“Imola è così bella che per andarci diventi pazzo” o “quel e vè d’Imola”. Sono solo due dei numerosi modi di dire che la popolazione romagnola ha dedicato alla “città dei matti”. Questo perché a Imola nel 1880 erano presenti ben due manicomi (in cui venne rinchiuso anche il grande poeta Dino Campana), i quali furono presi d’esempio da tutti gli altri istituti psichiatrici d’Italia.
Fotografia ©Sonia Ricchetti:
Era il 1772 quando i primi malati di mente cominciarono ad occupare i 14 posti letto presenti nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Imola. Allora la malattia mentale era considerata pericolosa, addirittura in alcuni casi contagiosa, per questo non andava curata ma contenuta. Successivamente seguendo le direttive di Philippe Pinel, uno psichiatra francese foriero di grandissime innovazioni nel campo, i medici cominciarono ad accogliere i pazienti in luoghi più consoni alle loro necessità, smettendo di segregarli e cominciando a curarli seriamente.
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Così, quando Cassiano Tozzoli diventò il direttore dell’ospedale di Imola nel 1844, diede vita a un “asilo psichiatrico” in grado di accogliere 80 pazienti. Nel 1862 l’ospedale cambiò nuovamente direttore, incaricando Luigi Lolli, medico che segnò profondamente la storia del manicomio di Imola (se non addirittura di Imola stessa).
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Lolli si rese immediatamente conto che 80 posti letto non erano sufficienti ad ospitare i numerosi malati che ogni giorno chiedevano accoglienza, quindi fece costruire una struttura capace di ospitarne ben 800: Villa dei Fiori. Ma il numero dei pazienti era in costante aumento, così poco dopo riuscì a ottenere i fondi per costruire, ai margini della città, un’altra struttura manicomiale, il manicomio dell’Osservanza.
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L’Osservanza nacque come succursale del manicomio centrale di Imola, ma ben presto la sua fama superò di gran lunga quella della struttura principale. Inizialmente all’interno del manicomio si trovavano sei padiglioni, destinati ai pazienti definiti “incorreggibili”.
Tra questi si potevano trovare gli epilettici, i furiosi, gli agitati e i paralitici
I pazienti più tranquilli soggiornavano invece alla Villa dei Fiori.
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Il manicomio dell’Osservanza aveva l’aspetto di un vero e proprio villaggio, ed era definito dagli imolesi “una città nella città”. La struttura era totalmente autonoma a causa della convinzione del direttore che la cura migliore per i malati fosse “l’ergoterapia”, ovvero la terapia del lavoro.
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La posizione decentrata della struttura, le sue pareti dipinte di giallo allegro e i suoi ampi spazi verdi favorivano il lavoro dei pazienti, ma allo stesso tempo creavano un enorme distacco tra i malati e la società civile. Se si fa un paragone con strutture psichiatriche simili nell’Inghilterra Vittoriana o negli Stati Uniti, la qualità di vita dei malati era eccezionalmente superiore, e l’Osservanza divenne un esempio per gli altri manicomi italiani.
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Nonostante all’apparenza potesse sembrare che Lolli seguisse minuziosamente le innovazioni dello psichiatra Philippe Pinel, all’interno del manicomio le diagnosi e le cure si basavano sulle più recenti teorie di Lombroso, che oggi sappiamo esser frutto soltanto dell’immaginazione. Ne consegue che i medici ricercavano l’origine della malattia nelle malformazioni fisiche dei pazienti, studiando minuziosamente i loro corpi dopo la morte senza prima averli ascoltati in vita. Le cure si basavano sull’idroterapia, purghe e salassi… la cura morale era scarsamente praticata.
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Ben presto arrivarono anche i primi psicofarmaci, costituiti da oppio, chinino e hashish. Essi non avevano la funzione di far star meglio il paziente, ma solo di tranquillizzarlo. Fortunatamente i malati potevano contare anche su alcune attività in grado di farli stare meglio, come laboratori di scrittura e teatro.
In anni più recenti, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si registrò anche un caso di lobotomia
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Fra le moderne terapie impiegate si registra quella dell’elettroshock, il quale sembrava essere molto caro ai medici dell’Osservanza. Mentre ai pazienti più tranquilli poteva capitare anche di andare in gita al mare o in collina, quelli furiosi passavano tutta la vita legati ai loro letti.
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In seguito alla legge Basaglia del 13 maggio 1978 l’attività del manicomio cessò gradualmente. Nel 1978 finirono completamente i ricoveri, e nel 1996 l’Osservanza venne chiuso per sempre. Oggi diversi padiglioni dell’ex casa di cura sono visitabili durante alcuni eventi, mentre la Villa dei Fiori venne definitivamente abbattuta nel 2011.
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