Sono immagini molto forti, una satira a cui noi uomini moderni non siamo più abituati. I manifesti di questa galleria furono pubblicati nella rivista antireligiosa sovietica, Bezbozhnik (“I senza-Dio”) dal 1922 al 1941. Lo scopo principale della rivista era contrastare qualsiasi credo religioso, secondo gli editori disattento alle esigenze della classe operaia.

La rivista venne fondata dalla lega dei Militanti Ateisti, un’organizzazione dei membri del Partito Comunista Sovietico, e tecnicamente non era una satira sponsorizzata dallo stato. La pubblicazione includeva opere dei fumettisti N. F. Denisovsky, M. M. Cheremnykh, D. S. Moor, K. S. Eliseev e altri. La tiratura di “Bezbozhnik” raggiunse lo stratosferico numero di 200 mila copie nel 1932.

La rivista denunciava tutte le religioni, quindi i rabbini ebrei o i sacerdoti cristiani ortodossi erano un obiettivo orizzontale degli attacchi. I religiosi vennero accusati di corruzione e pigrizia, oppure di essere lo strumento utilizzato dai ricchi per controllare le masse. Anche le feste tradizionali religiose non furono risparmiate. Gli editori si scagliarono contro la festa della Pasqua ebraica, additata come una scusa per bere troppo, e per capire il tenore delle accuse il profeta ebreo Elia venne accusato di essere un alcolizzato che era sempre “ubriaco come un maiale”.

L’ateismo di stato (gosateizm, abbreviazione sillabica di “stato” [gosudarstvo] e “ateismo” [ateizm]) era uno degli obiettivi principali dell’ideologia sovietica ufficiale. Il Partito Comunista si impegnava in diverse attività come la distruzione dei luoghi di culto, l’esecuzione capitale di leader religiosi, l’inondazione di scuole e media con propaganda antireligiosa e la propaganda dell’”ateismo scientifico”.

Questa corrente di pensiero cercò di far scomparire la religione con diversi mezzi. L’URSS divenne il primo stato ad avere come obiettivo l’eliminazione della religione esistente e la prevenzione del futuro impianto di credenze religiose, con l’obiettivo di stabilire l’ateismo di stato (gosateizm).

D’altronde Vladimir Lenin l’aveva detto forte e chiaro: “La religione è l’oppio dei popoli: questo detto di Marx è la pietra angolare dell’intera ideologia del marxismo sulla religione“. Le chiese moderne e tutte le organizzazioni religiose vennero considerate dal marxismo come organi della reazione borghese, utilizzati per lo sfruttamento della classe operaia.

I bolscevichi erano particolarmente ostili nei confronti della Chiesa ortodossa russa (che sostenne il Movimento dei Bianchi controrivoluzionari durante la guerra civile) e la vedevano come una sostenitrice dell’autocrazia zarista.

Durante la collettivizzazione della terra i sacerdoti ortodossi distribuirono opuscoli in cui dichiaravano che il regime sovietico era l’Anticristo, venuto a imporre “il marchio del diavolo” sui contadini, incoraggiandoli a resistere al governo.

La repressione politica in Unione Sovietica è purtroppo cosa nota, ma la persecuzione religiosa fu applicata a numerose religioni, spesso diretta a correnti specifiche in base agli interessi dello stato. La propaganda antireligiosa venne dispiegata in ogni aspetto della vita sociale, dalle scuole ai media e persino alla creazione di riti atei in grado di sostituire quelli religiosi.

Circa un anno dopo dal successo della rivoluzione lo stato espropriò tutte le proprietà della chiesa, comprese le chiese stesse, e nel periodo dal 1922 al 1926 furono uccisi 28 vescovi ortodossi russi e più di 1.200 sacerdoti (mentre un numero molto maggiore fu oggetto di persecuzione) . La maggior parte dei seminari venne chiusa e la pubblicazione di scritti religiosi fu vietata.

La Chiesa ortodossa russa, che aveva 54.000 parrocchie prima della prima guerra mondiale, fu ridotta a sole 500 nel 1940. Complessivamente, nello stesso anno, il 90% delle chiese, sinagoghe e moschee che operavano nel 1917 furono chiuse con la forza, convertite o distrutte.




