Nella ventosa insenatura (loch in gaelico) di Gruinart, durante il periodo ribattezzato in Scozia come “Linn nan Creach – Gli Anni delle Faide e delle Scorrerie”, avvenne una battaglia dai tratti soprannaturali come se si fosse ancora ai tempi dell’omerica Iliade.
Gli avversari che si affrontarono appartenevano a due clan un tempo alleati ma, dal ‘500, divenuti acerrimi nemici: i MacDonald di Dunyveg-Antrim (soprannominati I Re delle Isole) e l’altro i MacLean di Duart (Gli Spartani del Nord).
Il contrasto era nato per il possesso del Rhinns of Islay, una vasta penisola nella parte sud-ovest dell’isola di Islay da secoli in mano ai MacDonald. Alla fine del ‘500 si ritrovarono a parlamentare due capi-clan abbastanza diversi. Il capo dei MacDonald, a nome James, era ancora un giovane che doveva farsi le ossa e dimostrare al mondo chi fosse, invece i MacLean erano capeggiati da un leader affermato come Lachlan Mor “Il Grande”.
Non solo era un grande guerriero per l’imponenza della sua stazza e la maestria con cui maneggiava le armi, ma aveva dimostrato di essere anche un abile uomo politico in grado di tessere astute alleanze, accompagnando il tutto con un’insaziabile brama di potere e un esplosivo dinamismo. Nella battaglia di Glenlivet (brandendo una grossa ascia danese a doppia lama) ricevette lodi da amici e nemici per il coraggio che aveva mostrato nel continuare a tenere la posizione anche quando la maggioranza degli altri contingenti alleati stava fuggendo dal campo.
Nell’estate 1598 i due capi clan (curiosamente Lachlan era lo zio di James, figlio di sua sorella) decisero d’incontrarsi nel Loch Gruinart, nell’isola di Islay, per accordarsi una volta per tutte sul possesso di alcune aree dell’isola, mettendo così una pietra sopra a decenni di spargimenti di sangue. Fra i due la fiducia era poca, scossa da recenti colpi bassi fatti l’uno nei confronti dell’altro.
Sotto, il paesaggio del Loch Gruinart, fotografia di Camster condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
C’era la consapevolezza che un meeting del genere sarebbe potuto degenerare in aperta violenza perché in simili discussioni, fallendo spesso la diplomazia, la parola sarebbe passata immediatamente alle lame.
La battaglia che ne derivò non fu un fulmine a ciel sereno che sorprese le due fazioni (come certe fonti sostengono). Nelle Highlands scozzesi tutto si sistemava più agevolmente col ferro, e la lingua gaelica si sarebbe rivelata più utile in seguito quando si sarebbero narrate le performance dei guerrieri. Quindi, per precauzione, entrambi i leader si sarebbero presentati a parlamentare con centinaia di clansman (guerrieri del clan) equipaggiati a dovere.
Lachlan Mor – secondo costume dei capi MacLean prima di mettersi in viaggio per un’importante spedizione – andò a consultare le celebri Doideagan Muileach “Le Streghe di Mull”, che già in passato lo avevano aiutato. Lo ammonirono a non fare assolutamente tre cose.
- Primo, non doveva sbarcare a Islay di giovedì;
- Secondo, una volta messo piede a terra, non doveva bere da una fonte a nome Tobar Neill Neonaich;
- Terzo, non doveva combattere a Loch Gruinart altrimenti sarebbe stato ucciso
Inoltre prima di salpare, sempre secondo tradizione, avrebbe dovuto girare tre volte in senso orario attorno a una spiaggia su una piccola isoletta nel Loch Spelvie (Mull) per invocare l’aiuto divino. Lachlan Mor, convertitosi da poco al Protestantesimo e riscontrando in questa pratica una superstizione di matrice cattolica (in verità una credenza precristiana simile a tante altre nelle Highlands), al contrario decise di compiere il giro in senso antiorario.
Era il Grande Lachlan e poteva farsi beffe delle forze soprannaturali
Si predispose l’arrivo della flotta a Islay per mercoledì 4 agosto (James, vivendo sull’isola, si trovava già sul posto), ma il tempo nelle Isole Ebridi era sempre un’incognita, con improvvise tempeste che mandavano in fumo calcolati piani di sbarco. Incappò infatti in una forte burrasca e mise piede sulla sponda occidentale di Loch Gruinart di giovedì.
Il primo “divieto” era stato infranto
I MacLean si recarono così al luogo d’incontro col capo MacDonald ma Lachlan, a un certo punto, assetato per il viaggio e per il bollore che gli procurava la pesante armatura, bevve da una fonte non lontano dal villaggio di Ardnave. Era un’antica polla d’acqua considerata sacra, zampillante da un terreno paludoso e che, malauguratamente, si chiamava “La Fonte del Bizzarro Neill”.
Anche il secondo ammonimento era andato a vuoto
In tal modo, per le oscure regole dell’occulto, il destino del potente capo-clan era ormai segnato. A meno che a Loch Gruinart non venissero sguainate le spade. Non si è mai saputo se Lachlan e James ebbero modo di discutere o se, giunti in vista, cogliendo al volo l’impossibilità di addivenire a un’intesa per la lontananza delle rispettive richieste e per l’odio accumulato si fossero predisposti senza indugi a battaglia. Ad ogni modo, le rivendicazioni si sarebbero decise con la violenza.
La descrizione dello scontro non può essere fedele non esistendo materiale storico accertato ma, nonostante simili difficoltà, è possibile ricostruire approssimativamente gli eventi. E’ necessario premettere che i “Mac” di ambo le parti ammontavano a oltre un migliaio ed erano eccellenti combattenti, contando gli Spartani del Nord su veterani e gli avversari su esperti guerrieri distintisi in Irlanda. Poco prima che iniziassero le ostilità, secondo la leggenda, il capo MacLean venne avvicinato da uno strano essere conosciuto come l’Elfo Nero (una sorta di folletto) che si presentò con il nome di Shaw e che, essendo un arciere provetto, sarebbe stato onorato di poter offrire i suoi servigi al potente Lachlan. Questi, dopo averlo squadrato da capo a piedi, non lo ritenne all’altezza dei suoi uomini e in più, provando un certo disagio in sua presenza, non si fidava dei suoi modi ambigui. Perciò il piccoletto, gravemente offeso dal rifiuto, se ne andò in direzione opposta per combattere al fianco dei MacDonald e rifarsi dell’affronto subìto.
Le due schiere avanzarono l’una contro l’altra quando James, a un dato momento, eseguendo una ritirata strategica, piegò verso una collina per indurre il nemico a credere in una disordinata fuga affinché lo inseguisse fiducioso della vittoria.
Sotto, un paesaggio tipico della Scozia del Nord. Fotografia di Riccardo dal Monte:
Nella mente del fiero Lachlan Mor un’azione del genere non poté che esser interpretata come la comprensibile paura del “piccolo” James nel dover affrontarlo. Abboccò così all’amo e, mettendosi alla testa dei suoi e sguainando platealmente la spada di modo che tutti lo vedessero, urlò:
Colui che vedrà il calar del sole potrà dire che questo acciaio ha fatto il suo dovere!
Poi, con uno sprezzante sorriso, puntando la lama verso il rilievo sul quale si stavano radunando gli avversari, aggiunse con tono di sfida: “Seguitemi! e lasciatemi salutare mio nipote nella sua elevata posizione con il dovuto rispetto”. Eccitati da tanta spavalderia i MacLean, senza pensar troppo a stratagemmi, si fiondarono in avanti più che sicuri di fare un sol boccone dei “codardi” MacDonald.
Tuttavia James aveva ordinato una finta ritirata per sorprendere Lachlan Mor con guerrieri sino ad allora nascosti alla vista – alleati dei MacDonald, come i MacAllister – che erano stati precedentemente dislocati su una collinetta. Comunque l’assalto MacLean risultò travolgente e, in pochi minuti, si ritrovarono padroni del campo anche se le forze nemiche non erano state distrutte ma si erano riposizionate su un altro rilievo.
A questo punto Lachlan Mor fece riprendere fiato ai suoi clansman e, forte della posizione guadagnata e conscio della nuova situazione che lo vedeva con meno uomini, vi si pose a difesa. E allora James, spalla a spalla coi suoi combattenti e con grande determinazione, alzò il braccio e diede il segnale d’attacco per sbaragliare i rocciosi avversari e, magari, uccidere di propria mano Lachlan.
Sarebbe stato lo scontro finale e non ci sarebbe stato più spazio per scaltre manovre. Il cozzo tra le due masse fu tremendo e il sordo stridere del metallo contro metallo rimbombava lungo tutto il Loch Gruinart. Nella spaventosa mischia spade e asce fecero magnificamente il loro orrido lavoro, asportando braccia e gambe con belluina ferocia.
Come al solito i due capi clan, con un manipolo dei migliori guerrieri, si affannarono per farsi largo tra le fila opposte in direzione l’un dell’altro per poter duellare e aver così la soddisfazione di risolvere la contesa direttamente. Una volta giunti a vedersi nel bianco degli occhi (riporta il folklore), alla lunghezza d’un braccio, accadde che a Lachlan Mor, proprio nel momento fatidico di sferrare il colpo, sopravvenisse un sussulto di affezione per quello che alla fin fine era suo nipote e gridasse: “A Shemish! A Shemish! A mhic mo pheàther fàg mo radhad!” – James! James! Figlio di mia sorella togliti dalla mia strada! – e calasse la sua spada sulla testa di un altro guerriero.
Ma, pochi istanti dopo, nella terribile confusione del corpo a corpo, Lachlan Mor stramazzò a terra. Cos’era successo? Si tramanda che il cainesco Elfo Nero, essendosi appostato prima del combattimento su un grosso ramo, aspettasse l’occasione giusta per prendersi la sua vendetta e scoccasse una freccia che colpì Lachlan in pieno viso, uccidendolo all’istante.
Gli stessi MacDonald non apprezzarono l’atto di viltà. I MacLean tuttavia, anziché perdersi d’animo come generalmente accadeva dopo la morte del capo, si batterono con furia ancora maggiore utilizzando il corpo esanime del capo come punto di raccolta. Lo scontro proseguì ancora per un po’ quando, a un certo punto, i vuoti tra gli Spartani del Nord si allargarono così paurosamente che diedero la possibilità agli avversari di infiltrarvisi.
Era la fine
Tutti i guerrieri di Mull rimasero sul campo e James MacDonald, malgrado lo strepitoso trionfo, non ebbe granché da festeggiare visto che, raggiunto dal ferro nemico, passò vari giorni tra la vita e la morte prima di scamparla.
Il destino del corpo di MacLean sembrò essere molto triste, essendo stato lasciato insepolto in attesa di marcire in questa landa desolata. Fortunatamente, tempo dopo, alcune donne (si presume appartenenti al suo clan) trovarono i suoi resti e li issarono su un carro per trasportarli al più vicino camposanto. Il sentiero, pieno di buche come ogni buon tracciato delle Highlands, faceva sobbalzare grottescamente la testa del morto che sporgeva fuori dal veicolo. E, ogni volta che si presentava un avvallamento, il conducente si voltava per farsi una risata. Fu una pessima idea. Infatti in una ballata gaelica si narra che una della donne, esasperata per l’ennesimo oltraggio recato all’amato leader, pugnalasse infine il conducente. L’eroica morte sul campo di battaglia di Lachlan è rimasta nel folklore di Islay con un pibroch (melodia) chiamato “Lamento per Sir Lachlan Mor”.
Sotto, il sepolcro del capo, fotografia di Mary and Angus Hogg condivisa con licenza Creative Commons 2.0 via Wikipedia:
Oggi la ventosa e selvaggia brughiera dove si svolse il combattimento è inclusa nella riserva naturale della Royal Society for the Protection of Birds, che si estende per un totale di 1600 ettari. E’ un luogo ideale per il birdwatching e attira ogni anno migliaia di appassionati soprattutto per le caratteristiche Oca dalla Facciabianca e Lombardella che, in ottobre, ritornano dalla Groenlandia per svernare. In questa oasi di pace sorprende notare un cairn (ammasso di pietre), recante una targa nella quale si commemora il sanguinoso scontro tra MacLean e MacDonald. Uno stridente contrasto tipico di queste terre remote dove bellezza e brutalità, guerra e pace, natura e uomo coesistono da migliaia di anni.