Un tempo, prima della fotografia digitale e degli smartphone, si usava conservare le foto ricordo in album, talvolta gelosamente custoditi per generazioni. Battesimi, matrimoni, compleanni, vacanze, o semplicemente sereni momenti di vita familiare, costituivano il filo conduttore di queste raccolte.
Per alcune persone invece, i ricordi da conservare erano di ben altro genere.
“L’ultimo ebreo di Vinnitsa” è una fotografia sconvolgente per diversi motivi. Non solo perché si vede un uomo nell’attimo immediatamente precedente la sua morte, non solo perché è evidente che quest’uomo finirà sopra un mucchio di cadaveri, altri esseri umani assassinati prima di lui. Sconvolge la naturalezza con cui i commilitoni del boia assistono allo spettacolo, l’espressione neutra del tiratore, che Hannah Arendt, nel suo libro “La banalità del male”, così commenta:
“Potevano guardare un taglio di capelli da barbiere invece dello spietato sterminio di innocenti. Gli esseri umani possono adattarsi a sopportare quasi tutto, ma nel farlo, a volte perpetuano il male. La morte dell’empatia umana è uno dei primi e più indicativi segni di una cultura che sta per cadere nella barbarie”.
Sconvolge lo sguardo della vittima, l’unico dove è possibile leggere una fierezza che nessuna arma può scalfire.
La fotografia doveva probabilmente essere uno specie di trofeo per il boia, che la conservava in un album, dopo avervi scritto sul retro “L’ultimo ebreo di Vinnitsa”. Il soldato apparteneva alle Einsatzgruppen D, squadre della morte paramilitari organizzate dalle SS naziste. La fotografia fu scattata nel 1942, durante il terzo e ultimo atto del massacro che portò allo sterminio della quasi totalità degli ebrei di Vinnitsa, una città dell’Ucraina.
Vinnitsa nel 1942
Per molto tempo l’immagine è stata datata al 1941, quando ci furono i primi due rastrellamenti di ebrei (16 e 22 settembre), durante i quali ne furono uccisi prima ventiquattromila e poi ventottomila. A testimoniare la barbarie degli avvenimenti, e a fare un conto approssimativo delle vittime, fu proprio un ufficiale tedesco, il tenente della Wehrmacht Erwin Bingel, incaricato di disporre un sistema di guardia attorno alle ferrovie e all’aeroporto.
Bingel e i suoi uomini assistettero ad uno spettacolo terrificante: tutti gli ebrei convocati con la scusa di un censimento venivano uccisi davanti a delle fosse già scavate in precedenza. Quelli che arrivavano dopo, dovevano gettare calce sopra i corpi dei caduti, alcuni non ancora morti. Donne, bambini, anziani. Nessuno fu risparmiato.
Le vittime ebree di Vinnitsa
Nel 1942, altri seimila ebrei furono giustiziati, questa volte dalle milizie ucraine, addestrate e comandate sempre dalle SS naziste. Certo non può essere di consolazione, ma il soldato tedesco che con tanta spavalderia aveva descritto il genocidio di un popolo con quattro parole si era sbagliato:
qualche ebreo di Vinnitsa riuscì a salvarsi.
Memorie di un olocausto che non possono e non devono essere dimenticate.