L’immagine in copertina raffigura un gorilla che viene marcato immediatamente dopo la sua cattura, nel Congo Belga. Era il 1960. Sono trascorsi quasi 60 anni da quel giorno, ma la situazione di bracconaggio e di estinzione del Gorilla di Montagna è radicalmente peggiorata. Nel 2013 erano 880 i magnifici primati (oggi sono soltanto 600) che popolavano il parco Nazionale di Virunga, in Congo, loro Habitat principale e Patrimonio dell’umanità UNESCO. Perforazioni petrolifere, deforestazione e caccia selvaggia hanno ormai portato all’estinzione una specie di creature magnifiche, chiave per l’equilibrio naturale del proprio territorio.
Nell’immagine sopra si vede l’areale del Gorille delle Montagne, in giallo, che comprende i 600 esemplari superstiti alla selvaggia caccia dell’uomo. Nel 2013 il direttore del parco nazionale del Virunga, Emmanuel De Mérode, giunse in Europa per tentare un ultimo, disperato appello che fermasse non solo la caccia al Gorilla, ma anche la deforestazione del suo areale, le perforazioni petrolifere della zona (giunte all’85% del territorio del Parco), e il commercio di carne di Gorilla e souvenir legati al povero animale. Vista la rapidità con cui si è passati da 880 a soli 600 esemplari, la lotta di De Mérode e dei Ranger del Parco può dirsi ormai persa.
Se non accadrà qualcosa di radicale come il completo fermo alle trivellazioni petrolifere, il rafforzamento del personale delle guardie contro la bracconeria e lo stop più assoluto al commercio di parti di Gorilla di Montagna, questo splendido animale, sinonimo di forza e vigore, diverrà soltanto un ricordo sui libri di storia naturale.