“L’isola dei morti” di Böcklin: l’enigmatico quadro che stregò Adolf Hitler

In una foto datata 12 novembre del 1940 vediamo tre personaggi che discutono. Di spalle rispetto all’obiettivo, con i capelli lucidi di brillantina, c’è il Ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop, alla sua sinistra, con gli occhiali tondi, c’è il Presidente dei Commissari del Popolo russo Vjačeslav Molotov. A destra, inconfondibile, il Führer del Terzo Reich, Adolf Hitler.

I tre sono nello studio della Cancelleria del Reich, il motivo dell’incontro è la rettifica e la messa a punto del Patto Molotov-Ribbentrop, il trattato di non aggressione fra il Reich e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, firmato nell’agosto del 1939.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Si tratta di un patto tra diavoli, il cui scopo per entrambe le parti in causa è quello di prendere tempo e allargare il proprio potere territoriale prima della svolta finale. È un gioco d’azzardo, un equilibrio apparente tra due totalitarismi in attesa della prima mossa utile allo scacco matto.

Nella foto, i tre conversano tra loro. Dalle loro parole dipende il destino di milioni di persone. Alle loro spalle, attaccato alla parete sullo sfondo, vediamo un quadro: si tratta dell’Isola dei morti del pittore Arnold Böcklin, il quadro preferito di Hitler.

Dal 1880 al 1886 l’artista realizzò cinque versioni del dipinto che inizialmente aveva intitolato Die Gräberinsel, L’isola dei sepolcri. Il titolo Die Toteninsel, L’isola dei morti, venne attribuito all’opera dal mercante d’arte Fritz Gurlitt nel 1883.

La prima versione dell’opera:

Il quadro per come lo conosciamo fu commissionato da una nobildonna tedesca, Marie Berna, che aveva chiesto a Böcklin di realizzare un dipinto in commemorazione del defunto marito Georg Von Berna, morto di difterite quindici anni prima. Marie Berna rimase molto colpita da un’opera che il pittore esponeva nel suo studio a Firenze, si trattava della prima versione che era stata commissionata dal mecenate Alexander Günter. La vedova Berna disse di volere un quadro “per sognare” e quel quadro, effettivamente, nella sua statica pace aveva qualcosa di onirico. Chiese però che venisse fatta una modifica, ovvero che venisse aggiunta una bara traghettata verso l’isola.

Böcklin aveva avuto a che fare con la morte. La perdita di sei dei suoi dodici figli lo avvicinava più di chiunque altro a quella pace onirica che la nobildonna cercava nel quadro. Il risultato fu una delle opere più enigmatiche mai dipinte il cui intento era una meditazione sull’aldilà. Un’isola rocciosa in mezzo ad acque immobili solcate da una piccola imbarcazione che trasporta una bara e una figura in piedi, avvolta in un sudario. Ipnosi, silenzio, sussurro. Era il capolavoro assoluto del simbolismo tedesco. L’artista decise di inserire la bara anche nel primo quadro, quello che aveva colpito Marie Berna.

Seconda versione dell’opera:

L’artista scrisse in una lettera alla sua committente: Mercoledì scorso ho terminato “L’isola dei morti”. Lei vi si immergerà sognando, in questo oscuro mondo di ombre, fino a credere di aver sentito il soffio lieve che increspa la superficie del mare, fino a voler distruggere il solenne silenzio con una parola detta ad alta voce.”

Il quadro, famoso per aver provocato in più di uno spettatore la Sindrome di Stendhal, ebbe subito un ampio successo e il pittore realizzò le successive versioni su commissione di privati e musei.

In molti furono affascinati dal suo potere ipnotico.

Gabriele D’Annunzio, dopo averlo visto, ne volle una riproduzione nella sua camera, e nel giardino della sua villa sul lago di Garda piantò cipressi sull’esempio di quelli che popolano l’isola misteriosa.

Sigmund Freud, che pare possedesse più copie del dipinto, ci vide la proiezione figurativa dei desideri latenti, inconsci come i sogni.

Il quadro era in grado di evocare stati d’animo diversi a seconda della visione della vita e della morte dello spettatore.

Terza versione dell’opera:

Per la sua iconografia, che affonda le radici nella tradizione antica greca e romana sulla visione dell’aldilà e per i suoi rimandi esoterici legati alle teorie dell’occultista Swedenborg sulle connessioni tra vita reale e sogno, l’opera incarnò nella mente dei nazionalisti tedeschi il simbolo dell’arte germanica.

La terza versione del dipinto, realizzata nel 1883 per il mercante Gürlitt, che mostra nella parete rocciosa a destra la firma dell’autore “A.B.”, finì all’asta nel 1936. A fare la sua offerta, comparve tra gli sguardi sbigottiti dei presenti, il Führer in abiti civili, che era ormai ossessionato dall’opera e voleva possederla a tutti i costi.

La quarta versione dell’opera:

Si tratta del quadro che vediamo nella foto con Molotov e Ribbentrop.

Sul finire del mese di aprile del 1945 ormai per la Germania tutto è perduto, Berlino brucia e la notte tra il 29 e il 30 aprile Hitler sposa la sua compagna Eva Braun all’interno del Führerbunker. Alle 15,30 del 30 aprile del 1945, Hitler si spara nella stanza in cui custodiva il quadro a cui tanto teneva.

La quinta versione dell’opera:

Il 2 maggio i sovietici occupano la Cancelleria, scendono all’interno del bunker e si fermano davanti al dipinto. È cupo, misterioso. Decidono di prenderlo come bottino di guerra. L’isola dei morti resta a Mosca fino al 1979, quando viene acquistato e riportato a Berlino. Oggi può essere ammirato in una sala espositiva alla Alte Nationalgalerie.

Note sulle versioni dell’opera:

Prima versione: quella a cui la barca è stata aggiunta successivamente, oggi nel Museo d’Arte di Basilea.

Seconda versione: quella realizzata per la vedova Marie berna, oggi al Metropolitan Museum of Art di New York

Terza versione: quella appartenuta a Hitler, oggi alla Alte Nationalgalerie di Berlino

Quarta versione: distrutta dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale

Quinta versione: oggi al Museum der Bildenden Künste di Lipsia


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