L’estinzione degli Awà in Amazzonia: il Genocidio evitabile del governo Brasiliano

In alcune delle zone più remote e ricche di bellezze naturali del globo, la gente vive felicemente senza elettricità, fast food e notti da sballo, ma il loro stile di vita e la loro stessa sopravvivenza sono in pericolo. Circa 100 tribù vivono in Brasile nel bacino amazzonico, che é da sempre la loro casa; tra queste ci sono gli indigeni Awá, che hanno adottato uno stile di vita nomade, intorno al 1800, per evitare le incursioni che gli europei facevano nella giungla. Oggi il loro stile di vita è minacciato, soprattutto dalle industrie petrolifere. Si stima che circa 350 indigeni Awá vivano in Brasile, e 100 di loro sono considerati “isolati”: hanno scelto di vivere separatamente dal grande insediamento riservato alla tribù. Ma negli ultimi tempi questi mondi stanno convergendo, e non per scelta. Tre Awà isolati sono entrati in contatto con una tribù Awá nel gennaio 2015, dopo aver sentito funzionare delle motoseghe e avere visto dei camion intorno al loro accampamento. La tribù isolata è preoccupata per la propria sopravvivenza, e a ragione. Nel 2011, una giovane ragazza Awá è stata bruciata viva da taglialegna illegali mentre si trovava fuori dal suo villaggio, nella zona-protetta di Maranhão. Questo incidente non è isolato: taglialegna illegali e allevatori sono spesso responsabili della morte di numerosi membri di tribù indigene, e della scomparsa dei loro villaggi. In Brasile la lotta per la terra é diventata molto violenta, ma cosa é stato fatto per garantire la sopravvivenza delle tribù indigene?

Tutto inizia, forse paradossalmente, con la voglia di crescere del paese. Nel 1964, il governo brasiliano ha approvato una legge per favorire lo sviluppo della regione amazzonica: ha dato il diritto alla terra a coloro che la coltivano, o producono su di essa: chiunque dimostri un “uso efficace” della terra per un anno e un giorno, (che per il governo brasiliano significa “ripulire” vaste aree di foreste, anche da coloro che le abitano da sempre), con la creazione di pascoli per il bestiame, può rivendicare la terra come propria.

In altre parole, la terra diventa di proprietà di chi intraprende attività di produzione su larga scala (o di chi ha il potere di corrompere i giudici per avere la concessione). Questo tipo di rapporto con l’ambiente é in evidente contrasto con la concezione delle tribù native sull’uso del suolo: questo significa che per le popolazioni indigene sarebbe davvero difficile convincere il governo brasiliano che fanno un “uso efficace ” della terra, e che pertanto é la loro.

Grazie a questa legge sull’uso commerciale del territorio, gli allevatori hanno disboscato aree tradizionalmente abitate da tribù indigene. Gli allevatori usano i terreni come pascoli per il bestiame, ma questi diventano improduttivi entro 10 anni. “Rivitalizzare” il pascolo infertile sarebbe troppo costoso, e questo spiega perché il 50 per cento delle terre occupate viene poi abbandonata, e perché gli allevatori si spingano sempre di più verso l’Amazzonia, nel perseguimento del profitto.

Nel 1982 il Brasile ha ricevuto un prestito di 900 milioni di dollari dalla Banca mondiale e dall’Unione europea, a condizione che le terre degli indigeni fossero individuate e protette. I funzionari brasiliani non hanno prestato molta attenzione a questa clausola, e in primo luogo hanno utilizzato i fondi per costruire una ferrovia nelle montagne della Serra do Carajas, dove una società mineraria statale estrae il ferro. Questa ferrovia attraversa i territori di caccia Awá, esponendo la tribù a violenze e malattie.

Il governo è stato molto lento nel rispondere alle esigenze di demarcazione tribali, e solo con la pressione esterna di gruppi di difesa, come Survival International il governo brasiliano ha ottemperato alle condizioni del prestito. Le terre degli Awá sono state delimitate nel 2003, ma sono trascorsi anni prima che il governo prendesse provvedimenti contro l’invasione del loro territorio. Sotto la pressione delle ONG per i diritti degli indigeni, e con manifestanti che hanno bloccato le dighe e organizzato marce di protesta, il Brasile alla fine ha accettato di mandare i militari per proteggere adeguatamente le terre tribali Awá, ed espellere gli intrusi, nel 2014.

Il FUNAI (Fundação Nacional do Índio), organizzazione governativa, sta collaborando con i militari per eliminare dalle terre indigene gli agricoltori illegali, che riceveranno dal governo brasiliano altri territori.

Queste soluzioni funzionano per ora, ma quale sarà il destino degli Awá quando l’operazione finirà? Un terzo delle loro terre tribali nel Maranhão è già stato distrutto. Quanto ne rimarrà quando i militari andranno via?

La nomina di Katia “Chainsaw Queen” Abreu come ministro dell’Agricoltura preoccupa gli ambientalisti, perché la Abreu è a favore dell’allentamento delle protezioni forestali, e vorrebbe più strade e dighe in tutto il bacino, per generare una certa crescita economica a breve termine, e fornire energia a basso costo. Ma a lungo termine, i costi sia umani che ecologici, saranno incredibilmente alti.

Il FUNAI stima che 113 tribù vivano isolate nella giungla amazzonica. Se la risposta del governo brasiliano ai bisogni della gente Awá sarà lenta, la scomparsa di questi indigeni è imminente.


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