L’ora della “Giustizia” per le Streghe di Salem

I processi di Salem sono stati uno dei più inspiegabili fenomeni d’isteria di massa della storia moderna. La pratica della caccia alle streghe, diffusa (anche se non quanto libri di narrativa o film vogliano far credere) prima in Europa e poi negli Stati Uniti fra il XV e il XVII secolo, ha una sua giustificazione nella Bibbia, più precisamente nel libro dell’Esodo. “Non lascerai che una strega viva”, è l’esortazione che il testo sacro della cristianità fornisce ai fedeli per legittimarli a perseguitare i servi di Satana. Ed è proprio seguendo questo dettame che, fra il 1692 e il 1693, i coloni di Salem cominciarono ad accusarsi gli uni con gli altri, dando vita a un’epopea giuridica che portò alla morte di diciannove persone e alla diffamazione di oltre duecento innocenti.

Il demonio in casa Parris

La storia dei processi si colloca in un contesto socio-culturale puritano ricco di attriti fra Salem Village (l’odierna Danvers) e Salem Town. Il villaggio era un piccolo insediamento sorto nel 1636 per volontà delle autorità di Salem e fra i rispettivi coloni non correva buon sangue. La contea di Essex non era nuova alla caccia alle streghe; con tali accuse, fra il 1647 e il 1688, le autorità locali aveva impiccato quattordici donne e due uomini, ma questi furono casi abbastanza isolati e non sono paragonabili a quel che accadde dopo. Nell’inverno fra il 1691 e il 1692, il reverendo di Salem Village, Samuel Parris, notò dei comportamenti strani prima in sua figlia Betty, di nove anni, poi in sua nipote Abigail, di undici. Le due giovani erano spesso taciturne, avevano improvvisi eccessi di violenza, si contorcevano sul pavimento e presero l’abitudine di nascondersi dietro i mobili.

Il Reverendo Samuel Parris (1653–1720)

Allarmato da quell’insolito mutamento di carattere, il reverendo consultò un medico, che visitò le pazienti e non riscontrò alcuna patologia. Tuttavia, formulò una diagnosi peggiore di qualsiasi malattia:

Betty e Abigail erano vittime di una misteriosa presenza satanica

Parris non avvertì le autorità e temporeggiò, nella speranza che tutto si risolvesse da solo, ma, nel febbraio, del 1692, la situazione precipitò. Altre adolescenti del villaggio manifestarono gli stessi sintomi, perciò interrogò la figlia e la nipote allo scopo di identificare le presunte streghe che, in vece del diavolo, le stavano tormentando.

Le prime streghe

Furono fatti tre nomi: Sarah Good, Sarah Osborne e Tituba Indians. Quest’ultima, domestica del reverendo e schiava dall’incerta origine etnica che si prendeva cura delle piccole di casa, fu la prima delle accusate a confessare, nella speranza di aver salva la vita. Ammise di essere una strega, di aver ricevuto ordini da Satana e, sfruttando la superstizione religiosa, fornì un resoconto talmente dettagliato da spaventare l’intero villaggio. Tituba parlò di sortilegi, gatti neri, bestie infernali e viaggi da un luogo all’altro a cavallo di scope volanti.

La mentalità dell’epoca era parecchio suscettibile a certi argomenti e non stupisce quella che fu la reazione. Un buon cristiano timorato di Dio  possedeva la consapevolezza che il male era una realtà da fugare con ogni mezzo, ma Satana poteva colpire in qualsiasi momento e in ogni modo. L’imprevedibilità delle sue astuzie terrorizzava i puritani, tanto quanto l’idea di caderne vittima. Ciò che accadde a Salem ebbe grandi ripercussioni, perché i bizzarri comportamenti degli afflitti, le confessioni delle streghe e, in particolare, i racconti di Tituba, diedero una forma concreta a tutte le paure istillate dalle sacre scritture. Il diavolo esisteva, ma non più e soltanto nelle credenze religiose:

Era lì di fronte ai loro occhi nelle vesti di persone che conoscevano

Nei primi tempi la questione sembrò circoscritta a donne la cui colpevolezza non destò molto scalpore. Tituba era una schiava e le altre due sospettate godevano della fama di emarginate. La Good era una senzatetto, una mendicante abituata a parlare da sola; la Osborne, invece, una ricca proprietaria terriera che da anni non partecipava più ad alcuna funzione della parrocchia. Era invisa a tutti i suoi compaesani, aveva contratto un secondo discutibile matrimonio e, a discapito dei figli di prime nozze, aveva designato il nuovo marito come unico erede del suo patrimonio.

A seguito delle testimonianze delle piccole di casa Parris, le autorità di Salem procedettero agli interrogatori e le tre donne furono incarcerate. Quell’evento segnò gli esordi del successivo fenomeno di fanatismo religioso. Leggenda narra che, poco dopo i primi arresti, una vicina del pastore, tale Mary Sibley, abbia praticato un singolare esperimento. Stando al folklore puritano, la “torta delle streghe” serviva a individuare una sposa di Satana e consisteva nel preparare una focaccia impastata con segale e urine delle vittime. Come da tradizione, diede la pietanza in pasto a un cane e aspettò che l’animale identificasse l’autrice dei tormenti. L’episodio si risolse in un nulla di fatto (a parte far vomitare il cane), ma poco importava:

La caccia era iniziata

L’ora della “giustizia”

In breve tempo sia gli abitanti del villaggio sia quelli della città si fecero prendere dal panico e le successive circostanze aggravarono la situazione. Agli inizi di marzo, le indagini si concentrarono su Martha Corey e Rebecca Nurse. Entrambe sulla settantina, erano due membri rispettabili della comunità, pie e assidue frequentatrici della parrocchia. La Corey, che aveva esposto in pubblico i suoi dubbi sulla veridicità del racconto di Betty e Abigail, sottovalutò il livello di crescente paranoia e perorò la causa dell’innocenza delle streghe, finché non fu personalmente accusata.

La Nurse, invece, fu vittima della deposizione della dodicenne Ann Putnam, che asserì di aver subito reiterate molestie dal suo spettro. La cosiddetta “prova spettrale” era da sempre ammessa in tribunale, perché costituiva un’inoppugnabile forma di colpevolezza. Si basava sul presupposto che, attraverso il loro consenso, Satana fosse in grado di assumere le sembianze delle sue sottoposte per tormentare con incubi o visioni le vittime prescelte. Per Rebecca Nurse, il cui esempio avrà numerosi seguiti, la testimonianza di Ann Putnam equivalse a una condanna a morte, perché l’apparizione sottintendeva un inconfutabile legame con il diavolo. L’ora della “giustizia” era scoccata e le nuove accusate furono la miccia di una bomba a orologeria senza precedenti.

Se due donne come loro, anziane timorate di Dio, erano delle streghe, allora chiunque poteva esserlo.

L’isteria di massa e il sospetto verso qualsiasi membro della comunità presero il sopravvento e, da allora, valse la regola del “si è colpevoli fino a prova contraria”, ovvero, quasi mai. Nei primi mesi le indagini erano state di natura prettamente investigativa e, sebbene, le prigioni continuassero a riempirsi, le condanne tardavano ad arrivare.

Con l’inasprirsi della caccia, il governatore della contea, Sir William Phips, non ebbe altra scelta che istituire la Court of Oyer and Terminer, appositamente creata allo scopo di far procedere la vicenda per vie legali. Il 2 giugno del 1692 si tenne il primo processo e nel giro di poco tempo cominciarono le esecuzioni. Le impiccagioni avvennero in quattro date comprese fra giugno e settembre; la prima vittima fu Bridget Bishop, giustiziata in quella che è oggi nota come “la collina delle streghe”.

Rispetto al passato, per intensità e mezzi, i processi di Salem rappresentarono un episodio unico e isolato, perché, oltre a coinvolgere un cospicuo numero di persone in un arco temporale brevissimo, le accuse furono per la prima volta estese anche a coniugi e familiari. Tutto ciò non aveva precedenti né in Europa né in altre colonie del Nuovo Mondo e contribuì a rendere l’episodio ancora più controverso. Ne è un esempio Giles, il marito di Martha Corey, sospettato di stregoneria in quanto congiunto di una sposa di Satana. L’uomo rifiutò di riconoscere l’autorità della corte e negò qualsiasi forma di collaborazione. Seguendo la prassi del secolo, nella speranza di estorcergli una confessione, le autorità sottoposero l’anziano contadino a una particolare tortura: lo fecero sdraiare per terra e gli applicarono una serie di pesi sul torace. Morì soffocato gridando ironicamente:

«Più peso»

Morte per schiacciamento di Giles Corey a Salem. Le parole «More Weight» (Più peso) furono gli ultimi, sarcastici vocaboli pronunciati dal torturato

In linea di massima, i riflettori puntavano più sul genere femminile che su quello maschile, e tale fenomeno era ancora una volta frutto dei precetti cristiani: uomini e donne erano uguali al cospetto di Dio, ma non di fronte a quello del diavolo. Il sesso femminile era considerato più debole, più facile da corrompere, e non mancarono i casi in cui le stesse indagate confessarono perché convinte di esser cadute vittima del male a loro insaputa.

Giles Corey muore schiacciato dal peso delle pietre poste sul suo petto

L’isteria di massa proseguì per tutta l’estate del 1692. Le accuse proliferavano, le streghe e gli stregoni continuavano a finire al cappio e i processi iniziarono a sembrare sempre più delle farse.

Il Salem Witch Museum, fotografia di GerthMichael condivisa via Wikipedia

Il modus operandi dei processi

In un primo momento, il dilagare delle inquisizioni poteva essere attribuito all’astio fra Salem Village e Salem Town, con i secondi che puntavano il dito contro i primi proprio in virtù degli attriti preesistenti, ma ben presto le accusatrici presero di mira anche persone all’infuori delle due comunità. La purga cristiana non risparmiò nessuno; come nel caso di Dorothy Good, la figlia di Sarah, che a soli quattro anni confessò sotto interrogatorio di essere una strega. Alcune sue coetanee l’avevano denunciata e si erano dichiarate afflitte dal male dopo esser state morse da lei. Nelle udienze ogni racconto era ritenuto affidabile, perché era prassi dell’epoca credere che nessun buon cristiano avrebbe ingiustamente infamato un altro buon cristiano. Nei fatti, le cose presero una piega diversa. Anche se innocenti, la maggior parte dei sospettati dichiaravano il falso e si professavano colpevoli nel vano tentativo di sottrarsi all’impiccagione, magari facendo i nomi di altre streghe.

In aula, le autorità sottoponevano gli imputati a pratiche che, razionalmente parlando, non dimostravano nulla, ma giudici e i testimoni erano di tutt’altro avviso. Era considerata valida la “prova del tocco”, adottata fin dagli esami preliminari dei primi casi. Se una strega, responsabile del male di una giovane, la toccava mentre era in preda a una crisi, quest’ultima si sarebbe subito tranquillizzata.

Il Salem Witch Museum, fotografia di Fletcher condivisa via Wikipedia

Non mancavano le accuse supportate dalle “macchie del diavolo”, dove gli inquisitori sondavano con scrupolosità la pelle delle malcapitate di turno alla ricerca di lesioni cutanee particolari che, nelle credenze religiose, erano segni d’identificazione lasciati da Satana. In questa categoria rientravano anche i “capezzoli della strega”, nèi posti in determinate zone del corpo insensibili al tatto che, si presumeva, servissero ad allattare piccoli esseri maligni.

E ancora, le donne erano ree di stregoneria se trovate in possesso di unguenti, libri di chiromanzia o altri oggetti riconducibili al diavolo. La crescita esponenziale della paranoia in quei mesi, portò addirittura alla condanna di George Burroghes, ex reverendo della chiesa di Salem Village e passato alla storia come l’unico pastore giustiziato. Talvolta, gli stessi accusatori videro altri restituirgli il favore, come nel caso di Mary Walcott, che da persona afflitta e testimone passò all’altro lato della sbarra con l’accusa di aver volutamente confuso la giuria con false dichiarazioni suggeritele dal diavolo.

Uomini, donne o bambini, senz’alcuna distinzione di sesso, età o estrazione sociale… Chiunque poteva subire l’inquisizione

Gli elementi superstiziosi erano la giustificazione di alcune imputazioni, ma non è da escludere che molti sfruttassero il pretesto per fini personali. Vecchi attriti o semplici ambizioni erano i moventi di coloro che, attraverso i processi, desideravano sbarazzarsi di qualcuno. Ad esempio, è storicamente provato che la famiglia di Ann Putnam manipolò la giovane per assumere sempre maggior rilevanza all’interno del villaggio. La ragazza fu la principale accusatrice dei processi e l’unica che, in seguito, nel 1706, si scusò pubblicamente e ammise l’infondatezza delle sue parole durante quegli anni bui.

Il ritorno alla normalità

L’intera contea fu teatro di congiure, superstizioni e ingiustizie, che con Dio avevano ben poco a che fare, e i primi a rendersene conto furono alcuni ecclesiastici di spicco del Massachusetts, che, guidati dal reverendo Increase Mather, sollevarono dei dubbi sulle azioni legali in atto. Pur riconoscendo legittima la caccia ai servi di Satana, lo svolgimento dei processi sembrava dar soddisfazione più alle paure superstiziose che alla giustizia. Già nel maggio del 1692, Cotton Mather, figlio di Increase, eminente teologo del Nuovo Mondo e fermo sostenitore della prova spettrale, ammonì i giudici che non era da escludere  l’ipotesi secondo la quale Satana fosse in grado di mostrarsi anche con le fattezze di un innocente. Le proteste dei pastori divennero presto un coro difficile da ignorare.

Chi era in grado di garantire che il demonio non avesse ordinato agli accusati di denunciare dei fedeli sudditi di Dio per confondere le acque? Le vie di Satana erano infinite tanto quanto quelle del Signore e nulla poteva essere dimostrato con assoluta certezza. La prova spettrale, la prova del tocco, le macchie del diavole, le confessioni e le varie testimonianze erano tutte illazioni ed estremismi del folklore cristiano, la cui messa in discussione costituì l’ossatura delle obiezioni che, nel 1693, spinsero il governatore Phips a sospendere i processi. L’isteria generale scemò, le esecuzioni si fermarono e nel giro di poco tempo, a riprova che in molti ravvisarono la necessità di far cadere tutto nel dimenticatoio, le autorità concessero la grazia ai prigionieri.

Il Reverendo Increase Mather (1639–1723)

In totale, 144 persone furono ritenute colpevoli di stregoneria, 19 morirono impiccate e oltre 200 subirono l’onta della diffamazione. Tutt’oggi è impossibile stabilire con assoluta certezza ciò che realmente accadde a Salem in quei lunghissimi mesi di “sonno della ragione”. Stando ad alcuni resoconti dell’epoca, gli strani comportamenti di Betty, Abigail e delle altre giovani adolescenti erano imputabili al fatto che, probabilmente, avevano praticato la divinazione insieme a Tituba. Al pari della stregoneria era un’arte condannata dalla chiesa, perché legata al demonio, e la domestica dei Parris l’avrebbe adoperata per mostrar loro l’identità dei futuri mariti. A posteriori, tale teoria portò in molti a ipotizzare che le ragazze non fossero state altro che cagion del proprio male.

Esame di una strega (1853) di T. H. Matteson, ispirato ai processi di Salem

La successiva confessione di Ann Putnam, invece, fu scevra di qualsiasi elemento superstizioso, quindi non è da escludere che – analogamente – motivazioni di natura personale abbiano spinto molte persone a mentire. Intimoriti dalle presunte manifestazioni di elementi satanici che prima di allora avevano incontrato solo nelle sacre scritture e nei sermoni, i coloni affrontarono una questione che albergava nelle loro più intime paure e la mentalità puritana giocò sicuramente un ruolo fondamentale. Sta di fatto che a Salem e nell’attuale Danvers tornò la pace molto presto. Chi fu accusato di stregoneria non poté far altro che vivere con la stigmate dell’evento e trasferirsi altrove; gli accusatori, invece, non furono mai chiamati a rispondere del loro operato. A partire dagli anni successivi, le autorità riabilitarono molte vittime della caccia e concessero un risarcimento alle famiglie, ma nulla potrà mai cancellare la feroce irrazionalità che sconvolse la comunità di Salem.

Memoriale alle vittime dei processi alle streghe, iscrizione principale, Danvers, Massachusetts. Fotografia di Francis Helminski condivisa via Wikipedia

Una curiosità a livello di toponimi – Oggi viene ricordata per la caccia alle streghe la cittadina statunitense di “Salem”, che in realtà è legata solo marginalmente agli eventi, essendo l’attuale Danvers il luogo dove furono celebrati i processi e impiccate le 19 persone accusate di stregoneria. Nel piccolo centro del Massachusetts vi è anche il Salem Witch Museum, dove si trovano documenti e ricostruzioni con dei manichini dei processi.

Il Salem Witch Museum, fotografia di Neckhair via Wikipedia

Pubblicato

in

da