L’anello di Vyne o anello di Silvianus, è un anello d’oro, risalente probabilmente al IV secolo, scoperto da un contadino in un campo vicino a Silchester, nell’Hampshire, nel 1785. Originariamente di proprietà di un cittadino romano di nome Silvianus, venne apparentemente rubato da una persona di nome Senicianus, sul quale Silvianus affidò una maledizione a una tavoletta di defissione trovata a circa cento chilometri di distanza.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Dopo la sua casuale scoperta, l’anello divenne proprietà della famiglia Chute, probabilmente acquistandolo dal contadino scopritore, la cui casa di campagna era a Vyne, anch’essa nell’Hampshire, che è oggi proprietà del National Trust inglese.
Nel 1929, durante gli scavi del sito del tempio romano di Nodens a Lydney nel Glouchestershire, noto come “Dwarf’s Hill”, cioè “La collina del nano”, l’archeologo Sir Mortimer Wheeler scoprì una tavoletta che conteneva un maledizione per il portatore dell’anello. Mentre Wheeler si consultava con J. R. R. Tolkien sul nome del dio invocato nella maledizione, l’anello e il suo anatema potrebbero aver ispirato il famosissimo “Unico Anello” de Lo Hobbit e de Il Signore degli Anelli.
Fotografia di Julian Nyča condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
L’Anello
L’Anello di Silvianus è più grande della maggior parte degli anelli, ha un diametro di 25 millimetri e un peso di 12 grammi, il che indica che poteva essere indossato con un guanto o da un dito quasi ciclopico. La forma non è perfettamente rotonda ma costituisce un dodecagono, con una delle facce sormontata da un’immagine della Dea Venere. In un lato del quadrato dedicato a Venere ci sono le lettere “VE”, mentre dall’altro si legge “NVS”. Quando veniva usato per fare un sigillo, la testa e le lettere venivano scritte nel modo corretto:
VENUS
La parte esterna dell’anello è incisa con le parole “SENICIANE VIVAS IIN DE”, il che contiene un doppio errore perché la “i” viene raddoppiata e manca la “o” finale di Deo”, che costituirebbe una comune espressione dei Romani britannici “VIVAS IN DEO – VIVI IN DIO”.
La Scoperta della Maledizione
All’inizio del XX secolo di scoprì una placca in rame (tavoletya defixiones) in cui Silvianus, proprietario di un anello rubato, scaglia una maledizione contro colui che gli ha sottratto il tesoro. Qual è il nome del ladro? Senicianus, maledetto sino a quando non riporterà l’anello al tempio del Dio Nodens.
Fotografia di Simon Q condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
La maledizione riporta testualmente:
DEVO NODENTI. SILVIANVS ANILVM PERDEDIT DEMEDIAM PARTEM DONAVIT NODENTI. INTER QVIBVS NOMEN SENICIANI NOLLIS PETMITTAS SANITATEM DONEC PERFERA VSQVE TEMPLVM DENTIS
Che è traducibile pressappoco con:
“Per il dio Nodens. Silvianus ha perso un anello e ha donato metà del suo valore a Nodens. Fra coloro che portano il nome di Senicianus a nessuno sia concessa la salute fino a che non riporti l’anello al tempio di Nodens”
La divinità Nodens ha origini celtiche, e proprio riguardo quest’ultima Wheeler, nel 1929, si rivolse a Tolkien, in qualità di professore e linguista dell’università di Oxford. Sicuramente l’archeologo parlò con il celebre scrittore riguardo la sua maledizione nel dettaglio, e in molti ravvisano nell’anello, nella “collina del nano” dell’area archeologica di Lydney e nella maledizione di Silvianus ai danni di tutti i Senicianus il germe di un’idea destinata a diventare la saga fantasy più famosa al mondo.
Tolkien si ispirò a moltissimi racconti e fatti storici, non da ultimo certamente la storia “L’Anello di Gige”, di Platone. Lo Hobbit fu pubblicato nel 1937 mentre Il Signore degli Anelli nel 1954, molti anni dopo la scoperta dell’Anello di Vyne e dell’antica maledizione scritta in lingua latina.