Oro, argento, pietre preziose (ma anche incenso e mirra, scelti dai re Magi come omaggi per il neonato Messia) erano doni preziosi per sovrani e imperatori di tutto il mondo. Tra questi poteva esserci anche l’asbesto, un minerale straordinario e quasi prodigioso, degno di un re.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Come Carlo Magno, che amava stupire i suoi ospiti gettando nel fuoco, alla fine del banchetto, la bianca tovaglia da tavolo tessuta solo con fibre di asbesto.
L’imperatore era in collera, oppure riteneva la tela irrimediabilmente macchiata?
Niente di tutto questo perché, come per magia, davanti agli increduli commensali, la tovaglia non bruciava, e una volta tolta dalla fiamme appariva candida come la neve.
Asbesto del tipo Tremolite
Immagine di Tiia Monto via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0
Oggi l’asbesto è più conosciuto con il nome di amianto, un materiale che evoca malattie e morte, ma che nell’antichità era considerato prezioso.
Generalmente si pensa che l’amianto non sia di origine naturale, ma un prodotto artificiale sviluppato industrialmente per le sue proprietà isolanti. In realtà l’asbesto è un mix di minerali (del gruppo dei silicati) che in particolari condizioni formano dei sottilissimi cristalli fibrosi, praticamente inattaccabili dal fuoco ma estremamente tossici se inalati, quando si disperdono nell’aria in particelle microscopiche.
Amianto del tipo Antofillite
Immagine di pubblico dominio
L’amianto era conosciuto e utilizzato già in tempi molti antichi: 4000 anni fa in Finlandia serviva a rendere più resistente la ceramica, mentre qualche millennio dopo ne parla nel suo trattato “Sulle Pietre” il filosofo e botanico greco Teofrasto (371- 287 a.C.), discepolo di Aristotele, quando descrive uno stoppino fatto di amianto, rimasto acceso per molto tempo dopo che l’olio si era esaurito, in una lampada votiva della dea Atena. Erodoto invece racconta della consuetudine di tessere con fibre di amianto i teli funebri destinati a persone di alto rango, per non far mescolare le ceneri del defunto con quelle del legno usato per la pira.
Setose fibre di amianto su muscovite
Immagine di pubblico dominio
L’uso dell’asbesto era diffuso anche in Cina, almeno dando credito a un racconto che riguarda un generale della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.): sempre per stupire i suoi ospiti, il generale usava indossare una giacca tessuta con fibre di amianto, sulla quale rovesciava “senza volere” del vino. Simulando un attacco d’ira, gettava l’indumento sporco nel fuoco, recuperandolo dopo poco del tutto integro e senza l’ombra di una macchia.
Fibre di amianto dalla Val di Susa
Immagine di pubblico dominio
Più fantasiosa e suggestiva è l’interpretazione che fornisce Marco Polo (all’incirca nel 1250) riguardo a un indumento che sorprendentemente non bruciava nel fuoco, come la giacca del generale cinese o la tovaglia di Carlo Magno. Secondo il viaggiatore veneziano, al quale dobbiamo gran parte delle informazioni sull’Estremo Oriente dell’epoca, il tessuto non infiammabile era fatto con pelle di salamandra, “perché la vera verità è che la Salamandra non è una bestia, come affermano nella nostra parte del mondo, ma è una sostanza che si trova nella terra; e te ne parlerò.”
Marco Polo ha ragione, come dar credito alla convinzione occidentale, trasmessa attraverso i secoli (da Plinio a Paracelso, fino al moderno teosofo Steiner), che le salamandre vivessero nel fuoco?
Salamandra illesa nel fuoco, da un bestiario del 1350 circa
Immagine di pubblico dominio
“Tutti devono essere consapevoli che non può essere nella natura di nessun animale vivere nel fuoco, visto che ogni animale è composto da tutti e quattro gli elementi. Ora io, Marco Polo, avevo un conoscente turco di nome Zurficar, che era un tipo molto intelligente. E questo turco raccontò a messer Marco Polo come aveva vissuto tre anni in quella regione per conto del Grande Kaan, per procurargli quelle Salamandre. Ha detto che il modo in cui le hanno ottenute è stato scavando in quella montagna finché non hanno trovato una certa vena. La sostanza di questa vena veniva quindi presa e frantumata e, trattata in tal modo, si divide per così dire in fibre di lana, che hanno messo ad asciugare. Una volta asciutte, queste fibre venivano pestate in un grande mortaio di rame, e poi lavate, in modo da togliere tutta la terra e lasciare solo le fibre come fibre di lana. Queste sono state poi filate e trasformate in tovaglioli. Quando vengono fatti per la prima volta questi tovaglioli non sono bianchissimi, ma mettendoli sul fuoco per un po’ risultano bianchi come la neve. E così di nuovo ogni volta che si sporcano vengono sbiancati mettendoli nel fuoco”.
La confusione fra salamandre e fibre di amianto perdura per tutto il Medio Evo: il naturalista Conrad Gesner scrive che la salamandra ha una pelliccia lanosa, mentre Sir Thomas Browne afferma che “la lana di salamandra non appartiene a nessun animale, ma è una sostanza minerale” (Pseudodoxia Epidemica, 1646).
Tessuto di amianto
Immagine di LukaszKatlewa via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0
La conoscenza delle proprietà dell’amianto non impedì a qualche truffatore di approfittare della credulità di tanti ingenui: molte false reliquie vendute come frammenti della Croce di Cristo furono ritenute autentiche proprio per la loro incombustibilità.
Forse perché l’asbesto, per quanto reale nella sua appartenenza al mondo minerale, sembrava essere qualcosa di magico, legato al mondo esoterico delle salamandre “mitologiche” (non certo quelle reali, che ovviamente temono il calore) o di certi ratti che, secondo una leggenda, vivrebbero dentro i vulcani: la loro bella e lunga pelliccia è di un colore rosso fuoco, come le fiamme che li avvolgono e per ucciderli basta spruzzarli con qualche goccia d’acqua, che sorprendentemente rende bianco il loro pelo.
Cave di amianto in Quebec, 1876 circa
Immagine di pubblico dominio
Era una costante, a quanto pare, associare le fibre di amianto con qualche animale, che necessariamente presentava le stesse caratteristiche, ovvero l’essere incombustibile.
Una credenza inverosimile, ma che ben si adattava alla materia reale di cui è composto l’amianto, in un certo senso “innaturale”: tutte le fibre tessili provenivano (fino all’avvento di quelle sintetiche, usate solo da qualche decennio) dai regni animale e vegetale, ovvero da qualcosa di vivo. L’asbesto era l’unica fibra “prodotta” da una roccia, di consistenza dura per definizione. Il biologo del 18° secolo Charles Bonnet ipotizza addirittura che l’asbesto sia l’anello di congiunzione tra materia inanimata e materia vivente, perché è quasi surreale osservare delicatissime fibre simili alla seta all’interno di una dura roccia.
Il fatto che quei bellissimi filamenti si siano rivelati estremamente tossici per l’uomo è argomento da trattare a parte: il dramma di migliaia e migliaia di lavoratori morti per asbestosi e diverse forme di cancro mal si concilia con gli scherzi di Carlo Magno e con le salamandre che vivono nel fuoco.