danza dello sciamano.

Lo sciamano Yellow Bird, probabilmente ucciso dall’interprete Philip Wells

Immagine di Pubblico Dominio

L’interprete, un Sioux che aveva preso il nome di Philip Wells, disse che quell’uomo, lo sciamano, “stava facendo del male”, e che c’era un imminente pericolo.

Forsyth ordinò di perquisire ogni uomo e donna della tribù, in cerca di armi nascoste. Nello spazio di un respiro, l’atmosfera divenne incandescente: i soldati del 7° cavalleggeri non si erano ancora vendicati della sconfitta a Little Big Horn, avvenuta 14 anni prima, e i nativi ne erano ben consapevoli

Perché altrimenti l’esercito aveva allineato quattro cannoni sulla cresta del canyon sopra di loro?

Il Capo dei Miniconjou, Big Foot, ucciso a Wounded Knee

Immagine di Pubblico Dominio

Poi successe l’inevitabile: forse un giovane nativo sordo, Coyote Nero, non sentì l’ordine e tardò a deporre la sua carabina, mentre i soldati lo circondavano: un colpo partito per sbaglio diede inizio al massacro.

Non si sa, fino ad oggi, chi abbia sparato per primo, ma è certo che i soldati, già spaventati dalla danza degli spiriti, della quale non capivano il significato, aprirono immediatamente il fuoco.

I Miniconjou, ormai quasi tutti disarmati, non erano in grado di difendersi

Il Capo Big Foot fu ucciso là dove si trovava, al centro del campo, insieme a quasi tutti i membri della sua tribù. Inizialmente si parlò di circa 150 morti tra i nativi, ma in realtà pare che ne siano stati uccisi quasi il doppio. Sopravvissero in 51:

4 uomini e 47 tra donne e bambini

Nel 7° cavalleggeri si contarono 25 vittime (molti caduti per i colpi degli stessi commilitoni). Tra loro anche il capitano George Wallace, che fino a pochi attimi prima aveva scherzato con i Miniconjou: si prese un proiettile in fronte a Wounded Knee, dopo essere sopravvissuto, uno dei pochissimi, a Little Big Horne. Il suo sangue, mescolato a quello di tanti Sioux, ora inzuppava la terra innevata attorno al torrente, l’ultimo atto della guerre indiane.

La scena del massacro, ripresa il 1° gennaio 1891

Immagine di Pubblico Dominio

I (pochissimi) Miniconjou sopravvissuti, all’ospedale della riserva di Pine Ridge:

Immagine di Pubblico Dominio

Il cimitero sul sito del massacro

Fonte immagine: Wikimedia Commons / Jbutler18 – Licenza CC BY-SA 3.0.

Delle tantissime opere che ha ispirato il massacro, forse la più famosa è il libro di Dee Brown “Seppellite il mio cuore a Wounded Knee”:

Annalisa Lo Monaco

Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.