E’ perfetta per chi vuole tagliare i ponti con la civiltà. Non che a Palmerston Island non ci sia qualche comodità: corrente elettrica e internet per qualche ora al giorno, un telefono satellitare o una televisione per i 63 abitanti dell’isola.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
L’atollo dove si adagia Palmerston (sulla sinistra)
Fonte immagine: EVS-Isole via Wikimedia Commons – Licenza CC BY-SA 2.0
In compenso abbondano le noci di cocco, il pesce, e il silenzio rotto solo dal rumore del mare e del vento (e talvolta dalla musica dance che qualche abitante ama ascoltare). Una finis terrae ideale per chi ha bisogno di disintossicarsi da ogni tipo di dipendenza (droghe, alcol, internet, serie tv, cibo spazzatura) e di propensione alla violenza.
Non che la vita sia così idilliaca a Palmerston: ci sono due bagni per l’intera comunità, l’acqua potabile arriva solo dal cielo, e gli uragani possono in un attimo portar via i pochi edifici dell’isola. In compenso il tempo trascorre lento tra le attività di pesca, nuotate nella laguna, sfide di pallavolo e accordi di chitarra.
Fonte immagine: NASA via Wikimedia Commons
L’inconveniente è rappresentato dalla distanza: Palmerston è un luogo molto, molto difficile da raggiungere. Bisogna proprio volerci andare: è un atollo corallino che fa parte delle Isole Cook, nell’Oceano Pacifico, non solcato da nessuna nave, né sorvolato dagli aerei. Due volte l’anno arriva una nave che porta i rifornimenti dalla Nuova Zelanda.
Ci sono poi occasionalmente delle barche che in un paio di giorni riescono ad arrivare dalla capitale delle Isole Cook, Raratonga, mentre da Tahiti occorrono nove giorni di navigazione. Programmare un viaggio a Palmerston è quindi un’impresa veramente difficile, ma potrebbe valerne la pena, anche solo per conoscere i suoi straordinari abitanti.
James Cook si avvicina a Palmerston
Fu il capitano Cook ad avvistare per primo l’atollo, nel 1774, ma ci mise piede solo nel 1777, alla ricerca di cibo fresco e acqua (che non trovò) per i suoi marinai. Si sbagliò però di circa 10 miglia nella mappatura, tanto che la sua posizione esatta è stata rilevata solo nel 1969.
L’atollo, formata da cinque lingue di sabbia bianca adagiate su un anello di corallo, rimase disabitato fino al 1863, quando sbarcò il capostipite di tutti gli abitanti di Palmerston, William Marster.
Arrivò sull’isola, non si sa bene attraverso quali rotte, dall’Inghilterra. Partì dal Regno Unito (lasciando una moglie e due figli) forse per partecipare alla corsa all’oro in California. Poi si imbarcò su navi baleniere che incrociavano nelle acque della Nuova Zelanda.
William Marster
Finché non arrivò a Tahiti, intorno al 1859, dove pare vivesse in condizioni di estrema indigenza, nonostante avesse sposato la figlia di un capo di una delle Isole Cook. Accettò quindi con entusiasmo l’incarico di custode a Palmerston, affidatogli dall’allora proprietario dell’isola, un commerciante scozzese di nome John Brander, che due volte l’anno passava a ritirare l’olio di cocco.
Non arrivò da solo Marsters, ma con sua moglie e due cugine di lei, che poi sposò. Tra pesca, nuoto e raccolta di noci di cocco, nacquero 23 figli, e poi nipoti e pronipoti. Oggi, qualcuno ha calcolato che sono circa un migliaio i discendenti di William, ma solo una sessantina di loro vive ancora sull’isola.
Marster con la sua famiglia – data sconosciuta
Prima di morire, Marsters divise l’isola tra le tre distinte famiglie nate da ciascuna delle sue mogli, e ancora oggi la sua volontà viene rispettata. Nel 1954 l’atollo divenne proprietà dei suoi discendenti, anche se rimane formalmente sotto il controllo della Nuova Zelanda.
Palmerston dal satellite
Fonte immagine: NASA/pubblico dominio
E se arrivare a Palmerston è difficile, ripartire lo è ancor di più: un ex comandante della Royal Navy, Victor Clark, naufragò sull’atollo durante un viaggio durato circa sei anni, negli anni ’50. Rimase sull’isola per nove mesi, riparando l’imbarcazione con l’aiuto degli abitanti, e poi definì quel periodo “il momento migliore della sua vita”. La figlia ha deciso di spargere le sue ceneri proprio lì, in quella laguna incantata, ed è partita nel 2012 per un lunghissimo viaggio dal Devon fino alla fine del mondo. Un giornalista della BBC, autore di un bel reportage su Palmerston, racconta che dopo un anno era ancora lì…
Se volete fare un giro a Palmerston, almeno virtuale, potete visitarla con questo video di un paio d’anni fa: