Tu prova a essere un genio precoce in un’Età che non apprezza i talenti come il tuo, e a consumare tutta la tua breve vita nel rimpianto di essere nato troppo presto. Un’introduzione così sembra un verso di una canzone di De Andrè e, in effetti, stiamo parlando di qualcuno che De Andrè, come tanti altri, in gioventù ha sicuramente letto e apprezzato. E di cui ha risentito molto l’influenza, forse deliberatamente, forse inconsapevolmente. Perché in tutti i campi ci sono sempre talenti che lasciano un segno indelebile e duraturo, tale che, dopo di loro, nulla sarà più come prima di loro.
Il genio di cui stiamo parlando oggi è John Keats, poeta dalla grande sfortuna in vita e dalla immensa (e meritata) fortuna postuma, anche se non tutti se ne rendono conto. I ragazzi che devono studiarlo nei programmi di Inglese nell’ultimo anno di scuola superiore lo trovano quasi sempre pesante, forse perché gli viene proposto in un’età in cui hanno sempre fretta e non si soffermano abbastanza sulle cose che hanno davanti per catturarne la sostanza. Altrimenti si renderebbero conto che moltissimi poeti moderni che idolatrano (se hanno vasti orizzonti culturali) e sicuramente tutti i parolieri delle canzoni che ascoltano e imparano (se la cultura non gli interessa) devono tantissimo a Keats. È veramente difficile, oggi, leggere o ascoltare dei versi che non contengano qualcosa che non sia precedentemente passato per Keats, che non si richiami in qualche modo a qualche opera di Keats.
John Keats ritratto da William Hilton
Dunque, restituiamo a questo “giovane favoloso” il posto di riguardo che merita nelle nostre vite, anche se non siamo particolarmente amanti della poesia o della letteratura inglese.
Un’operazione del genere è già stata tentata diverse altre volte, seguendo varie vie. Uno dei tentativi meglio riusciti è quello della regista Jane Campion, che nel 2009 gli ha dedicato un bel film, che prende il nome da una delle sue ultime e maggiori opere, “Bright Star”. Questo sonetto è sicuramente dedicato e ispirato alla figura della donna che Keats avrebbe voluto sposare, Fanny Brawne (ma forse, in precedenza, anche a un’altra), e la Campion sceglie proprio il punto di vista di Fanny (una ragazza istruita e intelligente, ma prigioniera delle convenzioni della società del tempo) per mostrare gli ultimi anni di Keats e la fiammata creativa che li caratterizzò.
Sotto, il trailer di Bright Star:
Anche se questo film non è perfetto e ha ricevuto alcune critiche per aver romanzato esageratamente la vicenda e per aver sminuito alcune figure chiave della biografia di Keats per accrescere l’importanza di Fanny, ha alcune qualità che non passano inosservate, come l’accorata interpretazione di Ben Winshaw nel ruolo del poeta o i lunghi titoli di coda, sotto i quali non c’è alcuna musica, bensì la voce di Winshaw che declama appassionatamente le opere principali di Keats (nella versione italiana lo fa altrettanto bene il suo doppiatore, Edoardo Stoppacciaro).
Il rapporto tra Keats e l’amore fu sempre molto tormentato. Il poeta era un ragazzo atletico (almeno finché la salute non si deteriorò) e attraente, ma molto piccolo di statura (152 cm), fatto che gli provocava non pochi complessi di inferiorità. Non si sa molto della sua vita sentimentale fino alla primavera del 1817, quando fece la conoscenza di una ragazza di talento e appassionata lettrice, Isabella Jones, per la quale concepì una profonda passione che fu anche corrisposta. I due divennero anche molto intimi e, sulla base di quanto è riportato sulle lettere di Keats (che, per le convenzioni del tempo, dovevano per forza essere discrete, ma contengono riferimenti espliciti alla loro intimità) agli amici, i biografi pensano che questo rapporto sia andato parecchio oltre la semplice attrazione platonica. Anche se successivamente i due finirono per allontanarsi, non si dimenticarono mai, tanto che la Jones fu tra le prime persone a ricevere la notizia della scomparsa di Keats. È possibile che la prima redazione di “Bright Star” fosse dedicata proprio alla Jones.
Ritratto di un giovane Keats eseguito da un autore anonimo:
Il grande amore nella vita di Keats fu, però, come abbiamo accennato, Fanny Brawne, nata nel 1800, che il poeta incontrò per la prima volta alla fine del 1818. La famiglia della Brawne apparteneva alla stessa classe sociale di quella di Keats, ma in condizioni economiche molto migliori, e la famiglia di lei la spingeva ovviamente verso un matrimonio che le migliorasse ulteriormente. Nonostante questo, tra i due nacque una intensa passione, resa ancora più vivida e disperata dalle condizioni difficili in cui dovette svolgersi. Nonostante tutti i problemi che si abbatterono su Keats, fino all’ultimo, entrambi sperarono di potersi sposare. Sembra tuttavia che il loro rapporto non sia stato mai consumato e che lo struggimento per l’impossibilità di vivere pienamente il suo amore per Fanny sia stato tra le cause principali che deteriorarono la salute di Keats (il poeta irlandese William Butler Yeats, premio Nobel nel 1923, che idolatrava Keats, gli dedicò una poesia in cui lo pianse morto “il cuore e i sensi inappagati”).
Ambrotipo di Fanny Brawne realizzato nel 1850 circa:
La vicenda umana di Keats è caratterizzata sicuramente dalla malasorte ma anche da non poche scelte sbagliate, per non parlare delle circostanze in cui il poeta fu deliberatamente danneggiato da qualcuno. Era il primo dei cinque figli di una coppia che gestiva una locanda a Moorgate, in un’area che al tempo della dominazione romana segnava una delle porte d’ingresso alla città, mentre oggi fa parte del suo semicentro, e nacque il 29 ottobre 1795.
Benché si rivelasse subito molto dotato, la sua famiglia non poteva permettersi di mandarlo a studiare in scuole prestigiose come Eton o Harrow, ma la scuola in cui compì i suoi primi studi, gestita dal professor John Clarke, aveva un curriculum molto moderno e liberale che lo stimolò ad ampliare i propri interessi. Purtroppo i genitori di Keats morirono entrambi prematuramente: il padre per gli effetti di una caduta da cavallo, nel 1804; la madre, che nel frattempo si era risposata ma aveva lasciato il nuovo marito dopo una breve convivenza, di tubercolosi nel 1810.
I quattro figli (uno era morto nell’infanzia) furono così affidati alla nonna e a una serie di amministratori, che non si comportarono correttamente con loro, poiché nessuno di essi informò i ragazzi della consistente eredità lasciata dai genitori, che i ragazzi stessi avrebbero potuto richiedere alla maggiore età. Keats e i fratelli furono quindi afflitti per tutta la vita da difficoltà economiche che avrebbero potuto benissimo risparmiarsi solo facendo valere i propri diritti, se ne fossero stati al corrente. Keats poi rese la sua situazione personale ancora più difficile sia investendo molti soldi per una formazione professionale che non mise mai a frutto, sia per curare la lunga malattia del fratello Tom, sia per aiutare il fratello George a emigrare negli Stati Uniti e sia per aiutare con piccoli prestiti gli amici che si trovavano in difficoltà peggiori delle sue e che non gli restituirono quasi mai nulla.
Insomma, pagò il conto della sua generosità e della sua devozione agli affetti
Spinto dai nonni e dagli amici, Keats si preparò la strada per intraprendere una professione liberale. Terminata la scuola nel 1810, iniziò un periodo di apprendistato presso il chirurgo londinese Thomas Hammond; terminato questo, nel 1815, si iscrisse al Guy’s Hospital (che oggi appartiene al King’s College di Londra) per completare gli studi di medicina. L’anno successivo conseguì una “licenza” che, pur non essendo equivalente a una laurea universitaria, lo qualificava ugualmente all’esercizio delle professioni di farmacista, chirurgo e medico.
Tuttavia, a quel punto della sua vita, aveva già deciso di non continuare sulla via della professione medica, per dedicarsi piuttosto alla poesia, che era il suo principale interesse sin dall’adolescenza. Sicuramente, anche se garantiva sempre un reddito decente, la professione di medico, a quel tempo, non aveva affatto lo stesso appeal di adesso, tanto più per un chirurgo che non era neanche uscito da una scuola universitaria. Del resto, stiamo parlando di un mondo e di una società molto diversi da oggi, nei quali il normale guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro era considerato qualcosa di disdicevole, uno stigma sociale senza appello, mentre le persone degne della massima considerazione erano solo quelle che potevano permettersi di non lavorare, dato che vivevano di rendita. Un mondo in cui, in assenza di leggi per tutelare i lavoratori, questi avevano una vita media di 22-24 anni, contro gli oltre 55 dei possidenti, soprattutto per via dello sfruttamento cui erano soggetti, spesso, sin dall’età di 6 anni o anche meno.
Ritratto di Keats realizzato dall’amico Severn, tra il 1821 e il 1823:
Keats frequentava già molti intellettuali, come Charles Cowden Clarke, il figlio del direttore della sua scuola, che lo presentò a Leigh Hunt, editore della prestigiosa rivista di orientamento liberale “The Examiner” che pubblicò le sue prime poesie a partire dal 1816. Hunt lo presentò anche agli editori Ollier, che pubblicarono il suo primo libro, “Poems”, nel 1817. Oltre a vendere pochissimo (i quattro libri pubblicati da Keats in vita avrebbero venduto complessivamente intorno alle 200 copie), questo ricevette anche stroncature critiche così pesanti che gli Ollier si risentirono e decisero di non pubblicargli più nulla. Fortunatamente, Clarke e Hunt lo presentarono anche a un’altra coppia di editori, Taylor & Hessey, che invece lo apprezzavano moltissimo e gli pagarono un piccolo anticipo perché pubblicasse il successivo libro con loro. Il legale di Taylor e Hessey, Richard Woodhouse, che lo assistette nella redazione dei contratti di edizione, lo ammirava al punto da mettersi a raccogliere tutto il materiale possibile sulla sua vita e le sue attività, in quanto convinto che prima o poi sarebbe stato riconosciuto come uno dei massimi poeti inglesi. Infatti, gran parte del materiale su cui hanno successivamente lavorato i biografi di Keats è stato raccolto da Woodhouse.
Charles Cowden Clarke, figlio del maestro di Keats, si legò di profonda amicizia col poeta:
Hunt aveva intenzione di fondare una nuova scuola di poeti inglesi, fortemente influenzata dagli autori romantici come Blake, Coleridge e Wordsworth, ma ancora più lontani di essi dalle convenzioni accademiche. Poeti che fossero consapevoli della loro appartenenza a un movimento culturale rivoluzionario, che mettessero al centro della loro produzione le proprie esperienze e le emozioni e i sentimenti destate da esse, ma anche la propria immaginazione, il fascino del misterioso, le tradizioni folkloristiche e le antichità soprattutto medievali. Oggi questa scuola viene ampliata anche ad autori che non ne fecero direttamente parte e definita “Secondo Romanticismo”: il suo esponente più noto è Lord Byron, che non fu certo un poeta al livello di Keats o di altri, ma ebbe l’indubbio merito di avere successo e diffondere il modello tra i lettori.
I critici dominanti a quel tempo non amarono affatto questa “scuola”, che battezzarono sarcasticamente “Cockney School” (Cockney è il dialetto di Londra) per sottolineare il fatto che quasi nessuno di essi provenisse da una formazione accademica. In realtà, Shelley aveva completato i corsi a Oxford, ma non si era laureato per non sottoporsi all’atto di sottomissione alla fede anglicana necessario per accedere alla laurea, e Byron aveva trascorso tre anni a Cambridge, ma nessuna biografia riporta se si sia laureato o meno. Peraltro, il critico italiano Masolino D’Amico, nel ricostruire la biografia del poeta scozzese Robert Burns, vissuto dal 1759 al 1796 e quindi appartenente a una generazione precedente alla loro, è giunto alla sorprendente conclusione che, pur non avendo frequentato alcuna università ma solo scuole a indirizzo tecnico, Burns poteva vantare un bagaglio di letture da autodidatta notevolmente più vasto di quello di Byron e Shelley, quindi l’aver frequentato o meno l’università non rappresentava un elemento decisivo. Va anche precisato che Shelley e Byron si mossero per proprio conto e non appartennero mai alla “scuola” di Hunt, nonostante le tantissime convergenze con essa.
La maschera di John Keats realizzata da Benjamin Haydon nel 1816:
Ciò che importa ai fini della nostra storia è però soprattutto il fatto che Keats andò incontro, per tutta la sua carriera di autore, solo a insuccessi e a feroci stroncature, da parte di critici che lo invitarono espressamente a tornare alle pomate e agli impiastri (in riferimento alla sua qualifica di farmacista), lasciando la poesia a chi era all’altezza di occuparsene.
Ma i suoi problemi non si fermavano qui. La scomparsa della madre gli aveva lasciato due fratelli e una sorella più piccoli, cui era legatissimo. In particolare, prediligeva Tom, il fratello più giovane, nato nel 1799. Durante l’adolescenza, Tom manifestò i sintomi della tubercolosi, la stessa malattia che aveva ucciso la madre. Keats e l’altro fratello George (la sorella Frances, che in seguito avrebbe sposato uno scrittore spagnolo, era ancora troppo piccola per essere di aiuto) lo assistettero con la massima abnegazione, ma è certo che il grosso dell’impegno toccò proprio a Keats, che aveva una formazione medica. Keats non riuscì a salvare il fratello, la cui perdita nel 1818 rappresentò un dolore straziante, e fu probabilmente contagiato dalla malattia standogli al capezzale. Poco prima della scomparsa di Tom, George (nato nel 1797), con l’aiuto di Keats, emigrò negli Usa insieme alla giovanissima moglie, che si chiamava Georgina: entrambi morirono in miseria in Kentucky, anche loro per tubercolosi, nel 1841.
La casa a Hampstead, dove Keats si trasferì dopo la morte del fratello Tom:
Immagine di pubblico dominio via Wikipedia
Rimasto solo, Keats si trasferì in un palazzo nella zona della brughiera di Hampsted Head, di proprietà di un facoltoso amico, Charles Armitage Brown, che credeva talmente nelle sue qualità da mantenerlo a sue spese. Qui, nel giro di un anno, compose le odi (un tipo di componimento poetico con una struttura metrica complessa e variabile, ma sempre molto musicale) che lo hanno consegnato definitivamente alla Storia della Letteratura: quella “a un’urna greca”, quella “alla malinconia”, quella “a un usignolo”, quella “a Psyche”, quella “all’autunno”; e altre opere non meno importanti, come il poema “Endymion”, dedicato alla memoria di un altro giovane e sfortunato poeta del passato, Thomas Chatterton (1752-70).
Manoscritto autografo dell’Endymion:
Nonostante l’impegno di Brown e di altri amici, che gli permisero di pubblicare altri due libri, la sua fortuna non girò e, anzi, nel febbraio del 1820, si manifestarono i sintomi della tubercolosi con una grave emottisi dalla quale comprese subito che il suo destino era segnato.
Keats trascorse alcuni mesi in Inghilterra, assistito da Fanny e da Armitage, poi si fece convincere da un medico a cercare una zona dal clima più salubre. Fu scelta l’Italia meridionale e, ad accompagnarlo, fu un amico pittore, Joseph Severn. I due partirono nel settembre 1820 ma il viaggio fu molto rallentato da tempeste e bonacce incontrate lungo il tratto oceanico, nonché da una lunga quarantena imposta prima dello sbarco a Napoli per via di un sospetto caso di colera a bordo, per cui giunsero alla destinazione finale, Roma, solo a metà novembre, quando la città era flagellata dal maltempo.
Harry Fenn, Keats’ Home in Rome (1894–1895); il palazzo alla destra della scalinata è stata l’ultima dimora di Keats:
A Roma, Keats abitò a piazza di Spagna, in un edificio che oggi ospita un museo a lui dedicato. Forse, più della malattia stessa, lo uccisero i rimedi del tempo. Il dottor James Clark, che lo aveva in cura, per curargli la febbre, lo sottoponeva a salassi che gli sottraevano altro sangue; inoltre, lo mise a dieta strettissima, indebolendolo ulteriormente. Keats soffriva molto e chiese ripetutamente a Clark e a Severn del laudano (una preparazione analgesica a base di oppio), ma i due si rifiutarono di procurarglielo perché convinti che volesse usarlo per suicidarsi (Severn riferì poi che Keats andava sempre a dormire con la speranza di morire nel sonno e si risvegliava piangendo al pensiero di essere ancora vivo). Severn, che gli era molto affezionato e si sentiva oppresso dai sensi di colpa per l’incapacità di alleviargli la sofferenza, lo assistette fino alla morte, che giunse finalmente nella tarda serata del 23 febbraio 1821.
Immagine di pubblico dominio via Wikipedia
Keats è sepolto a Roma, nel cimitero acattolico. Brown pagò la lapide, fatta erigere da Severn, su cui è riportato l’epitaffio che si conclude con le parole scelte da Keats stesso: “Qui giace un uomo il cui nome fu scritto sull’acqua” (ispirate da un verso del carme LXX di Catullo). Da notare che sulla tomba la data di morte è riportata come 24 febbraio, dato che la consuetudine dello Stato Pontificio imponeva l’inizio del nuovo giorno al momento in cui le campane di tutte le chiese suonavano l’Ave Maria e veniva recitato l’Angelus, ossia circa mezz’ora dopo il tramonto del giorno precedente. Accanto alla sua lapide c’è quella di Severn, vissuto fino al 1879, e in mezzo a loro c’è la piccola tomba di un figlio di Severn, morto da bambino in un incidente. Pochissimo distante, sono sepolte le ceneri di Shelley, morto in un naufragio nel mare di fronte alle Cinque Terre e poi cremato su una spiaggia di Viareggio, nel 1822.
La lapide di John Keats, fotografia di Piero Montesacro condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:
Fanny ricevette la notizia della morte di Keats in marzo. Da Roma lui (che le aveva chiesto di dimenticarlo) non le aveva mai scritto, ma aveva scritto alla madre di lei per sapere come stava. Considerandosi la sua fidanzata ufficiale, prese il lutto e lo mantenne per ben sei anni. Nel 1833 sposò Louis Lindo, dal quale ebbe tre figli. Morì nel 1865, lasciando ai figli tutto ciò che le era rimasto della relazione con Keats, comprese le lettere che si era scambiata con lui, che cominciarono a essere pubblicate dal decennio successivo.
William Bell Scott, Keats’s Grave (1873):
Dove non indicato le immagini sono di pubblico dominio.