La burrascosa storia della madre di Oscar Wilde

Quasi nessuno è a conoscenza di una figura che contribuì fortemente alla formazione del noto scrittore irlandese Oscar Wilde, autore del celebre romanzo “Il ritratto di Dorian Gray”. Jane Francesca Elgee, questo il suo nome originale, fu poi ribattezzata Lady Speranza, essendo quest’ultimo lo pseudonimo con cui pubblicava le sue poesie e i suoi articoli.

Nata a Wexford, contea irlandese, nel 1821 e celebre scrittrice sin dalla più tenera età, Jane Elgee fondò a Dublino un circolo letterario, presso la sua stessa casa, a Merrion Square, a Dublino, tuttora visitabile, di fronte alla quale è possibile trovare la statua di Oscar Wilde, all’interno di un giardino della famosa piazza. La sua carriera letteraria fu fonte di ispirazione per il figlio Oscar, che la imitò in ogni maniera, perfino nel tono di voce, e il suo impegno all’interno del movimento nazionalista, in funzione anti-britannica, le valse l’etichetta di ribelle irredentista e le causò non pochi problemi.

Era il 1842 quando la rivista The Nation fu fondata dall’editore Charles Gavan Duffy, insieme al suo collega Thomas Davis, e Jane Wilde fu una delle autrici più prolifiche del giornale, per il quale si firmava, come già detto, “Speranza”, sostenendo l’esigenza di un ritorno dell’Irlanda all’autogoverno e l’abrogazione dell’Act of Union del 1800. Quest’ultimo, in pratica, prevedeva l’unificazione del Regno di Gran Bretagna con quello d’Irlanda, cosa che gli indipendentisti irlandesi consideravano inaccettabile, considerato il passato di schiavitù e sofferenza a cui erano stati costretti da parte degli inglesi.

Le due pubblicazioni più scomode e celebri che Lady Speranza scrisse per The Nation furono il poema “The brothers”, che fu poi trasposto in una famosa ballata popolare irlandese, e Jacta Alea Est (The Die is Cast), entrambi a favore della rivolta e della lotta armata contro il governo inglese. A causa degli scritti pubblicati dalla rivista, fu istituito un processo, che vide l’arresto di Charles Gavan Duffy, il quale negò di esser l’autore dei pezzi. A quel punto, Jane Wilde non ebbe paura ad assumersi le sue responsabilità ideologiche, così, alzandosi, di fronte alla corte, ammise di aver firmato lei gli articoli. Tuttavia, il giudice sembrò non dare credito alla sua asserzione, probabilmente perché nessuno si aspettava che una donna potesse essere capace di una tale penna e una tale veemenza. Così, Jane uscì indenne dal processo e riprese a scrivere per The Nation nel 1848, mentre Duffy fu costretto alla prigione (dal 1846 al 1849), perché sospettato di aver pianificato un’insurrezione contro il governo.

Jane, oltre a collaborare per i giornali, iniziò a lavorare alla traduzione, in lingua inglese, di celebri romanzi internazionali, come Sidonia the Sorceress di William Mannheim e The Glacier Land di Alexandre Dumas; scrisse anche molti testi di stampo femminista, in accordo con il clima sociale e politico dell’epoca.

Nel 1851, Jane sposò il chirurgo e scrittore Sir William Wilde, che era considerato uno dei migliori oftalmologi di Dublino. Sicuramente, l’enorme cultura dell’uomo ebbe un grande ascendente su Jane, la quale era attratta e affascinata anche dai racconti di viaggi dell’uomo, che durante gli anni venti aveva visitato il Medio Oriente. Così, nel 1852 nacque il loro primo figlio, che prese il nome del padre, abbreviato poi in Willie; nel 1854 nacque Oscar, mentre, nel 1856, la loro terzogenita, Isola.

Una vita piacevole e ricca di cultura, quella della famiglia Wilde, che molto segnò anche la formazione del giovane Oscar, che prendeva parte ai salotti letterari di sua madre, traendone spunti per le sue fiabe e le sue poesie. Nel 1864 Lady Speranza vide pubblicato il suo primo libro di poesie. Purtroppo, però, in quello stesso anno, la donna finì in tribunale, a causa di una faccenda poco piacevole: Mary Travers, una giovane paziente di suo marito, aveva denunciato Sir William di aver abusato di lei, durante una visita all’orecchio durante la quale sarebbe stata da lui anestetizzata.

Tra le accuse della Travers, vi era anche quella di complicità di Jane Wilde nei confronti del marito, nell’irretire la ragazza in casa loro, attraverso inviti e incontri che ebbero come esito lo stupro. La stabilità interiore di Sir William, da quel momento, iniziò a vacillare, e l’uomo non si riprese mai completamente dal trauma che seguì le accuse ricevute, soprattutto perché, un giorno, Mary Travers si presentò nel suo studio e sorseggiò, di fronte a lui, una intera bottiglia di laudano, rischiando l’overdose e fu Sir William stesso a soccorrerla, portandola in farmacia.

Successivamente, Mary tentò ancora di incastrare William, inviandogli diverse lettere passionali, e quando egli, nel 1864, fu insignito per i suoi meriti in ambito medico, la Travers scrisse un pamphlet dal titolo Florence Boyle price, in cui raccontava la storia di una giovane donna abusata da un personaggio che avrebbe dovuto rispecchiare in tutto e per tutto il signor Wilde. Jane, allora scrisse una lettera al padre della Travers, in passato caro amico di suo marito, definendo sua figlia bizzarra e ingiusta per le accuse mosse a Sir William. Mary Travers, scoprendo la lettera, accusò di diffamazione i due coniugi.

Nel 1870, un altro fatto sconvolse la vita di Jane: la morte di sua figlia Isola. Nel 1876, invece, morì suo marito, all’età di 61 anni. Da quel momento in poi, Jane Wilde si trovò sull’orlo della bancarotta e, terminati gli studi dei suoi figli presso il Trinity College, si trasferì con Willie a Londra, dove poco dopo li seguì Oscar, alla ricerca di maggiori opportunità editoriali.

Jane Wilde supportò in tutto e per tutto i propri figli, senza mai darsi per vinta, finché Oscar non vide l’ascesa, teatrale e letteraria, che lei da sempre auspicava per lui. Nel 1896, la donna morì, mentre suo figlio Oscar si trovava a scontare una pena di due anni, con l’accusa di omosessualità, presso il carcere di Reading.

Attualmente, esistono due raccolte di racconti di magia e fiabe irlandesi, a nome di Jane Wilde, che costituiscono un’evidente eredità culturale che lei ebbe dai racconti del marito William, che era appassionato di leggende irlandesi e aveva viaggiato abbastanza da prender nota di tutte le creature fiabesche e le tradizioni popolari del mondo. E’ affascinante leggere le storie su pixie, le fate e i phooka raccontati con enorme maestria, fino alle leggende sui changeling e i bambini rapiti dalle fate.

Incantesimi e magie d’Irlanda. Leggende, formule magiche e medicamenti della tradizione folclorica:

Una pagina, in particolare, di uno dei due testi, racconta anche, storicamente, di come l’Irlanda sia l’unico paese d’Europa in cui, non essendosi verificata una vera colonizzazione da parte dell’Impero Romano, fu possibile, anche grazie al ruolo mite e civile dei singoli monaci cristiani, preservare la cultura pagana celtica, senza vederla distruggere dagli influssi che caratterizzarono il resto del continente.

Sotto, Fiabe e Leggende d’Irlanda:

A proposito di questa grande donna, che da membro irredentista della Giovane Irlanda divenne una sapiente narratrice di fiabe e mitologia, molti autori, quali anche lo scrittore William Butler Yeats, che aveva collaborato con lei per alcune antologie, espressero sempre parole di stima e riverenza; lo stesso Oscar, nel redigere il suo De Profundiis, da dietro le sbarre della prigione, dedicò parole di amore e di rispetto ai suoi genitori. Del resto, come avrebbe potuto, una personalità ricca di scandalo, eloquenza e carisma quale Oscar Wilde venir fuori in questo modo, se non prendendo spunto da due genitori che, nel bene e nel male, vissero le sue stesse esperienze quotidiane?

Ricordando che Oscar non fu solo autore del più noto romanzo del decadentismo vittoriano europeo, ma anche di fiabe dolcissime della portata de Il principe felice o Il fantasma di Canterville, ci piace pensare che anche dietro l’edonismo, i salotti letterari e le passioni politiche ed umane della famiglia Wilde, vi fossero alla base due ingredienti che fecero di loro personalità, ancora oggi, immortali: il coraggio e la dignità.


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