Partiamo dal presupposto che le storie di spionaggio sono sempre torbide, piene di lati oscuri, spesso addirittura sordide. Ian Fleming aveva effettivamente lavorato per l’Intelligence Service, ma non aveva la minima intenzione di rivelarne i metodi, quando cominciò a scrivere i romanzi con James Bond.
Molto più credibili sono invece le opere come “La spia che venne dal freddo” di John Le Carré, o i romanzi di Len Deighton con Harry Palmer, oppure quelli del francese Francis Ryck: storie di gente disillusa, spesso consapevole di rappresentare solo una insignificante pedina in un gioco troppo grande in cui o si tradisce o si viene traditi.
Rischi tanti, gloria poca: anzi, di solito, nessuna. Chissà per quali oscure ragioni, da circa due secoli (lo spionaggio è diventato una pratica sistematica dai tempi di Napoleone Bonaparte, che vinse molte battaglie in condizioni di inferiorità grazie a un uso scientifico delle spie), c’è sempre qualcuno che sceglie consapevolmente questa vita.
I due protagonisti della storia che stiamo per raccontare qualcuna delle loro ragioni l’hanno spiegata, anche se resta sempre il dubbio che anche queste ragioni rivelate siano soltanto delle coperture di quelle reali.
Questa storia si consuma nel giro di un breve periodo, tra il 1961 e il 1962, ma trova le sue origini oltre due decenni prima.
Siamo nel 1939 e la guerra tra Germania e Regno Unito non è stata ancora dichiarata, ma è già nell’aria. A Nottingham, c’è uno studente di Ingegneria che, pur provenendo da una famiglia benestante, si impegna a lavorare in fabbrica per dare il suo contributo alla causa bellica imminente. Greville Wynne, nato a Londra il 18 marzo 1919, non disdegna neanche i turni di notte. Durante uno di questi turni, quasi per caso, si accorge di qualcosa che non va. La fabbrica in quel momento ospita dei tecnici giunti dal continente per degli importanti interventi di manutenzione. Del tutto casualmente, questi tecnici sono tedeschi. E, seguendoli senza che se ne accorgano, Wynne scopre che, in una cantina, hanno impiantato una centrale radio da cui trasmettono in codice ogni sorta di informazioni sulle difese che gli inglesi stanno approntando.
Greville Wynne:Il Cor
Ovviamente li denuncia: l’organizzazione è subito smantellata. In più, l’Intelligence Service si accorge che quel ragazzo ha delle qualità e lo arruola senza perdere tempo. A differenza di molti suoi coetanei, Wynne non andrà mai al fronte: combatterà la sua guerra, infatti, nel controspionaggio.
Dopo il 1945, torna alla vita normale. Diventa ingegnere elettrotecnico e si mette in affari. Il suo ramo sono le apparecchiature elettroniche, per le quali ha una vera passione. Non le progetta né le costruisce, ma sfrutta la sua favella e il suo carisma per venderle. Per circa dieci anni vive così, guadagna bene, non sembra avere pensieri. Poi, nel 1956, arriva la svolta. Con discrezione, attraverso un amico, l’Intelligence Service lo ricontatta. Serve un uomo come lui, un vero uomo d’affari, per penetrare oltre la Cortina di Ferro. Nei Paesi dell’Est, nonostante la situazione politico-internazionale, le apparecchiature elettroniche inglesi si vendono molto, c’è la possibilità di conoscere molta gente, anche importante.
Wynne si fa clienti in Polonia e in Cecoslovacchia, guadagna anche benissimo con gli affari che conclude, ma i suoi vertici pretendono che si spinga fino a Mosca. Approfittando che anche i sovietici sembrano interessati ai suoi prodotti, riesce a presentare un piano alla loro commissione scientifica per il carbone e l’acciaio. Il piano è accolto favorevolmente e Wynne, durante un lungo viaggio di lavoro a Mosca, si fa un sacco di amici tra i russi. E, appena torna a casa, riferisce tutto ai vertici dell’Intelligence Service.
I suoi amici russi vengono vagliati scrupolosamente uno a uno. Tutti vengono scartati per una ragione o un’altra, finché un nome attira l’attenzione di tutti. “Wynne, questo è il tuo uomo!”, dicono i pezzi grossi.
Si tratta di Oleg Penkovskij, un colonnello dei servizi segreti sovietici. Nato il 23 aprile 1919, Penkovskij è stato un eroe di guerra, decorato ben 13 volte, e poi è entrato nel controspionaggio a partire dal 1950. La sua carriera di agente segreto, però, non è stata particolarmente brillante. Troppo indipendente, troppo abituato a fare di testa sua. Dalla sua prima missione, ad Ankara nel 1950, è tornato indietro in anticipo per motivi disciplinari. La verità è che l’URSS non gli piace. Ha creduto nella rivoluzione proletaria e nella lotta contro il nazismo, ma ora vede intorno a sé solo spioni, leccapiedi, nel migliore dei casi ottusi burocrati. Non gli va più di servire questa causa, anche se ci metterà un po’ a decidersi. Nel 1960 comincia a collaborare con Wynne.
A Wynne lo accomunano la passione per l’elettronica e, probabilmente, anche quella per la bella vita. Tra i due si instaura un rapporto personale che non è fatto solo di scambi di informazioni. In seguito, ognuno dei due ricorderà l’altro come il migliore amico di una vita intera.
Penkovskij fa parte del comitato per il carbone e l’acciaio, i suoi trascorsi al fronte gli valgono la stima e la protezione del maresciallo Valenkov, uno degli uomini di fiducia di Krushev. Nella veste di membro del comitato, compie molti viaggi in Occidente. Soprattutto a Londra. Qui, appena arrivato, viene contattato dagli uomini dell’Intelligence Service e li mette al corrente di ogni novità. Occorre un piccolo esercito di stenografi e di esperti per tenergli dietro. Penkovskij ha una memoria prodigiosa e rivela dettagli sull’imminente costruzione del muro di Berlino, sui rapporti tra URSS e Cuba, sul sistema missilistico sovietico. Gli inglesi sono disposti a pagarlo benissimo, ma sembra che il denaro non gli interessi. Una volta, rivela a Wynne che gli piacerebbe vestire elegante, essere cliente dei prestigiosi sarti di Savile Row, ma poi aggiunge che, tanto, in Russia, non potrebbe mai andare in giro vestito così. Quelle che non gli bastano mai, invece, sono le donne: l’Intelligence deve reclutarne in continuazione, per tenere dietro alle sue esigenze.
Oleg Penkovskij:
Un agente così dovrebbe essere considerato preziosissimo e tutelato come un bene raro, ma le circostanze decidono diversamente. Tra il 16 e il 28 ottobre 1962 si consuma la crisi dei missili di Cuba, che porta il mondo intero sull’orlo della guerra atomica. È successo che Krushev, consapevole di trovarsi indietro, rispetto agli americani, nella tecnologia per i missili strategici, perché i suoi non permettono di raggiungere obiettivi lontani, ha convinto Fidel Castro a cedergli delle basi per installare delle rampe di lancio, che però devono rimanere segrete. I materiali e i tecnici per costruirle sono sbarcati clandestinamente a Cuba al seguito di missioni diplomatiche ufficialmente composte solo da esperti di tecnologie agricole e di alimentazione. Gli americani, però, se ne sono accorti e minacciano di bombardare Cuba.
La situazione sembra a un passo dalla tragedia epocale. I russi, prima che gli americani schierassero la flotta militare intorno all’isola stringendole intorno un embargo, sono riusciti a montare 140 missili, 90 dei quali possono raggiungere tutto il territorio degli States.
Tra i due leader, Krushev e John Kennedy, è un braccio di ferro. Un cedimento potrebbe portare a una espansione incontrollata del nemico; un attimo di perdita di controllo alla fine del mondo. In questa guerra di nervi, mentre il mondo tiene il fiato sospeso, Penkovskij arriva a Londra e riferisce a Wynne che Krushev sta bluffando: non ha nessunissima intenzione di bombardare né gli Usa né qualsiasi altro posto, sa benissimo quali potrebbero essere le conseguenze.
Quando, entro pochissimo, la notizia arriva a Kennedy, il presidente americano capisce cosa fare. Non cede, si irrigidisce e i russi capiscono che non c’è nulla da fare. Allora, Krushev offre un patto: i russi ritireranno i missili ma gli Usa non tenteranno mai di invadere Cuba.
Kennedy accetta e la crisi si risolve. Tutto il mondo tira un sospiro di sollievo.
Quasi tutto il mondo, perché questa circostanza ha attirato l’attenzione dei servizi segreti russi su Penkovskij, già oggetto di qualche sospetto dopo le rivelazioni di un agente doppiogiochista, Jack Dunlap. Il russo confessa i suoi timori a Wynne, prima di tornare a Mosca da Parigi, dove si sono visti un’ultima volta. Wynne gli raccomanda di tenersi pronto: di lì a pochi giorni andrà a prenderlo a Budapest, dove è prevista la prossima missione di Penkovskij. Il russo si nasconderà nel baule di un camion e sarà riportato in Occidente prima che dalle sue parti si accorgano che è scomparso.
Ma Penkovskij non partirà mai per Budapest: appena sbarcato a Mosca, lo arrestano. E, in più, una squadra di agenti sovietici si reca in incognito a Parigi e rapisce Wynne, portandolo in Russia.
I due si rivedono nella cupa aula dove si tiene il processo, ma non riescono a parlarsi.
Wynne viene condannato a otto anni di carcere. È inizialmente recluso alla Lubianka (il palazzo moscovita sede dei servizi segreti) poi viene spedito in un carcere di Vladimir, località in campagna a circa 350 km dalla capitale. La detenzione non è particolarmente dura: per tre volte, autorizzano anche la moglie a visitarlo. Dopo 21 mesi, senza troppi complimenti, lo svegliano in piena notte e, dopo averlo riportato alla Lubianka, lo caricano su un aereo: sbarca al confine tra le due Germanie, è finito in uno scambio di prigionieri, da una parte lui e dall’altra Konon Molody, una spia russa che si faceva passare per uomo d’affari canadese sotto l’identità di Gordon Lonsdale, un vero canadese emigrato in Finlandia prima della guerra e lì probabilmente morto per cause naturali.
È il 22 aprile del 1964.
Di Penkovskij, intanto, non si sa nulla. Una versione dice che è stato condannato a morte e fucilato solo 5 giorni dopo la fine del processo. Un’altra dice che è stato portato in Siberia e qui sottoposto a continui interrogatori fin quando, nel 1965, si è ucciso gettandosi contro un filo spinato elettrificato.
Ma non si hanno certezze. Un agente segreto inglese di nome Peter Wright, molto critico con i suoi vertici, ha sostenuto che quella di Penkovskij è stata una falsa defezione, perché le sue rivelazioni non hanno permesso di scoprire nessuna spia sovietica in Occidente (gli altri agenti doppi, per prima cosa, hanno sempre fatto i nomi dei loro colleghi), al di là del fatto che molti dei documenti da lui addotti come prove delle sue affermazioni sono originali e non copie: com’è possibile che nessuno si accorgesse della loro sparizione? Inoltre, Penkovskij è stato arrestato il 22 ottobre 1962, nel pieno della crisi dei missili a Cuba: ha avuto davvero il tempo di riferire quanto ha riferito ufficialmente, o ha fatto da paravento a qualcun altro?
Anche sul “Diario di Penkovskij” comparso non si sa come in Occidente nel 1966, pur giudicato autentico da diversi esperti, sussistono non pochi dubbi. La moglie e la figlia dell’agente russo hanno smentito ripetutamente questa possibilità.
Comunque, alcuni storici hanno messo in dubbio anche la possibilità che Wynne abbia lavorato per l’Intelligence Service già nella Seconda Guerra Mondiale.
Greville Wynne, una volta tornato a casa, riprende la sua vita di prima. Solo che adesso si tiene lontano dall’Est europeo e abbandona i prodotti elettronici per gli investimenti immobiliari, soprattutto in Spagna e in Marocco. Fa molti soldi anche con quelli, oltre che con i suoi due libri di memorie, il primo dei quali (“L’uomo venuto da Mosca”) è uscito anche in Italiano con Sperling & Kupfer. La moglie, mai ripresasi dalla scoperta della doppia vita del marito, che ignorava del tutto, chiede il divorzio nel 1970: ma Wynne, senza smettere il suo tipico aplomb che lo fa assomigliare in modo significativo all’attore Terry Thomas, non se ne fa un problema, e si risposa con la sua segretaria, una ragazza svizzera molto più giovane.
Muore di un tumore alla gola a Londra, il 28 febbraio 1990.
La storia di Wynne e Penkovskij è stata portata due volte in tv da altrettante produzioni della BBC, nel 1985 e nel 2007. Nel 2020 è approdata finalmente al cinema, con il film “The Courier”, diretto da Dominic Cooke, con Benedict Cumberbatch nel ruolo di Wynne e e Merab Ninidze in quello di Penkosvkij. La pellicola è stata presentata in anteprima al Sundance Film Festival di Salt Lake City nel febbraio 2020, ma la sua uscita è stata ritardata per via della crisi Covid. Al momento, è prevista l’uscita negli Usa il 19 febbraio 2021.