Johann Heinrich Pestalozzi (Zurigo, 1746 – Brugg, 1827), perse il padre in tenera età e fu educato dalla madre e da una domestica. Non concluse mai i corsi di diritto e di teologia. Si sposò con Anna Shultess nel 1769 ed ebbero il loro unico figlio l’anno seguente. La malattia del figlio, affetto da epilessia, sarà motivo di profonda preoccupazione per i genitori per tutto l’arco della loro vita.
Pestalozzi, dopo il matrimonio decise, insieme alla moglie, di dedicarsi ai giovani e ai bambini più poveri, costruendo un istituto denominato “Neuhof” (nuova fattoria).
L’impresa, purtroppo, risultò essere fallimentare e chiuse nel 1779.
Johann Heinrich Pestalozzi, ca. 1806 (Dipinto di Francisco Javier Ramos):
Gli anni che seguirono videro Pestalozzi impegnato nella scrittura e nella riflessione pedagogica. Fu un periodo prolifero in cui videro la luce testi come: “La veglia di un solitario” del 1780, “Sull’ infanticidio” del 1783, “Leonardo e Gertrude” (1781 – 1787). Si susseguirono anni particolari, con un breve soggiorno in Francia e il ritorno in Svizzera per aprire a Stans una scuola per orfani. Anche questa impresa, però, non ebbe un seguito, poiché la scuola venne trasformata in un ospedale militare. Da questa esperienza Pestalozzi trasse la forza per scrivere l’opera “Lettera ad un amico sul proprio soggiorno a Stans”.
A partire dal 1799, Pestalozzi si impegnò come insegnante prima e come direttore della scuola poi, presso il castello di Burgdorf, a Berna, dove scrisse “Il Metodo” nel 1800, “Come Gertrude istruisce i figli” nel 1801 e il “Libro delle madri” nel 1803.
Si concluse anche questo periodo e Pestalozzi decise di trasferirsi a Yverdon e aprire una nuova scuola, dove attuare il proprio progetto educativo che lo rese famoso a livello internazionale. Lavorò nella nuova scuola fino al 1825.
Nell’ultimo periodo della sua esistenza, Pestalozzi scrisse “Il Canto del Cigno” del 1826 e, sempre nello stesso anno, “Destini della mia vita”.
Ormai anziano, morì presso il nipote, a Brugg, nel 1827.
Il pensiero e l’ “Educazione del cuore”
Al contrario di Rousseau, Pestalozzi non riteneva che l’uomo fosse buono a prescindere, bensì pensava che fosse compito dell’educazione perfezionare la natura dell’uomo. Per Pestalozzi l’educatore doveva assistere il discente durante la sua naturale evoluzione secondo una unità di cuore, mente e mano.
L’ “Educazione del cuore” pervade tutto il pensiero pedagogico di Pestalozzi, in cui si ribadisce l’importanza dell’educazione del sentimento, delle capacità morali che influiscono sulla “mano”, cioè nella vita pratica di tutti i soggetti.
Secondo Pestalozzi, infatti, l’uomo attraversa tre stadi evolutivi, ovvero:
naturale (in cui viene seguito l’istinto); sociale (in cui, a causa della vita quotidiana, l’uomo è obbligato a una sorta di riadattamento, peraltro non sempre positivo); morale (il fine dell’uomo è l’educazione. L’essere umano deve predisporsi al bene e all’accoglienza verso Dio).
Memorial a Pestalozziwiese (Bahnhofstrasse), Zurigo, Svizzera. Fotografia di Roland zh condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:
E` in questo contesto che nasce il concetto di Educazione del cuore e di educazione familiare. Secondo Pestalozzi l’ambiente riveste un ruolo fondamentale, in cui vengono rievocate le caratteristiche dell’educazione familiare. La finalità dell’educazione è etica, motivo per cui egli dedica la propria vita all’educazione degli orfani, degli emarginati e dei disadattati. Non dimentichiamo, infatti, che a causa delle numerose guerre, gli orfani affollavano le città e i villaggi.
Per il pedagogista è importante che ci si prenda cura non solo materialmente dei bambini abbandonati ma che vengano nutrite anche le loro esperienze. Da qui il concetto chiave tra natura ed educazione, in cui si evince quanto sia importante che il discente viva esperienze nel proprio contesto e che queste possano essere basate sull’intuizione.
Grazie ai molti viaggi e agli innumerevoli incontri, il pedagogista sviluppò idee innovative, tanto da indurre molti educatori a seguire il suo pensiero, tra i quali spicca Frobel.
Pestalozzi insegnò per tutta la sua vita e, in particolare, a Stans, applicò il metodo del mutuo insegnamento che vede i ragazzi aiutarsi e sostenersi vicendevolmente. La cooperazione rispondeva alle esigenze della vita quotidiana e sosteneva il pensiero pedagogico, poiché attraverso l’aiuto reciproco, i ragazzi riuscivano a progredire e a raggiungere gli obiettivi.
Attività come scrivere, contare, leggere, sono gli obiettivi dell’insegnamento, senza dimenticare l’importanza rivestite da discipline come il disegno, la geometria, il canto…
Concludendo, il concetto di educazione che Pestalozzi ha ideato e promosso per tutta la sua esistenza è quello in cui l’individuo sviluppa tutte le proprie capacità: intellettuali, morali e pratiche, non a caso l’intuizione e l’osservazione della natura rappresentano il punto di partenza per ogni forma di conoscenza.
L’idea dell’educazione che Pestalozzi introduce è davvero importante: l’esperienza genera competenza e il contesto familiare inizia ad essere visto come un fattore educativo. Interessante, se pensiamo che dobbiamo attendere gli Orientamenti per la scuola materna del 1991 per parlare di “Fattori educativi” quali: famiglia, scuola, società e mass media….
Una curiosità…
Emblematica ed interessante l’iscrizione che Pestalozzi volle sulla propria tomba:
Heinrich Pestalozzi:
nato a Zurigo 12 Gennaio 1746
morto a Brugg 17 Febbraio 1827
Salvatore dei Poveri a Neuhof.
Predicatore delle Persone in Leonardo e Gertrude
A Stans, Padre degli orfani,
A Burgdorf e Münchenbuchsee,
Fondatore della Nuova Educazione Primaria.
A Yverdon, Educatore dell’Umanità.
È stato un individuo, un Cristiano ed un cittadino.
Ha fatto tutto per gli altri, niente per se stesso!
Benedite il suo nome!