La Battaglia della Casa Rossa: nel 1991 la Guerra che arrivò in Italia

Al Bar della Casa Rossa di Gorizia il tempo sembra essersi fermato agli anni della Guerra Fredda. Le sedie e i tavolini anni ’60 in formica gialla, celeste e rossa, potrebbero essere le star di qualsiasi fiera del vintage. Sposto la tazza della mia cioccolata calda dal centrino, per non sporcarlo. Da una vecchia radio, di quelle così belle che sembrano un mobile, mi aspetto l’intervento difficile di un democristiano, ospite di una tribuna politica. Avrei voglia di sbirciare da una delle tendine, per vedere se fuori c’è ancora la cortina di ferro.

«Uno dei proiettili sfondò la vetrina per finire la sua corsa ad altezza uomo, nella porta della toilette», mi confida Paolo, che aveva 25 anni quando il suo bar si ritrovò coinvolto nella guerra in Jugoslavia e lui rischiò di essere l’unico italiano a morire per mano di armi del blocco socialista, puntate e utilizzate verso Occidente.

Il 25 giugno 1991 la Slovenia dichiara l’indipendenza dalla Jugoslavia, rischiando tutto: Janez Janša (l’allora ministro della difesa, e attuale primo ministro sloveno) in un anno era riuscito a mettere insieme una milizia di 70 mila uomini, sommariamente addestrati ma ben motivati e inquadrati nella TO: Teritorialna obramba, la Difesa Territoriale.

La JNA (Armata Popolare Jugoslava), che all’epoca era il quarto esercito europeo, si mobilita lo stesso giorno: per la prima volta i carri armati con la stella rossa sono alla frontiera con Italia e Austria. I tank partono da Belgrado e arrivano fino a Gorizia e gli sloveni la considerano un’occasione da sfruttare: uno scontro al confine avrebbe mostrato alle telecamere di mezzo mondo ciò che stava accadendo.

28 giugno 1991: tra le battaglie più violente della “Guerra dei Dieci Giorni” c’è quella al valico della Casa Rossa, a Gorizia. Una dozzina di sloveni appartenenti alla Difesa Territoriale tendono un agguato a 50 militari della JNA e cinque carri armati T-54 e T-55 piazzati davanti al posto di confine; due vanno a fuoco illuminando per ore la notte goriziana. Durante lo scontro a fuoco tra le due fazioni gli unici proiettili che arrivano in Italia colpiscono la facciata del bar alla Casa Rossa. Due finiscono nel muro esterno ed è possibile, ancora oggi, osservare i fori che sono stati stuccati. L’altro proiettile è quello che sfonda la vetrina e rischia di uccidere Paolo.

Da dove arrivano quegli spari? «Dalla collina di fronte, erano indirizzati ai carri armati, asserragliati alla Casa Rossa, ma qualcuno per sbaglio arrivò fin qua». I colpi in effetti partirono a Rožna Dolina, a pochi passi dal confine. Il bilancio dello scontro è drammatico: quattro soldati federali  rimangono uccisi, di cui tre nel tank colpito, i feriti sono una quindicina e molti di loro sono trasportati d’urgenza all’ospedale italiano.

Gorizia per una notte si ritrovò come in un film: decenni di contrapposizione tra blocchi, di minacce paventate e mai realizzate, di muri ideali e reali che dividevano un’intera città e la sua gente erano improvvisamente diventati rumorosi e veri.

«Tutta la piazza della Casa Rossa era gremita di gente che assisteva a quello che sembrava solo un grande show. Tutti con gli occhi al cielo a guardare le esplosioni. Del resto, appena pochi mesi prima, eravamo tutti spettatori della Guerra del Golfo», mi ricorda Paolo.

La “Guerra dei Dieci giorni”, che si consumò in Slovenia nell’estate del 1991, non sarebbe stata nulla a confronto del conflitto che avrebbe insanguinato gli altri paesi della ex Jugoslavia nei successivi 10 anni.

Oggi un monumento al confine commemora quel giorno, ricordando che non è sempre il più forte a prevalere: «Non combattere con i numeri, ma con l’abilità e la conoscenza. Liberazione del valico di frontiera nella guerra per l’indipendenza della Slovenia, 28 giugno 1991».

Solo in seguito si scoprirà che i miliari di leva della JNA erano stati mobilitati con l’inganno: per motivarli era stato detto loro che avrebbero dovuto respingere un attacco da Occidente, quando scoprirono la verità in molti disertarono. L’ultimo muro tra Gorizia e Nova Gorica sarebbe stato abbattuto oltre un decennio dopo, quando nel 2004 la Slovenia entrò a far parte dell’Unione Europea.


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