“Prego notte e giorno che voi siate in buona salute, e offro sempre sacrifici a tutti gli dei per voi. Non smetto di scrivervi, ma voi non mi ricordate. Ma io faccio la mia parte scrivendovi sempre e non smetto di portarvi nella mente e nel cuore. Voi però non mi avete mai scritto della vostra salute, di come state. Sono preoccupato perché anche se avete spesso ricevuto le mie lettere non mi avete mai riscritto per dirmi come state”.
Questo estratto ci descrive i sentimenti di un legionario romano del III secolo, tale Aurelio Polione, il nome originale è Aurelius Polion, che manda una lettera a casa propria in Egitto. Aurelius scrive dalla lontana Pannonia, la regione che oggi comprende una piccola parte di Austria, Slovenia, Ungheria e Croazia, ai confini nord orientali dell’Impero Romano. Aurelius non è un europeo ma un egiziano, un legionario che appartiene alla parte più ricca dell’Impero Romano, mandato in missione a migliaia di chilometri da casa, per lui praticamente dall’altra parte del mondo.
Impossibile immaginare quali siano i suoi sentimenti, quale animo avesse in cuore perché a noi oggi Pannonia ed Egitto sembrano relativamente vicini. Ad Aurelius sicuramente dovevano sembrare agli antipodi del globo, distanti mesi di viaggio.
La lettera di cui parliamo oggi venne trovata alla fine dell’800 da due filologi inglesi, Bernard Grenfell e Arthur Hunt, ma la traduzione risale soltanto al 2014, quando un dottorando della Rice University, Grant Adams, svolse uno studio per tradurre integralmente il testo, che purtroppo è pieno di lacune, ma che ci consente di intuire il significato della parole di Aurelius. Il testo integrale (pubblicato su Academia e che costituisce la fonte per questo articolo), con tutte le interruzioni per le mancanze del papiro, è questo:
“Aurelius Polion, soldato della legio II Adiutrix, a suo fratello Heron e Ploutou sua sorella e sua madre Seinouphis la venditrice di pane e signora (?), tanti saluti. Prego notte e giorno che siate in buona salute, e omaggio sempre tutti gli dei per voi. Non vi smetto di scrivere ma voi non mi pensate. Ma io faccio la mia parte scrivendovi sempre, e non smetto mai di avervi nella mente e nel cuore. Ma voi non mi avete mai scritto della vostra salute, di come state. Sono preoccupato per voi perché anche se avete ricevuto spesso mie lettere, non mi avete mai scritto in modo che io possa sapere come voi … mentre ero in Pannonia vi ho inviato (lettere), ma voi mi trattate come un estraneo… io sono partito… e voi siete contenti che (?) … l’esercito. Non ho… te un… per l’esercito, ma io… sono partito da voi. Vi ho inviato sei lettere. Nel momento in cui mi avete (?) nella mente, proverò a ottenere il permesso dal comandante, e verrò da voi in modo che possiate capire che sono vostro fratello. Per questo ho chiesto (?) nulla da voi per l’esercito, ma ho sbagliato perché anche se vi scrivo, nessuno di voi (?)… ha considerazione. Guarda, il tuo (?) vicino… io sono tuo fratello. Anche voi scrivetemi… scrivetemi. Chi di voi…, mandi il suo… a me. Saluta mio (?) padre(?) Aphrodisios ed Atesios mio(?) zio(?) … sua figlia … e suo marito e Orsinoufi e i figli della sorella di sua madre, Senofonte e Ouenophis noto anche come Protas(?) … gli Aurelii …
La parte posteriore della lettera è quella che porta le istruzioni al messaggero, che doveva consegnare il papiro a un veterano di guerra, tale Acuzio Leon, amico della sua famiglia, che l’avrebbe a sua volta consegnata ai parenti. Visto il luogo in cui è stata trovata la lettera questa è probabilmente giunta a destinazione.
“… la lettera … (retro) … ai figli e Seinouphis il venditore di pane … da (?) Aurelius (?) Polion, soldato della legio II Adiutrix … da (?) Pannonia Inferiore(?)… Consegnare ad Acuzio(?) Leon(?), veterano della legio…, da Aurelio Polion, soldato della legio II Adiutrix, affinché la mandi a casa…”.

La missiva apre un mondo di ipotesi e interpretazioni, ma soprattutto di considerazioni storiche. La prima che salta all’occhio è come il legionario si rivolga a tutti i membri della famiglia, non ne dimentichi uno, affinché sappiano che lui li pensa e prega per loro. La religiosità a quell’epoca era un sentimento universale, che univa prima le famiglie e poi l’Impero. Polione scrive in un greco corretto ma influenzato dal latino, probabilmente era abituato a parlare in latino o a ricevere ordini in latino anziché in greco, (questo lo spiega il Dott. Adams), ma riesce a far recapitare un messaggio di una potenza enorme. Poi c’è il fatto che sapesse scrivere e che si aspettasse che i suoi familiari riuscissero a leggere. Questo dettaglio è davvero significativo rispetto al livello di istruzione della popolazione romana dell’epoca. Se facciamo un paragone con una situazione medievale simile, uno scudiero che si trova lontano e deve comunicare con la famiglia lontana, è probabilissimo che non ne troviamo di simili.
Aurelius è lontano e la sua famiglia si è dimenticata di lui, non gli scrivono e non gli fanno sapere come stanno, una circostanza che preoccupa questo antico soldato egiziano nel profondo. Evidentemente la salute era il primo pensiero per i romani di quell’epoca. Senza la medicina moderna qualsiasi malattia o incidente poteva trasformarsi in una trappola mortale, e Polione vorrebbe sapere come stiano i suoi familiari, chiedendo implicitamente se qualcuno di loro fosse morto, ma loro fino al momento in cui questa lettera viene scritta non hanno mai risposto. Il legionario ne ha mandate sei senza riceverne nemmeno una indietro, ed è quasi come fosse mangiato dall’ansia.
A quei tempi, in un mondo in cui le comunicazioni erano affidate agli amici di amici, in cui le lettere si scrivevano sui papiri, un supporto costosissimo, ricevere informazioni da casa doveva esser qualcosa di difficilissimo, e poteva gettare nello sconforto anche il più coraggioso dei legionari.
Aurelius Polion scrive all’inizio del III secolo, poco dopo che l’Imperatore Caracalla ha esteso la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’Impero Romano con la Constitutio Antoniana, emanata nel 212. Sappiamo anche che scrive dopo il 214 perché afferma di far parte della Legio II Auditrix, che era, insieme alla I Auditrix, stanziata in Pannonia inferiore dal 214, quando Caracalla aveva stabilito le competenze militari della regione.
Chissà se Aurelius riuscì a tornare nel suo Egitto, dalla sua famiglia. Chissà se a casa stavano tutti bene o se era loro successo qualcosa. Noi questo non lo sapremo mai, fa parte di quell’enorme mole di accadimenti che non sono mai stati registrati, che si sono persi come chicchi di sabbia nel deserto. Ogni tanto capita di trovare un frammento di sabbia che sappia spiegare la sua origine, che ci racconti una particina di quell’infinità di cose che sono successe ai nostri antenati, in grado di scoperchiare un mondo che ha un fascino senza confini. Un fascino che né le serie TV né i videogiochi possono creare, ma solo lo studio della storia.
Sotto, il video con il Dott. Adams che spiega la sua traduzione: