L’ultima fuga (incontro alla morte) di Lev Tolstoj

“Tutte le famiglie felici si assomigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.”

Chi ha scritto queste parole, che sono l’incipit di uno dei maggiori romanzi dell”800 (“Anna Karenina”) non scherzava, né pretendeva di spararsi chissà quali pose. Di infelicità familiari aveva una notevole esperienza diretta.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Lev Tolstoj, nato nel 1828, è stato uno dei massimi scrittori russi del XIX secolo (non possiamo dire che è stato il più grande, perché su questo se la gioca con titani quali Dostoevskij o Cechov) e, se si volesse anche solo riassumere sommariamente la sua lunga vita piena di opere artistiche, iniziative filantropiche e avvenimenti di ogni tipo, ne verrebbe fuori un pezzo lungo un numero spropositato di pagine. In compenso si può scrivere qualcosa di accettabile e leggibile anche solo limitandosi alle spettacolari circostanze in cui trovò la morte, circostanze che presero origine dalla sua vita familiare.

La morte di Tolstoj è stata un evento spettacolare non per il modo in cui è giunta (un’infezione respiratoria stroncò un vecchio di 82 anni, in tempi in cui non esistevano antibiotici) ma per ciò che accadde nei giorni immediatamente precedenti e per l’enorme seguito che ebbe da parte dei mass media dell’epoca. Fu infatti seguita in tempo reale da tali e tanti giornalisti (e perfino cineoperatori, benché il cinema fosse agli albori) tanto che qualcuno l’ha definita “il primo reality show della Storia”.

Lev Tolstoj nella sua tenuta di Jasnaja Poljana, in una foto di Sergej Michajlovič Prokudin-Gorskij (maggio 1908). È l’unica foto a colori di Tolstoj:

Ma veniamo ai fatti, partendo da un necessario antefatto.

Il conte Lev Tolstoj, ex ufficiale e reduce della Guerra di Crimea, nonché già famoso scrittore, nel 1862, all’età di 34 anni, ha sposato la diciottenne Sofja Bers, figlia di un importante medico. I due si conoscono da circa un mese, ma il corteggiamento serrato di Tolstoj e le ambizioni letterarie di Sofja (una ragazza istruita, con un diploma di maestra) hanno fatto stringere i tempi al massimo.

A sinistra la giovane Sonja con la sorella Tanja:

Tuttavia, il matrimonio si rivela quasi subito un grosso azzardo da parte di entrambi, tanto più che Sofja non prende molto di buon grado la necessità di trasferirsi dalla tenuta del padre vicino Mosca a quella tenuta del marito a Jasnaja Poljana, non distante da Tula (oltre 100 km, circa due giorni di viaggio in carrozza). La casa del marito, oltretutto, è piena di parenti anziani e noiosi, amici che vanno e vengono e servitori che fanno quello che vogliono, comprese alcune serve con cui Tolstoj si è fatto compagnia da celibe (da una di esse, una certa Aksinja, ha avuto anche un figlio, Timofej, che non ha riconosciuto ma poi prenderà al proprio servizio come cocchiere. Sofja sarà divorata dalla gelosia per Aksinja fino alla morte ma, nonostante questo, Tolstoj continuerà a tenere madre e figlio al proprio servizio).

Tolstoj all’età di vent’anni, nel 1848:

Per qualche anno, però, sembra che i due si adattino, uniti dalla passione comune per la letteratura. Raccolgono una biblioteca enorme (alla fine consisterà di 22.000 volumi scritti in 39 lingue: Tolstoj, pur non arrivando a laurearsi all’università di Kazan, era comunque riuscito a superare sia gli esami di turco sia quelli di arabo). Tolstoj scrive senza sosta ma in modo sciatto e disordinato, Sofja si mette con la massima pazienza a riordinare tutti i suoi manoscritti in bella copia: è dunque la prima lettrice delle sue opere, di cui sarà per molto tempo entusiasta.

Sotto, Jasnaja Poljana:

Fonte immagine: Deutsche Fotothek via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0

Non si dedicano solo ai libri: dal 1863 al 1888 avranno 13 figli, 9 maschi e 4 femmine. 4 dei maschi e una delle femmine moriranno nell’infanzia, un’altra delle femmine precederà i genitori nella tomba, all’età di 35 anni, nel 1906. Nel 1910 sono ancora vivi 7 figli, 5 maschi e 2 femmine, e vivono tutti presso il padre o nei dintorni.

Sonja (al centro) con gli otto figli che raggiunsero l’età adulta (da sinistra: Sergej, Andrej, Tat’jana, Lev, Michail, Marija, Il’ja e Aleksandra). In tutto furono tredici: 1) Sergej, detto Serëža (1863 – 1947) 2) Tat’jana, detta Tanja (1864 – 1950) 3) Il’ja (1866 – 1933) 4) Lev, detto Lëva (1869 – 1945) 5) Marija, detta Maša (1871 – 1906) 6) Pëtr, detto Petja (1872 – 1873) 7) Nikolaj (1874 – 1875) 8) Varvara (1875 – 1875) 9) Andrej (1877 – 1916) 10) Michail (1879 – 1944) 11) Aleksej (1881 – 1886) 12) Aleksandra, detta Saša (1884 – 1979) 13) Ivan, detto Vanička (1888 – 1895):

Nel tempo, però, la convivenza si rivela tutt’altro che felice. Tolstoj e Sofja litigheranno sempre più spesso e minacceranno più volte di lasciarsi a vicenda, ma non lo faranno mai. Ogni tanto uno dei due mette in scena la sua fuga da casa, ma dopo un po’ ritorna, o qualche improbabile tentativo di suicidio, dopodiché segue un breve periodo di calma prima della prossima bufera. Il celebre romanzo “La sonata a Kreutzer”, che descrive il matrimonio come una specie di ergastolo, non è nato certo per caso.

Tolstoj, ritratto da Ivan Nikolaevič Kramskoj nel 1873:

Le cause di questa conflittualità familiare sono abbastanza conosciute, dato che i due hanno l’abitudine di tenere dei diari in cui annotano veramente di tutto (e ognuno legge di nascosto quelli dell’altro, cosa che esacerba l’avversione reciproca) e che questi diari sono stati in gran parte conservati. Poi ci sono i tanti testimoni diretti, che pure hanno versato fiumi di inchiostro sull’argomento.

Sof’ja Andreevna Tolstaja:

Testimoni che spesso sono più coinvolti di quanto si potrebbe pensare, dato che uno dei rimproveri più frequenti di Sofja al marito è quello di circondarsi di scrocconi e profittatori. I principali tra questi sono lo scrittore e fido discepolo Vladimir Certkov (1854-1936), il segretario Victor Lebrun (1882-1979) e poi il suo sostituito Valentin Bulgakov (1886-1966), e infine il medico personale Dusan Makovickij (1866-1921). Dopo la scomparsa di Tolstoj, Certkov e Lebrun scriveranno peste e corna di Sofja, accusandola di “pugnalarlo alla schiena mentre lottava contro i potenti della Terra” e diffondendo i brani del diario di Tolstoj più ostili a lei. Anche la figlia Aleksandra, destinata ad avere un ruolo importante negli ultimi avvenimenti della vita del padre, ne parlerà sempre piuttosto male.

Tolstoj con la moglie, uno dei figli e un cane:

Tuttavia, va sottolineato che, in tempi successivi, qualche appassionato lettore di Tolstoj (ad esempio gli scrittori Maksim Gorkij e Dmitrij Mirskij, o il nostro Giovanni Pascoli) ha provato a riabilitarla in qualche modo (altri intellettuali, come il critico Viktor Sklovskij, il premio Nobel Elias Canetti e la nostra Grazia Cherchi, hanno rincarato la dose) e alcune donne di una importante rilevanza culturale, come il premio Nobel Doris Lessing e l’attrice Helen Mirren (interprete di Sofja nel film “The last station”, dedicato appunto alla morte di Tolstoj), hanno visto in lei una sorta di eroina protofemminista, che non si rassegna al ruolo di “angelo del focolare” nemmeno al cospetto di un genio come il marito.

In effetti, a Sofja va comunque riconosciuto che avere a che fare con uno come Tolstoj non doveva essere per niente facile, tra esaltazioni ideologiche (lodevolissime, ma che lo mettono praticamente contro tutti) e propositi di spiritualità lungamente predicati e mai messi in atto (consigliava la castità ma non la praticava neanche da vecchio, tradendo la moglie a ogni occasione).

La residenza in cui Sonja visse col marito, diventata dal 1921 una casa museo. Fotografia di Franco Visintainer condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:

Si può concludere che Sofja, con il suo battagliero carattere e la sua attenzione ai problemi materiali (ai quali invece Tolstoj era pressoché indifferente), sarebbe stata la la compagna ideale per un uomo dotato di molto talento e poca determinazione. Invece Tolstoj di determinazione ne aveva fin troppa, sempre rivolta a qualche causa difficile o apparentemente impossibile, e la miscela data dalle due personalità finì per avere un effetto esplosivo.

Nel 1910, comunque, il conflitto tra i due deflagra come mai prima. Le cause sono abbastanza serie. La prima è che Tolstoj, in nome della stessa filantropia che ha guidato moltissime sue iniziative sempre osteggiate da Sofja (ad esempio le scuole per i figli dei contadini in cui sperimenta innovazioni pedagogiche che ancora oggi sono oggetto di studio; o la teorizzazione della non-violenza, che lo fa idolatrare da personaggi come il suo discepolo indiano Gandhi ma odiare da tutti i nazionalisti e i guerrafondai del mondo, soprattutto da quelli russi; o l’apertura di una casa editrice sempre nei guai con la censura per l’abitudine di pubblicare testi poco graditi allo zar, agli aristocratici e ai vertici militari; o l’abitudine a vestirsi, mangiare e vivere nello stesso modo spartano della gente comune, come segno di rinuncia a tutti i privilegi), sentendosi ormai vicino alla fine, ha deciso di scrivere nel suo testamento che rinuncia a tutti i diritti d’autore sulle sue opere, lasciandoli in eredità all’intero genere umano:

Un danno economico enorme per la moglie e i figli

La seconda è che, propagandando la sua idea religiosa (un panteismo venato di misticismo che lo ha portato a diventare vegetariano e a diffidare del progresso tecnologico), si è inimicato pure la Chiesa Ortodossa Russa (cui, invece, Sofja è sempre molto devota) fino al punto che questa l’ha scomunicato.

Sonja e Lev al tempo del loro matrimonio. Il 16 dicembre 1862 la contessina appuntò: “Se potessi ucciderlo, e poi ricrearlo esattamente eguale, lo farei con piacere”:

Durante l’estate di quell’anno, alcuni problemi di salute di Tolstoj hanno portato a una tregua, perché Sofja si è resa conto che i loro scontri sono la principale origine delle indisposizioni del marito. Tuttavia, proprio mentre le cose sembrano mettersi bene, la donna scopre un diario segreto che il marito scriveva su piccoli block notes nascosti successivamente negli stivali, in cui sono riportati giudizi terribili su di lei. Ricomincia allora le scenate e, ossessionata dall’idea che esistano altre carte con contenuti simili (sapendo di essere la moglie di un uomo famosissimo, è sempre stata preoccupata dell’opinione che i posteri si faranno di lei) portate altrove dall’onnipresente Certkov (che ha sempre corso molti rischi per far uscire dalla Russia e pubblicare all’estero gli scritti di Tolstoj che la censura zarista bloccava), comincia a spiare il marito in modo assillante, aiutata da alcuni dei figli (per la faccenda dei diritti d’autore, stanno quasi tutti dalla sua parte).

Sonja nel 1875:

Nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 1910 (secondo il calendario giuliano in vigore in Russia: in Occidente è quella tra l’8 e il 9 novembre), mentre sta a letto senza riuscire a prendere sonno, Tolstoj sente dei passi felpati e altri lievi rumori provenire dal suo studio, accanto alla camera da letto (i due coniugi dormono separati) e, dal buco della serratura, vede che la moglie ha acceso la luce e sta frugando tra le sue carte. Torna a letto ma, evidentemente, fa un po’ di rumore perché lei entra nella stanza con aria furtiva e gli dice che è andata a trovarlo perché preoccupata per la sua salute. Tolstoj fa finta di niente e lei finalmente se ne va.

È troppo. Appena ha la certezza che Sofja sta finalmente dormendo, Tolstoj si alza e si veste, sveglia il dottor Makovitskij che dorme in un’altra stanza, si fa preparare in silenzio un sommario bagaglio da un domestico e si fa accompagnare in carrozza, insieme al medico, alla stazione ferroviaria più vicina. Si dirigono a Sud, verso la Crimea e il Mar Nero. Si fermano però al monastero di Optina, a Kozelsk, vicino al convento di Shamardino, dove si trova una delle sorelle di Tolstoj, Marija, che nel 1891 si è fatta monaca ortodossa.

Lev Tolstoj nel cerchio di famiglia del post-impressionista Leonid Pasternak:

Intanto, a Jasnaja Poliana, è successo un mezzo finimondo. Tolstoj aveva lasciato una lettera a Sofja per avvisarla della sua partenza: lei, appena l’ha letta, è corsa fuori casa e si è gettata in uno stagno, in un ennesimo, goffissimo tentativo di suicidio. La figlia più giovane, Aleksandra, è stata costretta a tuffarsi in acqua anche lei per ripescarla.

Aleksandra è l’unica di cui il padre si fida e quindi anche l’unica a sapere dov’è andato, dato che lui le ha mandato un telegramma appena arrivato a Optina. Il rapporto con la madre, invece, è molto contrastato. Aleksandra è nata in un periodo di tale crisi tra i genitori che Tolstoj se n’era andato via di casa. Sofja, nonostante la gravidanza avanzata, aveva cercato ripetutamente di abortire senza riuscirci e, successivamente, non ha mai amato quella figlia che ha voluto nascere per forza nonostante lei non la volesse. Quando Aleksandra aveva 11 anni, nel 1895, è morto di scarlattina l’ultimo figlio della coppia, Ivan, che ne aveva 7 ed era sicuramente il più amato da entrambi i genitori: nell’occasione, davanti al piccolo corpo composto nel letto, Sofja gridava istericamente “Perché è morto lui e non Aleksandra!” Invece il padre l’ha sempre non solo amata ma anche molto stimata per le sue capacità, specie dopo che nel 1906 è morta la sorella Marija, pure considerata da Tolstoj molto più intelligente e brillante degli altri figli.

Sonja accanto al marito ammalato, nel maggio del 1902 a Gaspra, in Crimea:

Benché i fratelli cerchino di farla parlare in tutti i modi e Sofja la ricatti sentimentalmente rifiutandosi di assumere qualsiasi cibo, Aleksandra non tradisce il padre e, appena è convinta di non essere sorvegliata, si fa venire a prendere in carrozza da un’amica e parte per raggiungerlo a tutta velocità. Infatti, si è resa conto che uno dei fratelli, Andrej, ha capito le intenzioni del padre e si è messo in viaggio per andare a riprenderlo. La situazione, infatti, non è certo migliorata in seguito all’arrivo di un’altra lettera di Tolstoj, stavolta diretta alla moglie, in cui comunica che la loro rottura è definitiva.

Aleksandra, in effetti, arriva a Optina prima di Andrej e avvisa il padre. Tolstoj decide allora di ripartire immediatamente, in direzione del Caucaso o forse della Romania, luoghi in cui è stato da giovane e dei quali ha molta nostalgia. È la notte tra il 30 e il 31 ottobre.

Sonja dipinge la copia di un ritratto di Il’ja Efimovič Repin:

La piccola compagnia (Tolstoj, il dottor Makovitskij, Aleksandra e l’amica che l’ha accompagnata) sale dunque sul primo treno, diretto a Rostov-sul-Don e vi trascorre l’intera giornata del 31 ottobre. Tolstoj, per coerenza con le sue idee egualitarie, viaggia sempre in terza classe, in vagoni scomodi, gelidi, affollati e pieni di fumo. Per un vecchio di 82 anni non è proprio il massimo e, infatti, a un certo punto, il dottor Makovitskij si accorge che sta male e ha la febbre alta. Lo convince quindi a scendere, facendo una sosta ad Astapovo.

Astapovo si trova nella regione (in russo, oblast’) di Lipeck e oggi sia la città sia la provincia (in russo, rajon) di cui è capoluogo hanno preso il nome dell’illustrissimo ospite, Lev Tolstoj appunto. Sebbene sia stata spesso descritta come un paesello decrepito fatto di qualche baracca intorno ai binari, in realtà, nel 1910, era una stazione ferroviaria relativamente importante, dotata di un grosso e confortevole edificio in mattoni a due piani, vicino al quale c’erano i palazzi in cui vivevano le famiglie del personale ferroviario e perfino un parco pubblico.

Sonja nel 1867, con il primogenito Sergèj e la secondogenita Tat’jana. Tolstoj scrisse al suocero: “È come se avessimo ricominciata la luna di miele; Sonja è incantevole con i suoi due bambini”:

Il capostazione Ivan Ozolin riconosce subito nel vecchio malato il famosissimo scrittore e propone al gruppo di fermarsi lì. Mette loro a disposizione il salone del proprio alloggio al piano terra della stazione, in cui fa trasportare un letto. Tolstoj sostiene che con un po’ di riposo si rimetterà in sesto, ma gli altri si rendono conto delle sue condizioni. Quando, nonostante le insistenze della figlia e del medico, dichiara di voler ripartire, Aleksandra e l’amica lo immobilizzano e lo spogliano vincendo la sua resistenza, poi riescono a infilarlo a fatica sotto le coperte.

La notizia della fuga di Tolstoj è stata diffusa già il 28 e un esercito di giornalisti è sulle sue tracce. Appena si viene a sapere che si è fermato ad Astapovo, convergono tutti lì. Ce ne sono di provenienti da tutto il mondo. L’agenzia francese French Pathé ha spedito sul posto perfino una troupe cinematografica. Tolstoj rifiuterà sempre di incontrare i giornalisti e vieterà loro anche di avvicinarsi. I bollettini si susseguiranno ugualmente sulla base delle comunicazioni che filtrano e finiranno su tutti i giornali del mondo, ma raccontando menzogne perché la versione ufficiale, fino all’ultimo giorno, sarà che Tolstoj sta meglio e si sta riprendendo.

Sonja col marito, sei settimane prima che lui fuggisse (e morisse):

In compenso, provvede Sofja a dare un po’ di svago ai giornalisti. Arriva nella notte tra il 2 e il 3 novembre, su un treno speciale che viene istradato su un binario morto di lato alla stazione, accompagnata dai figli Tatjana, Andrej e Michail. La sera precedente sono arrivati Certkov e un altro figlio, Sergej, entrambi avvisati via telegramma da Aleksandra. Tolstoj ha vietato tassativamente di ammettere la moglie al suo cospetto. Sofja insiste ma tutti i tentativi falliscono. Tolstoj ordina di velare anche la finestra del salone con le tende, perché lei non possa nemmeno guardare all’interno. In compenso, accetta di parlare con Sergej e Tatjana, cui raccomanda di avere cura della madre.

Tolstoj nel suo studio nel 1908:

La malattia di Tolstoj alterna momenti di lucidità ad altri in cui la febbre lo fa delirare, sempre più frequenti man mano che passa il tempo. Non sappiamo cosa stia pensando quando è lucido. Molto tempo prima, nel 1886, ha scritto il più cupo libro dedicato alla morte, un breve capolavoro intitolato “La morte di Ivan Il’ic” in cui ha messo in scena la tragedia di un uomo che per tutta la vita ha rincorso solo i successi e i beni materiali ma, improvvisamente, dopo un banale incidente, si ritrova affetto da una malattia che nessun medico riesce a curare, che lo spinge a una progressiva invalidità; nella sofferenza, si rende conto che per tutti quelli che lo circondano non rappresenta nulla di importante, infatti sembra che non vedano l’ora che muoia: solo il problematico figlio adolescente, che sembra soffrire in silenzio, e un servo ottuso e devoto, che si impegna a curarlo, gli offrono un barlume di umanità. Morirà nella consapevole disperazione di aver sprecato la sua vita in cose futili.

In questo libro, Tolstoj sembra anticipare quanto è stato scritto oltre un secolo dopo da un chirurgo americano, Shervin Nuland, in un bestseller che affronta coraggiosamente il tema del fine vita, “Come moriamo”. Nuland, infatti, afferma che una morte serena anziché atroce, una fine composta e non mortificante, sono come un terno al lotto, frutto esclusivo delle circostanze, e che la sola “dignità della morte” che ha senso è quella che si origina dalla dignità della vita che l’ha preceduta.

La stazione ferroviaria di Astapovo, poi ribattezzata “Lev Tolstoj”:

Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Lo stato di Tolstoj si è costantemente aggravato nonostante l’intervento di altri medici oltre a Makovitskij. All’alba del 7 novembre, lo scrittore scivola nel coma, dopo aver delirato ancora della volontà di fuggire. A quel punto, i figli insistono perché la madre sia ammessa nella stanza e finalmente Sofja può entrare. Mentre si consumano le ultime ore del grande scrittore, al suo capezzale si svolge una scena imbarazzante, tra i suoi familiari volano gli stracci e i presenti ne sentono di tutti i colori.

Poco più tardi, dopo aver emesso qualche sospiro indistinto, Tolstoj smette di respirare. Il grande scrittore è morto.

Sofja non lascerà il suo capezzale fino a quando la salma viene portata via, per essere sepolta a Jansnaja Poljana, il 14 novembre. Sofja continuerà a vivere nella stessa tenuta, scrivendo testi di memorie e diventando filantropa e vegetariana come il marito. Morirà di polmonite nel 1919, a 75 anni, assistita proprio dalla figlia meno amata, Aleksandra, con cui si è finalmente riconciliata, e sarà sepolta nel cimitero parrocchiale accanto alla figlia Marija, lontano dalla tomba del marito.

Il sepolcro di Tolstoj:

Fonte immagine: Deutsche Fotothek via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0

Gli altri figli, dopo la Rivoluzione Russa, si disperderanno tra l’Europa e l’America. L’ultima a morire sarà proprio Aleksandra, nel 1979, a 95 anni, dopo essere stata molto attiva nell’assistenza ai profughi di origine russa fuggiti in Occidente dopo l’instaurazione del regime sovietico (in particolare si ricordano lo scrittore Vladimir Nabokov e il musicista Sergej Rachmaninov) e aver acquisito la cittadinanza statunitense.

La casa di Tolstoj a Jasnaja Poljana, dopo essere stata occupata e danneggiata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, è oggi un museo.


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