L’oscuro destino della Biblioteca di Alessandria

Uno straniero che all’epoca di Tolomeo I e Tolomeo II- siamo fra il 305 e il 246 a.C.- arrivava ad Alessandria d’Egitto sapeva di avere di fronte una città che in pochi anni si era trasformata nella capitale della bellezza. C’era quell’imponente faro passato alla storia come una delle sette meraviglie del mondo antico, c’era il Bruchion, il quartiere reale dove risiedeva il faraone e c’era il Museion, un edificio dedicato alle nove muse delle arti, che ospitava la grande biblioteca reale.

Statua ellenica di una delle nove muse delle arti – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il suo accesso era limitato e ci viveva e lavorava una comunità di dotti. Oltre ad avere una quantità indefinibile di scaffali e rotoli di papiro, la biblioteca si presentava con l’aspetto di una cittadella del sapere, con stanze private, una sala da pranzo in comune, giardini e aule adibite alle conferenze o allo studio. La volontà dei primi due re tolemaici era quella di accumulare un patrimonio ecumenico che andasse dalla tradizione greca a quella ebrea, passando per gli scritti persiani ed egiziani o, più in generale, della cultura orientale.

Il Faro d’Alessandria – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Chi si occupava della biblioteca godeva di grandi benefici: vitto e alloggio gratis, niente tasse e la possibilità di studiare qualsiasi cosa. Lo stesso capo-bibliotecario, un ruolo ricoperto da alcune delle più grandi personalità del passato, era tenuto così tanto in considerazione che ricopriva anche gli incarichi di consigliere reale e precettore del principe ereditario.

Tolomeo II parla con i dotti della biblioteca – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Come è noto oggi della Biblioteca d’Alessandria non è rimasto nulla, e dei suoi circa 40.000 o 700.000 papiri – il numero varia a seconda delle fonti – se ne sono perse le tracce.

Cosa le è successo? Come e quando è andata distrutta?

Per rispondere a queste domande, partiamo dal principio.

Mappa antica di Alessandria d’Egitto – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La nascita della biblioteca

Dopo la morte di Alessandro Magno, uno dei suoi uomini di fiducia, Tolomeo Sotère, si proclamò re d’Egitto e diede inizio alla dinastia tolemaica. Per rafforzare il prestigio del regno, Tolomeo I puntò sull’accentramento della cultura ellenistica ad Alessandria, dove risiedeva la corte e dove sperava di creare una capitale della conoscenza.

Alessandro Magno – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’origine della biblioteca è controversa. Si ipotizza che l’idea di base sia attribuibile a Tolomeo I, che delegò l’incarico al suo consigliere Demetrio Falereo, un filosofo greco della scuola peripatetica. Sappiamo per certo che, dopo la salita al trono di Tolomeo II, la biblioteca era già nel pieno delle sue attività ed è altamente probabile che, se è vero che, almeno a parole, l’iniziativa sia stata di Tolomeo I, la nascita come luogo fisico sia avvenuta sotto il regno del figlio.

Statua di Demetrio Falereo – Immagine di Pakeha condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

L’intenzione dei tolemaici era quella di creare un luogo di culto unico nel suo genere. L’istituzione bibliotecaria non era una novità – se ne aveva notizia già in Mesopotamia, Siria, Grecia e nello stesso Egitto – ma, prima del III secolo a.C., le singole civiltà l’avevano utilizzata al solo scopo di conservare le proprie tradizioni. Quella alessandrina, invece, doveva accumulare un sapere universale attraverso una politica di collezionismo molto aggressiva.

Tolomeo I – Immagine di Stella condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

I rotoli di papiro della collezione alessandrina

La ricerca di nuovi papiri da aggiungere alla collezione partiva dalla premessa che servivano quanti più testi antichi possibili, perché erano quelli che avevano subito un numero minore di copiature e, di conseguenza, si avvicinavano di più agli originali.

Tolomeo II – Immagine di Marie-Lan Nguyen condivisa con licenza CC BY 2.5 via Wikipedia

Gli agenti dei faraoni erano sempre in viaggio e scandagliavano i mercati di tutto il mondo. Quando non era possibile acquistare un papiro lo si prendeva in prestito dietro lauto compenso e lo si faceva copiare. A tal proposito esistono due aneddoti su transazioni molto discutibili.

Tolomeo II nella Biblioteca d’Alessandria. Dipinto di Vincenzo Camuccini – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Galeno di Pergamo racconta che Tolomeo II ordinava ai suoi uomini di perquisire le navi che approdavano ad Alessandria. Se trovavano dei libri, li prendevano, li portavano ai copisti della biblioteca, tenevano gli originali e restituivano le versioni duplicate.

Galeno di Pergamo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Durante il regno di Tolomeo III, invece, si narra che il faraone volesse a tutti i costi mettere le mani sui manoscritti delle tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide, custoditi all’interno dell’archivio di stato di Atene. Gli ellenici si ostinavano a non volerli prestare per la copiatura, ma un giorno si convinsero ad accettare dietro un conguaglio di 15 talenti d’argento, una cifra esorbitante per l’epoca, da trattenere in caso di mancata restituzione.

Tolomeo III versò quanto chiesto, fece duplicare i manoscritti, conservò gli originali, restituì le copie e disse agli ateniesi di tenersi il denaro.

Tolomeo III – Immagine di Miguel Hermoso Cuesta condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Gli sforzi dei vari faraoni diedero i loro frutti, e si stima che la collezione alessandrina arrivò a vantare una quantità impressionante di rotoli, dai 40.000 ai 700.000, senza dimenticare che ciascuno di essi poteva essere misto e contenere più opere insieme. Addirittura, per secoli, Alessandria detenne il monopolio del papiro, e gli stessi sovrani si rifiutarono di commerciarlo, finendo per favorire involontariamente l’adozione della pergamena.

Mappa di Alessandria d’Egitto nel 30 a.C. – Immagine di Philg88 condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Intorno al 295 a.C., la biblioteca esaurì lo spazio e Tolomeo III optò per una soluzione pratica. Fondò la Biblioteca del Serapeo, una filiale sita nel cortile colonnato del tempio di Serapide, a sud della città, e la usò per trasferire le eccedenze. Il Serapeo divenne una biblioteca a sé stante e si differenziò dalla principale perché vi potevano accedere tutti.

Resti del Serapeo d’Alessandria – Immagine di Institute for the Study of the Ancient World condivisa con licenza CC BY 2.0 via Wikipedia

I dotti della Biblioteca d’Alessandria

I dotti alessandrini erano filosofi, scienziati e letterati che i sovrani chiamavano ad Alessandria per includerli nel loro circolo elitario. Chi accettava di trasferirsi nel Museion godeva di grandi benefici, ma la figura più importante era il capo-bibliotecario.

Alessandria d’Egitto – Immagine di Gnauth, Adolf condivisa con licenza CC BY-SA 2.5 via Wikipedia

Il primo fu Zenodoto di Efeso, che si occupò dell’educazione di Tolomeo III, all’epoca principe ereditario, e organizzò la collezione alessandrina in ordine alfabetico. Per quanto ne sappiamo fu il primo ad adottare questo metodo e anche Callimaco ebbe l’incarico di migliorare il sistema di catalogazione.

La Biblioteca d’Alessandria – Immagine di pubblico dominio via nypl.getarchive.net

Durante la sua permanenza in biblioteca, il poeta compose il Pinakes, dal greco antico “le tavole”, un’imponente catalogo bibliotecario, quasi sicuramente il primo del suo genere. Purtroppo, ci sono pervenuti solo pochi frammenti, ma bastano per osservare che la prima suddivisione era per genere – retorica, diritto, epica, tragedia, commedia, poesia lirica, storia, medicina, matematica e scienze naturali – poi, c’erano delle sottosezioni con nome dell’autore, patronimico, soprannome, luogo di nascita e, dove disponibili, delle brevi informazioni biografiche.

La Biblioteca d’Alessandria – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Dopo Zenodoto, il secondo capo-bibliotecario fu Apollonio Rodio, che sfruttò la collezione alessandrina per comporre il poema epico Le Argonautiche, mentre il terzo fu Eratostene di Cirene, vissuto tra il 280 e il 194 a.C.

Le Argonautiche, di Apollonio Rodio – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Con Eratostene, la biblioteca si specializzò nelle discipline scientifiche e lui stesso compose il trattato della Geographika, applicò la matematica alla cartografia per calcolare la circonferenza della Terra e disegnò una mappa del mondo allora conosciuto.

Eratostene di Cirene – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Al suo successore, Aristofane di Bisanzio, invece, è legato un aneddoto su come abbia ereditato l’incarico. Biblioteca, Museion e quartiere reale non erano accessibili a tutti, ma aprivano le porte al popolo in occasione di una festività in onore di Apollo e delle Muse. In quello che oggi definiremmo un festival culturale, il faraone indiceva un concorso letterario a cui chiunque poteva partecipare presentando un componimento originale.

Sette dotti si sarebbero espressi in qualità di giudici

La Biblioteca d’Alessandria nel videogame Assassin’s Creed: Origins – Immagine di Mary Harrsch condivisa con licenza CC BY-NC-SA 2.0 via Flickr

Un anno, Tolomeo IV aveva già scelto sei giudici, ma non aveva idea su chi chiamare come settimo e i saggi del Museion gli dissero che nella comunità della biblioteca c’era un certo Aristofane, un giovane allievo di Callimaco, che leggeva e rileggeva ogni libro presente sugli scaffali. Il faraone lo incluse nella giuria, il concorso iniziò e i partecipanti recitarono i componimenti.

La tradizione voleva che il verdetto fosse in parte influenzato dalle reazioni del pubblico, e quando si dovette decretare il vincitore, Aristofane votò per colui che aveva riscosso più fischi che applausi. Tolomeo e gli altri giudici si indignarono, ma Aristofane invocò la calma e chiese di seguirlo in biblioteca, dove mostrò i testi che i partecipanti avevano plagiato. L’unico che aveva prodotto qualcosa di originale era il ragazzo a cui aveva dato il suo voto e Tolomeo fu così meravigliato che lo nominò capo-bibliotecario.

Tolomeo IV – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La fine del mecenatismo tolemaico

Sotto Aristofane, la collezione alessandrina toccò il massimo del suo splendore, sia per numero di papiri, sia per qualità degli studi, ma l’Egitto stava cambiando e, a poco a poco, i faraoni smisero di essere dei mecenati.

Aristarco di Samotracia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il declino ebbe inizio con Tolomeo VIII, che salì al potere uccidendo Tolomeo VII ed espulse tutti gli intellettuali stranieri, incluso Aristarco da Samotracia, l’allora capo-bibliotecario. Chi rimase a lavorare al Museion non godette più di alcuna sovvenzione dei sovrani, troppo impegnati a governare con pugno di ferro o a porre rimedio all’instabilità del regno, e lo stesso incarico di capo-bibliotecario perse importanza, perché divenne un premio politico e gli storiografi smisero di annotare i nomi.

Tolomeo VIII – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

I problemi dell’Egitto sfociarono in una guerra civile fra Tolomeo XIII e sua sorella Cleopatra, con annesso coinvolgimento di Roma e di Giulio Cesare, che, nel 48 a.C., diede fuoco alla flotta del faraone e causò un incendio accidentale che divampò dal porto di Alessandria e lambì, con conseguenze più o meno gravi, anche altre zone della città.

Ed è qui che hanno inizio le teorie sul destino della Biblioteca d’Alessandria.

L’incendio del 48 a.C.

Il problema principale nell’identificare cosa sia successo sono le diverse versioni tramandate dagli autori del passato, in contrasto l’una con l’altra.

Statua di Giulio Cesare – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Seneca, Livio e Paolo Orosio scrissero che l’incendio bruciò circa 40.000 scritti, mentre Ammiano Marcellino e Aulo Gellio riportarono una stima più grande, ovvero 700.000 volumi.

Statua di Seneca – Immagine di PRA condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Cassio Dione, invece, limita la portata dei danni e si tiene sul vago:

Molti luoghi furono incendiati, con il risultato che le banchine e i depositi di grano, tra gli altri edifici, furono bruciati, e anche la biblioteca, i cui volumi, è detto, erano del più grande numero ed eccellenza”.

Lucio Cassio Dione – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’unico che chiarisce l’effettiva responsabilità di Cesare e afferma senza mezzi termini la distruzione della biblioteca è Plutarco, ma la divergenza d’opinioni e la testimonianza di Dione lasciano intendere che, in realtà, il fuoco si sia limitato a danneggiarla.

Busto di Plutarco – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Intorno al 20 a.C., il geografo Strabone visitò la città e alcuni sui scritti sembrano dirci che il Museion, il luogo che ospitava la biblioteca, esistesse ancora, ma senza il prestigio di un tempo.

Il geografo Strabone – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Un’altra prova a favore della sua sopravvivenza è un’incisione del I secolo d.C., in cui la frase “supra Museum et ab Alexandrina bibliotheca – sul museo e dalla Biblioteca di Alessandria”, riferita all’astrologo Tiberio Claudio Balbillo, fa ipotizzare la sua possibile successione a capo-bibliotecario.

L’iscrizione dedicata a Tiberio Claudio Balbillo che sembra conferma l’esistenza della Biblioteca d’Alessandria nel I secolo d.C. – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Le ipotesi successive

Quando l’Egitto passò sotto il dominio romano, le menzioni alla biblioteca e al Museion si diradarono fino a scomparire del tutto nella seconda metà del III d.C., periodo che coincide con la disputa fra l’imperatore Aureliano e la regina Zenobia, con il primo che combatté la seconda per riconquistare il possesso di Alessandria. Si trattò di una battaglia sanguinosissima e l’esercito romano rase al suolo tutto il Bruchion, il quartiere reale dove si trovavano il Museion e la biblioteca.

La regina Zenobia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Oltre questo lasso temporale, è storicamente accertato che la collezione alessandrina abbia smesso di esistere, ma, dopo la conquista musulmana dell’Egitto, gli autori arabi del XIII secolo iniziarono a far circolare un aneddoto. Si narrava che, quando Alessandria si arrese all’esercito di Amr ibn al-As, questi chiese al califfo Omar cosa dovesse fare della biblioteca.

Se quei libri sono in accordo con il Corano, non ne abbiamo bisogno. Se sono contrari al Corano, distruggili

Il califfo Omar – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Con questa risposta, Omar decretò la distruzione dei papiri, ma gli studi contemporanei hanno appurato che si trattò di un’invenzione dei posteri, di una storia creata a fini propagandistici, anche perché l’aneddoto comparve dopo oltre cinquecento anni dall’accaduto e senza che nessuno ne avesse mai fatto menzione.

L’incendio della Biblioteca d’Alessandria – Immagine di Mary Harrsch condivisa con licenza CC BY-NC-SA 2.0 via Flickr

Conclusioni

In conclusione, è plausibile che la Biblioteca d’Alessandria non sia andata distrutta nell’incendio del 48 a.C., ma sia stata vittima di un lento declino che ha attraversato diversi secoli fino al III d.C.

Eratostene che insegna ad Alessandria in un dipinto di Bernardo Strozzi – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La sua importanza storica, però, è rimasta intatta e, nel 2002, l’UNESCO e uno studio d’architettura norvegese hanno dato vita alla Bibliotheca Alexandrina, un centro culturale che ne omaggia la memoria.

La Bibliotheca Alexandrina – Immagine di Hajor condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Se sulla sua fine non ci sono testimonianze attendibili, lo stesso discorso non vale per cosa abbia significato in passato. La Biblioteca di Alessandria non era solo un luogo che ospitava una quantità indefinita di rotoli di papiro; era un’istituzione elitaria che accoglieva tutte le più grandi menti dell’epoca.

Ad esempio, nel I secolo d.C., Vitruvio ringraziò la comunità di dotti perché “non hanno lasciato tutto in geloso silenzio, ma hanno provveduto a mettere per iscritto le loro idee di ogni genere”.

Busto di Vitruvio – Immagine di Mikceo condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Nella biblioteca si registrarono le prime catalogazioni in ordine alfabetico, Tolomeo II ordinò la traduzione dell’Antico Testamento dall’ebraico al greco, quella che oggi è conosciuta come la Bibbia dei Settanta, si realizzarono edizioni critiche dei poemi omerici, si approfondì la geografia e altro ancora. In poche parole, all’epoca dei tolemaici, la Biblioteca di Alessandria era la capitale del sapere universale.

Fonti:

La Biblioteca di Alessandria d’Egitto – Storica National Geographic

Library of Alexandria – Enciclopedia Britannica

Library of Alexandria – Wikipedia inglese


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