Lassù, sulle montagne ricoperte da una lussureggiante vegetazione alternata ai terrazzamenti dove cresce il riso, nella sperduta provincia di Kalinga, nel nord delle Filippine, vivevano in un tempo non troppo lontano i cacciatori di teste, guerrieri che per secoli hanno festeggiato le loro vittorie bevendo liquore di riso dai teschi dei loro nemici uccisi in battaglia. Tradizionalmente, ogni guerriero andava poi al villaggio di Buscalan per farsi fare un tatuaggio tribale, simbolo del suo coraggio: molti tatuaggi, molto onore, si potrebbe dire. Parafrasando:
a ogni testa tagliata corrispondeva un tatuaggio
Questa consuetudine secolare è ormai cessata, ma non da così tanto tempo come si potrebbe immaginare: l’ultimo tatuaggio fatto su un guerriero per celebrare l’uccisione di un nemico venne probabilmente effettuato nel 1972 (anche se altri fonti lo datano addirittura al 2002). Quel tatuaggio venne fatto da una donna che nel suo paese, e non solo, è una leggenda vivente: Whang-od Oggay, che all’età di 101 anni continua a eseguire tatuaggi con l’antica tecnica chiamata batok.
Whang-od Oggay
Fonte immagine: Mawg64 via wikipedia – licenza CC BY-SA 4.0
Whang-od è l’ultima e più anziana mambabatok (termine che indica il tatuatore tradizionale della regione di Kalinga), l’unica che possa ancora insegnare questa tecnica millenaria a qualche discepolo/a, che deve però avere un legame di parentela con lei: l’arte del batok si può trasmettere solo tra consanguinei. L’anziana tatuatrice l’aveva appresa dal padre, e adesso la sta trasmettendo a due nipoti.
Grace Palicas, nipote di Whang-od Oggay
Fonte immagine: Mawg64 via Wikipedia – licenza CC BY-SA 4.0
L’arte del batok però non consisteva solo nel tatuare i guerrieri e le donne del villaggio. Mentre eseguiva complicati disegni, ricchi di significati simbolici, il mambabatok intonava canti e faceva predizioni sul futuro: Whang-od Oggay è l’unica che conserva questo antico sapere, che pare non venga trasmesso alle allieve.
Sotto, durante una sessione di Tatuaggio:
Oggi il batok ha uno scopo prevalentemente estetico, che ha perso il tradizionale significato attribuitogli dal popolo kalinga: celebrativo per i guerrieri, ma anche per le donne del villaggio, che con i tatuaggi mettevano in mostra la loro bellezza e la ricchezza della famiglia.
Whang-od Oggay con un turista
Fonte immagine: Mawg64 via Wikipedia – licenza CC BY-SA 4.0
La tecnica del batok è arcaica: per forare la pelle viene usata la spina di una pianta di agrumi conosciuta come Calamansi (Lime delle Filippine), inserita in una canna di bambù; Oggay esegue il disegno sulla pelle e prepara l’inchiostro miscelando carbone e acqua, poi, aiutandosi con un piccolo martello di bambù, esegue i fori sulla pelle con la spina intrisa di colore. Il procedimento è parecchio doloroso, ma sono in molti ad arrivare fin lassù, nello sperduto villaggio di Buscalan, per farsi fare un tatuaggio dalla centenaria Whang-od. E non si tratta solo di filippini, ma di turisti che arrivano da molti luoghi diversi.
L’anziana donna pare indifferente all’adorazione dimostrata dai suoi ammiratori, e continua ad occuparsi delle sue anatre e dei campi di riso, ma in realtà la sua arte sostiene l’economia di tutto il villaggio, che oggi non sopravviverebbe senza il turismo indotto dal batok.
Il contributo di Whang-od Oggay e l’importanza ricoperta dai tatuaggi per il piccolo villaggio di Buscalan viene spiegato in modo evocativo nel video sottostante: