La colonizzazione dell’America fu tra le cause della Piccola Era Glaciale

Nel continente americano, prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo, quante persone vivevano? La risposta potrebbe avere certamente un interesse storico ma, almeno apparentemente, non molto legato all’attualità. La convinzione generale è che il Nuovo Mondo fosse scarsamente popolato, ma studi recenti stimano che in realtà, alla fine del 15° secolo, fosse abitato all’incirca da 60 milioni di persone, ovvero il 10% della popolazione mondiale. Lo affermano i ricercatori dell’University College di Londra, che hanno preso in esame tutti i dati conosciuti sulle popolazioni che vivevano nelle Americhe prima dell’arrivo degli europei, in quel lontano 1492.

Cristoforo Colombo arriva in America

Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Lo studio, pubblicato su Quaternary Sience Rewiews, non è ovviamente fine a stesso, ma vuole dimostrare che il genocidio dei popoli nativi americani, ridottisi a 5 o 6 milioni di persone nel giro di 100 anni, fu una concausa (insieme alle eruzioni vulcaniche e a una bassa attività solare) del generale raffreddamento del pianeta, un’epoca chiamata “piccola era glaciale” (tra il 14° e il 19° secolo), durante la quale le temperature più basse furono registrate tra il 1560 e il 1660.

Fiere del Ghiaccio lungo il Tamigi – 1683/84

Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il freddo era così intenso che il fiume Tamigi, a Londra, ghiacciava regolarmente durante l’inverno, tempeste di neve si abbattevano spesso sul Portogallo, e le carestie erano comuni in molti paesi europei. La carenza di cibo portò non solo a un calo demografico, ma anche a una maggiore diffusione delle malattie e, come estreme conseguenze, a numerosi problemi sociali e a sanguinose guerre.

Il Tamigi ghiacciato – 1677

Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ma come si collega la colonizzazione del Nuovo Mondo con la Piccola Era Glaciale?

L’arrivo dei conquistadores, spagnoli e non, portò alla “Grande Morte”: nel giro di poco più di secolo morirono circa 56 milioni di persone, la più grande perdita di popolazione (in percentuale) avvenuta nella storia dell’umanità. I colonizzatori massacrarono un gran numero di nativi, civiltà avanzate come quelle degli Aztechi e degli Inca collassarono, causando una massiccia perdita di vite umane e, ovviamente, un crollo della natalità. Senza contare il devastante effetto prodotto dalle epidemie di malattie portate dagli europei, come il vaiolo e il morbillo.

Le società precolombiane erano basate sull’agricoltura: questo significa che una vasta area del territorio, che i ricercatori inglesi hanno stimato fosse estesa all’incirca come la Francia (55 milioni di ettari), era costituita da campi precedentemente disboscati, magari con l’aiuto del fuoco. Tutte attività che aumentavano il livello di carbonio nell’ambiente. La morte di milioni di nativi poi, lasciò abbandonate le terre coltivate, che tornarono a essere invase dalle foreste, dalla vegetazione che assorbe l’anidride carbonica. La ricrescita degli alberi riuscì ad abbattere abbastanza anidride carbonica (da 10 a 7 parti per ogni milione di molecole d’aria) da far scendere la temperatura media globale di 0,15° centigradi, tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600.

Cambiamenti di temperatura negli ultimi 2000 anni

Fonte immagine: Global Worming Art via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0 

Lo studio dimostra che le attività umane avevano un grande impatto sui cambiamenti climatici molto prima della rivoluzione industriale, quando si cominciarono a usare massicciamente i combustibili fossili. I risultati della ricerca non hanno solo un valore storico, ma devono servire a far comprendere che utilità può avere il rimboschimento, e allo stesso tempo che occorrerebbero nuove vastissime aree verdi per prevenire una catastrofe climatica: la foresta che si rigenerò nel Nuovo Mondo, grande come la Francia, oggi basterebbe appena a compensare le emissioni nocive prodotte in due anni.


Pubblicato

in

da