Reginald Christie: un uomo comune dietro un Serial Killer Necrofilo

Per raccontare questa storia, si può partire da diverse scene.

Una potrebbe essere quella in cui un giovane giamaicano, che è appena andato a vivere con la famiglia in un immobile dei quartieri popolari al centro di Londra, infastidito dalla puzza che appesta l’ambiente e che a suo giudizio si deve alla presenza di un topo morto nei muri, scrosta la carta da parati da una parete e fa una scoperta raccapricciante.

Un’altra potrebbe essere quella finale di un vecchio film, in cui Richard Attenborough passeggia con aria assente lungo un argine del Tamigi, finché un poliziotto, insospettito, gli chiede i documenti e, una volta identificato, lo arresta.

Per noi che non siamo inglesi, l’associazione delle parole “Christie” e “delitto” porta automaticamente a pensare alla zia Agatha, la vecchietta terribile (anche se era una florida ragazza quando scrisse i suoi primi romanzi). Purtroppo per la Regina del Giallo classico, però, in patria il suo cognome coincide con quello di uno dei più spietati e soprattutto inquietanti assassini di tutti i tempi. Anzi, volendo spaccare il capello in quattro, il criminale è più “Christie” di lei, perché lui si chiamava davvero così, mentre per lei era il cognome di un ex marito.

John Reginald Halliday Christie, che da adesso in poi chiameremo Reggie come i suoi amici (pochi, a dir la verità) nasce a Illingworth, una ventina di km a Ovest di Leeds, nel 1899. Come molti futuri assassini cresce in una famiglia disfunzionale, tra un padre violento, una madre iperprotettiva e cinque sorelle che lo trattano come se fosse la sesta. Non per niente, a scuola, i compagni lo soprannominano “Reggie No-Dick” (“Reggie Senzapisello”). Anche se è un ottimo studente, che vince una prestigiosa borsa di studio, a 15 anni il padre lo manda comunque a lavorare. Più tardi però lo caccia di casa quando una bravata di Reggie (un furto nella fabbrica di tappeti in cui sono impiegati entrambi) rischia di fargli perdere il posto.

A 18 anni, Reggie finisce sul fronte occidentale, a combattere la Grande Guerra. Appena giunto in prima linea, il suo reparto subisce un attacco con i gas tossici. Reggie è uno dei pochi a salvarsi ma deve rimanere ricoverato a lungo in un ospedale militare di Calais, prima di essere rimpatriato. Ci vorrà un po’, prima che ritorni a vedere e parlare normalmente.

Reggie è giovane, ha la possibilità di reinserirsi nella vita civile, ma ha un grosso problema nei suoi rapporti con le donne. Riesce ad avere rapporti con loro solo quando sono passive al massimo grado. Finché si tratta di soddisfarsi con prostitute, va ancora bene. Avere delle relazioni stabili, però, è molto più difficile. Finché, nel 1920, gli presentano una ragazza di Sheffield che ha un anno più di lui ed è la donna più sottomessa che un uomo possa incontrare. Si chiama Ethel Waddington e Reggie la sposa nello stesso anno.

A quanto pare, sembra che impiegheranno due anni, prima di consumare finalmente il matrimonio.

Il matrimonio sembra in crisi già dopo quattro anni, essenzialmente perché Reggie non si è poi reinserito così bene nella società civile. Oltre a farsi cacciare da tutti i posti di lavoro che trova, tra furti, truffe e aggressioni, dal 1921 al 1933 accumula ben sei condanne penali, tutte regolarmente scontate. Quando è libero, continua a frequentare assiduamente prostitute.

Tuttavia, la vita con lui deve sembrare a Ethel preferibile a quella accanto ai propri anziani genitori perché, quando viene liberato dall’ultima condanna, la donna lo raggiunge a Londra, dove Reggie è andato a vivere sin dalla loro prima separazione nel 1924 (i due non hanno mai smesso di scriversi nel frattempo). Nel 1937 la coppia prende in affitto un appartamento di una palazzina che ne comprende tre, con un giardinetto posteriore e un bagno (esterno) in comune. Gli altri due appartamenti sono vuoti. L’indirizzo, che diventerà tristemente famoso, è: 10, Rillington Place.

Lui calvo e dall’aspetto insignificante, lei in sovrappeso e bonaria, senza figli ma con un cane e un gatto, sembrano la più tipica coppia della piccola borghesia britannica. Reggie campa di espedienti e la fa sempre franca, poi scoppia la guerra e per lui è un colpo di fortuna, perché diversi poliziotti si arruolano nelle forze armate e la polizia è costretta ad arruolare chiunque si presenti volontario per sostituirli. Il bisogno di personale è tale che nessuno si prende la briga di controllare i precedenti penali di Reggie, che si ritrova quindi con la divisa addosso.

Come poliziotto, è ancora peggio che come civile: prepotente e fastidioso, non perde occasione per fermare o arrestare la gente anche per violazioni di pochissimo conto. Nella zona intorno alla stazione di polizia di Harrow Road è odiatissimo.

Benché sul piano estetico sia un uomo davvero privo di fascino, Reggie è diventato nel tempo un abilissimo manipolatore. Lo è al punto da trovarsi anche un’amante fissa, una sua collega poliziotta ausiliaria. Purtroppo per lui, la donna è sposata e, quando il marito militare torna dal fronte in licenza e li sorprende insieme, nemmeno la divisa salva Reggie da un pestaggio in piena regola, che fa esultare gli abitanti di Harrow Road (la coppia successivamente divorzierà e Reggie sarà citato quale correo nella causa intestata dal marito).

L’umiliazione patita in questa circostanza farà scattare, di lì a poco, la molla omicida nell’animo di Reggie.

Reggie non ha solo una preferenza per le donne passive. Ha anche una vera e propria passione per i cadaveri. La più forte emozione della sua vita l’ha provata a 8 anni, vedendo il cadavere di suo nonno. Nel tempo, l’interesse per i corpi morti e lo sviluppo delle sue difficoltà relazionali sono andati a convergere nella stessa direzione. Reggie si masturba immaginando cadaveri. Finché un giorno decide che la fantasia non gli basta più. Vuole possedere carnalmente un vero cadavere.

Nell’agosto del 1943, mentre Ethel è in visita presso i parenti a Sheffield, Reggie conosce una ragazzona austriaca di 21 anni, fuggita dal nazismo, che in patria faceva l’infermiera ma in Inghilterra stenta a sopravvivere perché il salario di operaia in una fabbrica di munizioni non le basta per campare, e quindi si prostituisce occasionalmente. Si chiama Ruth Fuerst e si lascia convincere a seguirlo a casa sua. O forse lui la sorprende in strada durante il coprifuoco e la minaccia di arrestarla, salvo poi offrirsi di chiudere un occhio in cambio di una prestazione sessuale. È una cosa che ha già fatto altre volte.

Mentre Ruth si sta spogliando, Reggie la sorprende alle spalle e la strangola con una corda appositamente preparata. Non c’è il minimo dubbio che si tratti di un delitto premeditato. Poi si masturba davanti al corpo esanime.

Per qualche ora si trastulla con l’idea di usare il corpo di Ruth come oggetto sessuale finché non si decomporrà, ma poi arriva un telegramma di Ethel che annuncia il suo ritorno e Reggie è costretto a seppellire frettolosamente il cadavere in giardino.

A Harrow Road è sempre più malvisto, quindi lascia la polizia e si mette a lavorare in una ditta che costruisce apparecchi radiofonici. Qui conosce un’operaia di 31 anni, Muriel Eady, che nonostante una vita molto dura (è cresciuta negli orfanotrofi) ha un carattere dolce e socievole. I due fanno amicizia. Muriel soffre di una bronchite cronica che con l’umidità autunnale (siamo nell’ottobre 1943) si riacutizza. Reggie, approfittando di una nuova assenza di Ethel, la invita a casa sua, ufficialmente per farle provare i suffumigi con il balsamo Friar, un rimedio di quel tempo. Ma, mentre la donna sta respirando i vapori, Reggie infila sotto la coperta che la donna tiene sopra la testa un tubo di gomma collegato al rubinetto del gas. Muriel non si accorge di niente e scivola nell’incoscienza. Reggie la finisce strangolandola con una calza e poi abusa ripetutamente del cadavere, poi lo seppellisce in giardino subito prima del ritorno di Ethel.

Poi si ferma, come se il suo istinto criminale fosse stato appagato da questi due delitti.

Ovviamente, la fa franca, perché ha scelto come vittime due donne sole, di cui non importa niente a nessuno.

Il prossimo delitto, forse, lo commette soprattutto per caso. Ma sarà il delitto più atroce.

Siamo nel novembre del 1949, la guerra è finita e Reggie adesso lavora come magazziniere presso il servizio di manutenzione delle strade. Dall’anno precedente, il piano di sopra della sua casa è occupato. Ci vive una giovane coppia, costituita da un muratore gallese sempliciotto e semianalfabeta, Timothy Evans (nato nel 1924) e sua moglie Beryl Thorley (nata nel 1929). La coppia ha una figlia, Geraldine, nata nell’ottobre 1948. La loro situazione economica è talmente precaria che, per pagare la pigione, a un certo punto, devono subaffittare una stanza a una ragazza, che però dopo un po’ se ne va perché Beryl è gelosa di lei.

Di tutto hanno bisogno, questi due, tranne che di un secondo figlio. Invece Beryl rimane incinta di nuovo. Servizi per abortire legalmente non ne esistono, bisognerà provvedere clandestinamente. Reggie è già da tempo in confidenza con Timothy e Beryl e, tra le tante panzane che ha raccontato per farsi bello ai loro occhi c’è anche quella per cui avrebbe studiato medicina, arrivando a pochi esami dalla laurea. Inevitabilmente, la coppia si rivolge a lui e Reggie non si tira indietro.

Non si è mai saputo cosa volesse fare esattamente. Forse, con la sua lunga frequentazione di prostitute, vagabonde e donne sole, aveva davvero qualche esperienza di aborti clandestini. Per il resto, non resta altro che affidarsi alle sue contraddittorie dichiarazioni e alle supposizioni. Secondo un suo biografo, Ludovic Kennedy, Reggie entra nella stanza in cui Beryl lo aspetta a gambe aperte, senza biancheria, e appena la tocca viene colto da un raptus. Cerca di stuprarla, la donna resiste, lui la strangola e ne possiede il cadavere. Poi strangola anche la bambina, che intanto si è messa a piangere.

Forse non è salito su pensando di uccidere: ma che Reggie avesse losche intenzioni, è evidenziato dal fatto che ha spedito Timothy lontano, per non averlo tra i piedi. Quando Timothy torna, Reggie gli dice che Beryl è morta in conseguenza del tentato aborto e che lui, il marito, sarà sicuramente accusato di averla uccisa. Quindi è meglio che sparisca dalla circolazione per un po’, mentre Reggie stesso provvederà a sistemare la bambina presso dei conoscenti.

Timothy, che è veramente uno sprovveduto, lo prende in parola e scappa in Galles, dove viene ospitato da parenti per una decina di giorni. Poi però è preso dagli scrupoli, è preoccupato per la figlia, così torna a casa e chiede a Reggie di portarlo dalla bambina. Reggie gli chiude la porta in faccia, allora Timothy va alla polizia e denuncia la morte di Beryl e la scomparsa di Geraldine.

I poliziotti trovano i corpi di madre e figlia sommariamente sepolti nella lavanderia dell’immobile, ma anziché indagare su Reggie (non si accorgono nemmeno dei due corpi sepolti in giardino), arrestano Timothy e lo sottopongono a interrogatori pesantissimi.

Da quando i giornali hanno dato la notizia del ritrovamento della bambina morta, l’opinione pubblica vuole un colpevole da punire e Timothy sembra perfetto. Sembra quasi certo che le due confessioni che rilascia gli siano state estorte con la violenza e l’intimidazione. Benché inizialmente avesse accusato Reggie, nessuno lo prende sul serio, anzi Reggie sarà il principale testimone d’accusa.

Analisi successive hanno evidenziato come il lessico e il frasario usato nelle risposte attribuite a Timothy durante gli interrogatori facciano pensare a frasi che gli sono state “messe in bocca” dai poliziotti stessi. Oltretutto, Timothy viene interrogato quando è già sotto choc per la scoperta dell’uccisione della bambina, fatto che ignorava, e non riceve adeguata assistenza legale.

Benché le sue confessioni siano piene di contraddizioni e non ci siano prove reali della sua colpevolezza, quando viene processato, nel gennaio 1950, è dichiarato colpevole dopo poco più di mezz’ora di camera di consiglio. Tutto il processo si è ridotto a credere a lui o a Reggie, e la giuria ha scelto Reggie.

Timothy Evans finisce impiccato nel carcere di Pentonville, il 9 marzo 1950.

Ma non tutti credono a Reggie. Ethel, per esempio. Il comportamento del marito le sembra sempre più strano e, conoscendo bene gli Evans, non ritiene possibile che Timothy abbia potuto uccidere la piccola Geraldine, che adorava.

Ethel è sempre stata una donna rassegnata e passiva, ma anche una donna rassegnata e passiva può arrivare a pensare che la misura sia colma. Ma come fare? Ha un senso denunciare Reggie? E poi, senza prove?

Finisce per chiedere consiglio a un’amica, ma commette l’errore di parlarne in casa, pensando che Reggie sia fuori, ma non sa che è rientrato senza far rumore e che ha origliato la conversazione.

Nelle prime ore del 14 dicembre 1952, Reggie strangola Ethel nel sonno. Poi, nasconde il corpo sotto le assi del pavimento della sala, Qualche giorno prima, si è dimesso dal lavoro, e non se ne cercherà un altro (riceverà però il sussidio di disoccupazione). In compenso, vende quasi tutta la mobilia di casa e preleva l’intero ammontare del conto in banca di Ethel, per il quale ha la delega (Ethel, durante quegli anni, ha sempre continuato a lavorare).

Ai conoscenti di Londra dice che Ethel è tornata dai parenti a Sheffield. Ai parenti di Sheffield dice che Ethel non può rispondere alle loro lettere perché ha un reumatismo alle mani.

Si sente finalmente libero, e l’istinto criminale torna a possederlo, più forte che mai.

Va a caccia nelle strade e per i locali finché si imbatte nella vittima giusta. È una prostituta di 26 anni, Kathleen Maloney, che incontra il 19 gennaio. La fa ubriacare, la porta a casa, la fa accomodare su una sedia a sdraio e le mette sotto il naso il tubo collegato al gas. La donna è talmente ubriaca da non abbozzare nemmeno una reazione. Poi Reggie la stupra, la finisce strangolandola, stupra il cadavere e infine lo chiude nel ripostiglio.

Ora sì che si sente onnipotente, il “Senzapisello” della sua adolescenza è ormai un lontanissimo ricordo. Può avere tutte le donne che vuole, può farci tutto quello che gli pare. “Non c’è nulla di più sottomesso di una donna morta”, dichiarerà in seguito.

Il 6 febbraio ne sceglie un’altra. Si chiama Rita Nelson, è una bionda irlandese di 25 anni che è venuta a Londra in visita alla sorella, ma è anche incinta di 6 mesi e non si sa chi sia il padre. Christie la conosce quando lei si presenta chiedendogli se può affittarle una stanza. Ma probabilmente, ripete con lei la stessa pantomima con cui aveva convinto gli Evans di poter praticare un aborto. Rita fa la stessa fine di Kathleen, poi finisce a farle compagnia nel ripostiglio.

Ai primi di marzo, si presenta una coppia, di nuovo a chiedere di affittare una stanza. I due parlano a lungo con Reggie, si trattengono anche a dormire da lui, ma non prendono nessuna decisione. Un paio di giorni dopo si presenta solo la donna, Hectorina McLennan, una scozzese di 26 anni. Reggie la fa entrare e conversa affabilmente con lei, poi la ragazza si innervosisce vedendolo giocherellare con il tubo del gas e vorrebbe andarsene, ma Reggie la blocca, i due lottano, Reggie la strangola e poi stupra il cadavere, che poi finisce nel ripostiglio come gli altri.

Poco dopo, si presenta il suo ragazzo che è venuto a cercarla e Reggie gli risponde, in modo evidentemente convincente, di non averla proprio vista.

Quest’ultimo delitto lo ha sfinito. Non è che gli sia passata la voglia di ammazzare, è che non ne ha più la forza. Il 20 marzo lascia la casa di Rilligton Place, dopo aver tentato di subaffittarla illegalmente a una coppia, dalla quale riesce a farsi dare otto sterline. Ma il padrone di casa non ci sta e sfratta immediatamente i due. Nell’appartamento di Reggie finisce un giamaicano, Beresford Brown, che pensa a come riarredarlo. Se solo non puzzasse tanto. Nel pomeriggio del 24 marzo, Brown cerca di attaccare uno scaffale a una parete ma si accorge che dietro questa c’è il vuoto. Strappa la carta da parati e si accorge che questa parete in realtà è una porta, che conduce a un ripostiglio nascosto. C’è un buco nel quale si può guardare e, puntando la torcia, si ha la sensazione di vedere un corpo esanime sul fondo. Brown chiama subito la polizia.

Dal ripostiglio vengono estratti i corpi di tre donne seminude, una delle quali incinta di sei mesi. Altre ricerche portano alla scoperta di un quarto corpo, sotto il pavimento della sala. Infine, dal cortile, emergono i resti di altre due donne.

Il proprietario dell’immobile, Charles Brown, descrive dettagliatamente Reggie, così parte la caccia all’uomo, che dura meno di una settimana. Il 31 marzo, un poliziotto di nome Ledger crede di riconoscerlo in un tale che fissa con aria tetra le acque del Tamigi da Putney Bridge. Alla richiesta dei documenti, l’uomo ammette di essere Reginald Christie e si lascia arrestare senza opporre resistenza.

Reggie, durante l’inchiesta, ammette tutti i delitti che gli vengono attribuiti. Anzi, se ne vanta. Ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali, è una celebrità. In carcere, è un detenuto modello, cortesissimo con i secondini e tenero con gli animali: dopo che vengono serviti i pasti, si preoccupa sempre di portare qualcosa agli uccellini che cinguettano alle sue finestre.

Confessa anche di aver ucciso Beryl e Geraldine Evans e questo, per la giustizia inglese, sarà uno smacco pesantissimo. In realtà, come riportato da un altro biografo di Reggie, Rupert Furneaux, sussiste ancora qualche dubbio sulla possibilità che Timothy Evans possa avere effettivamente ucciso la moglie, ma sicuramente non può aver ucciso la figlia. Secondo Colin Wilson, invece, Timothy ne confessò l’omicidio per “punirsi” di non essere riuscito a evitarlo, fidandosi ciecamente di Reggie. Comunque, poiché era stato condannato solo per l’omicidio della bambina, nel 1965 Timothy ottenne la riabilitazione postuma e i suoi resti furono traslati dal cimitero della prigione di Pentonville a quello di un cimitero cattolico di Londra. Il suo caso (che Arthur Koestler, nelle sue “Riflessioni sull’impiccagione” definì un “omicidio giudiziario”) è uno di quelli che portarono all’abolizione della pena capitale nel Regno Unito a partire dal 1965. Il cantautore Ewan McColl, figura iconica della musica popolare inglese, ha dedicato a questa storia una canzone, “The ballad of Tim Evans” che è stata usata in diverse colonne sonore ma solo raramente trasmessa dalle emittenti tv e radiofoniche, per la durezza delle accuse rivolte al sistema giudiziario britannico.

Non vi sono mai stati dubbi, invece, sulla colpevolezza di Reggie Christie. Quest’ultimo, insieme ai suoi legali, stabilisce una linea di difesa basata unicamente sul riconoscimento dell’infermità mentale e questo permette ai giudici che hanno condannato Evans di giustificarsi sostenendo che in realtà quella di Reggie relativa all’uccisione di Beryl e Geraldine è una falsa confessione, presentata per dare l’idea di essere ancora più pazzo e incontrollabile di quanto possa sembrare.

In effetti, Reggie, da manipolatore incallito che è, appare davvero convinto che la farà franca e che al peggio sarà rinchiuso nel manicomio criminale di Broadmoor, dove gli psichiatri faranno la fila per poterlo visitare.

Invece ha sbagliato i calcoli. Il processo, che si apre il 22 giugno 1953, si conclude rapidamente con la condanna a morte. Viene impiccato a Pentonville il 15 luglio, dal boia Albert Pierrepoint: lo stesso luogo e la stessa mano dell’esecuzione di Evans.

La “casa degli orrori” diventa, per qualche tempo, un’attrazione turistica che si visita pagando il biglietto e attira un flusso inarrestabile di visitatori. Gli abitanti del quartiere ne sono infastiditi ma non possono evitarlo. Nel 1970, quando viene girato il film con Richard Attenborough, le tre famiglie che abitano la palazzina non danno l’autorizzazione a usarla come location. Poco male: la produzione ripiega sul vicino numero 7, un immobile pressoché identico.

Alla fine degli anni ’70 tutte le costruzioni di Rillington Place vengono demolite. Oggi, nel luogo in cui sorgeva la “casa degli orrori”, c’è un giardino.

Dagli episodi è stato tratto un film dal titolo 10 Rillington Place del 171, di cui sotto trovate il trailer:

Roberto Cocchis

Barese di nascita, napoletano di adozione, 54 anni tutti in giro per l'Italia inseguendo le occasioni di lavoro, oggi vivo in provincia di Caserta e insegno Scienze nei licei. Nel frattempo, ho avuto un figlio, raccolto una biblioteca di oltre 10.000 volumi e coltivato due passioni, per la musica e per la fotografia. Nei miei primi 40 anni ho letto molto e scritto poco, ma adesso sto scoprendo il gusto di scrivere. Fino ad oggi ho pubblicato un'antologia di racconti (“Il giardino sommerso”) e un romanzo (“A qualunque costo”), entrambi con Lettere Animate.