Oggi, quando sentiamo parlare di “balilla” è immediato il collegamento al ventennio fascista. In effetti, dopo la marcia su Roma, il governo guidato da Benito Mussolini, voleva “fascistizzare” la società, e sicuramente iniziare dai più piccoli poteva portare a molti vantaggi.
Il contesto sociale dell’epoca era molto diverso da quello odierno, e soprattutto nel sud Italia, ma anche al nord, erano molti i bambini che iniziavano a lavorare da piccoli, e quindi erano anche analfabeti. Il “progetto Balilla” mirava a un’educazione obbligatoria a stampo fascista per i più giovani, da 6 ai 18 anni, che non solo dovevano apprendere concetti morali, religiosi e culturali, ma anche sport e tecniche che più piacevano al regime. Sono molti oggi i ricordi che abbiamo di quegli anni, dalla fotografie di fanciulli vestiti da Balilla, ai numerosi video che il regime fece con lo scopo di promuovere il pensiero fascista.
Ma chi era veramente il balilla?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare indietro di circa due secoli, nel 1746, e più precisamente a Genova, dove ancora esisteva la Repubblica, anche se in quegli anni attraversava qualche difficoltà.
Giuseppe Comotto, La rivolta di Portoria contro gli austriaci nel 1746:
Nel 1689, Luigi Botta Adorno, membro di una delle famiglie più importanti di Genova, venne condannato all’esilio a causa di un tentativo di colpo di Stato ai danni del doge della città, suo figlio, Antoniotto Botta Adorno, aveva appena un anno quando lui e la sua famiglia lasciarono la città di Genova.
Antoniotto crebbe nutrendo un profondo astio e un ardente desidero di rivincita nei confronti del popolo genovese. Entrò a fare parte dell’esercito austriaco e, dopo vari successi conseguiti in Europa, nel 1746 vide l’occasione giusta per vendicarsi del popolo genovese.
Infatti, a settembre di quell’anno occupò , insieme ai soldati austriaci, il capoluogo ligure, e sottomise i genovesi a pesanti vessazioni.
L’arrogante esercito austriaco non si lasciò scappare diverse occasioni per umiliare il popolo genovese, notoriamente superbo, cercando di umiliarli in ogni modo. Almeno fino ad inizio di dicembre 1746, quando un evento inaspettato ridiede speranza ai genovesi, che ormai si stavano rassegnando al proprio destino.
Il 5 dicembre, infatti, nel quartiere genovese di Portoria, un ragazzino di 11 anni, chiamato da tutti “balilla”, stufo del comando austriaco, scagliò un sasso contro l’esercito oltralpe, al grido di “che l’inse?” (ovvero “che cominci?”), e dando così vita ad una rivolta popolare che terminerà 5 giorni dopo quando l’esercito austriaco, e il Botta Adorno, lasceranno la città, tornata libera.
Ad oggi siamo abbastanza sicuri che questo ragazzo, così coraggioso, sia esistito veramente
La rivolta di Balilla. Litografia del XIX secolo:
Stessa cosa non sì può dire riguardo la sua identità, infatti non solo non sappiamo esattamente il suo nome, ma non siamo nemmeno certi se il suo soprannome, all’epoca dei fatti, fosse veramente “balilla”. La traduzione ligure identifica il “balilla” in Giovanni Battista Perasso. Il nome di Perasso sembrerebbe confermato da una commissione municipale del comune di Genova, che nel 1881 intervistarono più persone, originarie del quartiere di Portoria, che confermarono questa tesi sostenendo che la tradizione oratoria delle loro famiglie si era sempre concentrata su quel nome, e soprattutto, che i loro nonni avevano raccontato di averlo conosciuto personalmente.
Sono varie le teorie che si sono fatte negli anni, alcuni sostennero che era un ragazzo di Montoggio, comune dell’entroterra genovese, altri ancora sostennero che non si trattasse di un ragazzo a di un uomo adulto, di nome Andrea Podestà, anche egli chiamato “Balilla” da chi lo conosceva.
Genova, Piazza Portoria Monumento a Balilla. Fotografia di pubblico dominio via Wikipedia:
Probabilmente non sapremo mai, con assoluta precisione, chi fosse questo ragazzo, capace con un piccolo e semplice gesto, probabilmente dettato dall’istinto e dalla rabbia, di cambiare le sorti di un’intera città.