È la vigilia di Natale del 1971 quando Juliane Koepcke, che all’epoca ha 17 anni, sale sul Volo LANSA 508, partito da Lima con destinazione Pucallpa, in Perù. La accompagna sua madre Maria, che è una biologa come il marito, Hans-Wilhelm Koepcke, che le aspetta a Panguana, la stazione di ricerca nel mezzo della foresta amazzonica dove lavorano i due studiosi. Le donne si sono fermate a Lima per la cerimonia del diploma della ragazza e hanno prenotato un volo con una compagnia nazionale, la Lineas Aéreas Nacionales Sociedad Anonima, contro il volere del padre, che era restio a farle viaggiare su aeroplani tanto malandati.
Il percorso che doveva compiere l’aeroplano, immagine via Wikipedia:
Ad appena dieci minuti dal decollo una turbolenza inizia a disturbare i passeggeri, che sono 86, i quali vengono rassicurati dai membri dell’equipaggio, in tutto altre 6 persone. I passeggeri non lo possono sapere ma sono capitati in una tempesta, e nonostante le condizioni dell’aeroplano il comandante decide di proseguire il volo.
Si rivelerà una pessima scelta
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
All’improvviso il velivolo viene investito da una luce intensissima: un fulmine colpisce la carlinga, Juliane sente sua madre dire “Questa è la fine, è tutto finito“, e in un attimo si trova sbalzata fuori dall’aereo, che si sta letteralmente sgretolando in pezzi.
FAA Lockheed L-188 Electra N111. Immagine via Wikipedia:
Non sappiamo cosa abbia pensato in quelle decine di secondi che le sono stati necessari per raggiungere il suolo, ancora attaccata al suo sedile, ma i 3.000 metri di quota che ha coperto piangendo e gridando disperata devono esser stati gli attimi più intensi della sua vita.
Per il resto del mondo erano passati circa 42 secondi, per Juliane tutta una vita
Al momento dell’impatto al suolo la ragazza si rompe una clavicola, si ferisce a un occhio, si squarcia un braccio e riporta numerose escoriazioni in tutto il corpo, ma è viva. Istintivamente inizia a chiamare sua madre: “Mamma – Maria”, ma nulla.
Il silenzio regna sovrano
Con sé non ha nulla e non ci vede molto bene. Ancora semi bloccata al sedile e dolorante per le ferite tasta il terreno con la scarpa. La fortuna è dalla sua, non incontra serpenti. Lentamente si alza e vede un fiume, dove si immerge. Juliane sa che ora deve cercare di non morire e, seppur sola e spaventata, è consapevole che deve sforzarsi di mantenere la mente lucida. Suo padre le ha insegnato alcune nozioni di base per casi come questo, e lei le mette in pratica.
Un LANSA Lockheed L-188 Electra nel 1968, simile al velivolo dell’incidente, sempre della Lineas Aereas Nasionales Sociedad Anonimas. Immagine via Wikipedia:
Mangia quel che trova, si arrangia come può e cammina lungo il fiume con la speranza di trovare una traccia di altri uomini. Nel mentre la natura fa il suo corso. Le ferite della ragazza si infettano e lo squarcio sul braccio si riempie di vermi che non le danno tregua. Juliane continua a camminare e sul suo percorso trova alcuni cadaveri che vengono dal suo stesso aereo, passeggeri che sono precipitati come lei ma che non ce l’hanno fatta. I resti sono divorati dagli avvoltoi, un macabro destino che rischia di diventare una realtà anche per Juliane se non trova alla svelta un insediamento umano.
Ma nel mezzo della foresta Amazzonica trovare altri uomini è come cercare un ago in un pagliaio
Passano i giorni, i vermi sono sempre più numerosi e non le danno tregua, mentre gli insetti la tormentano senza lasciarla dormire. Juliane continua a camminare lungo la riva del fiume. Dopo una decina di giorni di tormenti, ormai allo stremo delle forze, la ragazza vede una barca solitaria che galleggia alla deriva.
Juliane in un primo momento crede sia un miraggio, ma quando riesce a toccare la barca riceve una scarica di adrenalina che la sveglia e le dà speranza di uscire fuori da quell’incubo. Segue un sentiero che ha appena scorto e lì trova una capanna e una tanica con un litro di benzina. Ormai mangiata dai vermi si ricorda che suo padre, per curare il cagnolino di casa dai parassiti, aveva versato del kerosene sulla zona interessata. Juliane si versa quindi della benzina sulla ferita nel braccio, che brucia dannatamente, ma mette in fuga i vermi, liberandola da quel supplizio insopportabile. Decide di passare la notte nella capanna e il giorno dopo viene svegliata dalla voce di alcuni uomini.
Stordita, tra veglia e sonno, le sembrano voci di angeli, ma sono falegnami del posto; ritornati alla capanna, si sono accorti di lei e hanno smesso di parlare tra di loro, la osservano in silenzio perché credono sia una divinità fluviale, un ibrido tra un delfino e una donna bionda dalla pelle chiara. Per fortuna parlano lo spagnolo e riescono a comunicare.
La ragazza viene portata in canoa all’insediamento più vicino, poi da lì in aereo sino a un’ospedale dove viene curata, ristabilendosi perfettamente. Ma il suo compito non è finito. Deve tornare con i soccorritori sul luogo del disastro per tentare di capire se ci siano altri sopravvissuti. In mezzo alla foresta Amazzonica vengono trovati i resti dell’aeroplano, che era stato assemblato unendo più parti di altri velivoli, e oltre all’alluminio e al ferro tanti cadaveri. Sono 91, ma si scopre che 11 di loro erano sopravvissuti all’impatto, morendo soltanto in seguito di fame e stenti. Fra i morti per l’impatto viene trovata anche Maria, la madre di Juliane, il 12 Gennaio 1972.
Come è sopravvissuta Juliane?
Juliane Koepcke nel 2014, fotografia via Wikipedia CC BY-SA 2.0:
Le speculazioni sulla sopravvivenza da un impatto così devastante sono diverse, ma l’opinione degli esperti verte ormai su una singola soluzione. Al momento del distacco dall’aeroplano Juliane si trovava su una fila di sedili da tre posti, al centro. La grande superficie delle sedute probabilmente rallenta la velocità di caduta, così come alcune correnti ascensionali, e l’impatto al suolo risulta meno devastante del normale grazie alla fitta vegetazione, che fa quasi da materasso.
La sopravvissuta in un’intervista racconta di aver avuto a lungo incubi su quanto accaduto, ma soprattutto il pensiero la riporta a sua madre. E ogni volta la perseguita sempre la stessa domanda, tipica delle persone scampate a questo tipo di disastri: “Perché sono l’unica sopravvissuta?”
Dopo esser tornata in Germania, nel 1980 Juliane si laurea in biologia all’università di Kiel, dove si erano laureati i genitori, e compie numerosi studi sui mammiferi, in particolare sui pipistrelli. Quando nel 2000 muore suo padre, Juliane assume la direzione del centro di ricerca di Panguana, nel luogo che aveva tentato di raggiungere 30 anni prima. Oggi, a quasi 70 anni, è una libraia presso la Collezione statale bavarese di zoologia a Monaco di Baviera.
Dall’episodio sono tratti diversi film e libri. Una produzione a basso costo con regista l’italiano Giuseppe Maria Scotese si chiama “Miracles Still Happen”, di cui trovate il trailer sotto:
Molto più interessante è il documentario girato da Werner Herzog, Wings of Hope, che trovate in versione integrale su YouTube. La produzione è stata davvero accorata perché Herzog, che si trovava in quel Dicembre del 1971 alle prese con la produzione di “Aguirre, furore di Dio”, doveva prendere il volo LANSA 508, cambiando programma soltanto all’ultimo minuto. Sotto è visibile la prima parte del documentario: