Jim Thorpe: il Nativo Americano campione Olimpico senza Pace

Jacobus Franciscus Thorpe vide la luce, secondo un nebuloso certificato di nascita, nel 1887 nel villaggio di Prague, in Oklahoma, da madre nativa americana e padre di sangue irlandese in territorio indiano. La madre lo chiama Wha-Tho-Huch, “sentiero lucente“, una chiara allusione alla notte in cui venne al mondo nella capanna squarciata da un raggio di luna.

Jim fu allevato come un nativo americano

Fin dalla sua giovane età Thorpe dimostra di avere un talento innato in diverse discipline sportive. Si cimenta nel nuoto, nel football americano, passando per l’atletica e il baseball.
Grazie alla sua poliedricità sono le prove multiple a dare ragione del suo successo. Ben presto riesce a qualificarsi alle Olimpiadi; al pentathlon supera quattro prove su cinque, vincendole e batte Hugo Wieslander nel decathlon, aggiudicandosi il nuovo record mondiale.

Leggenda vuole che a Stoccolma si presentò alla cerimonia di premiazione al cospetto del re Gustavo V di Svezia in stato di ebbrezza e che, in maniera semplice, alla sua dichiarazione ufficiale risposte:

Grazie, re

Al suo rientro in patria venne festeggiato in parata e dichiarò di essere rimasto basito dalla quantità di “amici” che lo acclamavano per le sue vittorie. “Sentivo la gente urlare il mio nome, e non riuscivo a capire come una persona potesse avere così tanti amici“, disse.

Ma in certi casi la fortuna e la gloria sembrano avere le ore contate. E anche nel suo caso, per certi versi, andò così.

Il ritiro dei titoli olimpici

Le regole applicate nel 1912, definivano lo status di “dilettante” quale criterio imprescindibile per prendere parte ai giochi olimpici. Quell’anno, le stesse norme divennero più stringenti. Per cui tutti gli atleti che avessero già gareggiato contro professionisti o avessero percepito denaro e premi in denaro per le loro gare, sarebbero stati concepiti come professionisti. E, di conseguenza, a loro sarebbe stato vietato l’accesso alle Olimpiadi.

Successe così che un anno più tardi, la stampa americana riportò la notizia che Thorpe aveva giocato a baseball in qualità di professionista. Effettivamente, come egli stesso ammise in una lettera indirizzata all’Amateur Athletic Union, aveva giocato a livello semi-professionistico in Carolina nel biennio 1909/1910 ricevendo un piccolo compenso.

“…Non sapevo che stavo facendo una cosa sbagliata, perché sapevo che molti altri studenti avevano fatto lo stesso, solo che loro non avevano usato i loro veri nomi…” scrisse Thorpe.

Ma la sua lettera non ebbe seguito nella direzione sperata. Con effetto retroattivo i suoi titoli furono revocati, insieme al suo status di dilettante. Thorpe venne quindi dichiarato professionista, malgrado la sua squalifica sollevò tanti interrogativi.

Il regolamento dei giochi olimpici del 1912 prevedeva infatti che si potesse sollevare qualsiasi protesta entro 30 giorni dalla chiusura delle competizioni e non oltre. Le notizie sui giornali erano apparse oltre un semestre dopo la conclusione delle Olimpiadi di Stoccolma, ma i funzionari decisero di ignorare questa regola. L’unico effetto positivo che ebbe tutta la vicenda fu che Thorpe, da professionista, ricevette tante proposte dalle squadre della Major League di baseball.

La parabola discendente

Negli anni immediatamente successivi, Thorpe non riesce a mettere una pietra sopra allo sgarro subito e presenta una serie di ricorsi per veder riconosciuto il suo valore. Da vero fuoriclasse, la sua carriera prosegue a gonfie vele e Thorpe diventa un astro del firmamento del football americano che porta il suo contributo in sei diverse squadre, pur non riuscendo a vincere mai il campionato.

Nel 2009 viene eletto tra i migliori cento giocatori di ogni epoca

Si distingue in altri sport fra cui nell’hockey sul ghiaccio, nei rodei ma pur essendo uno sportivo di grande valore, rimane ossessionato dall’annullamento dei titoli olimpici che ritiene di aver meritato.

A 41 anni si ritira dal football professionistico e la sua strada viene deviata dall’incontro con l’alcol. La difficoltà principale è mantenere un lavoro, soprattutto dopo una carriera da atleta.

Svolgerà lavori poco edificanti per lui: dal muratore alla comparsa in film western, passando per incarichi come marinaio, guardiano notturno e anche buttafuori.

Nel 1950, Thorpe finisce in un ospedale per poveri a Filadelfia dove viene operato per un tumore alla bocca. Riesce a pagare le spese solo grazie alla beneficenza. Un anno più tardi, ormai ridotto in miseria, vende i diritti su un film ispirato alla sua storia (in italiano: Pelle di Rame), per 1500 dollari. Tornato nella roulotte in cui finisce la sua esistenza, muore di infarto nel marzo del 1953, all’età di 65 anni, dimenticato dalla gloria e dagli onori ricevuti nella sua carriera.

Sotto, il trailer del film:

La riabilitazione dell’atleta

La famiglia avrebbe voluto seppellirlo in Oklahoma con tanto di monumento in sua memoria, ma il permesso fu negato dal Governatore dello stato. La vedova di Thorpe venne a sapere allora che a Mauch Chunk, in Pennsylvania, si stava cercando di sviluppare il commercio e gli affari attraverso il turismo. Non si fece scappare l’occasione e vendette le spoglie del marito in cambio di un monumento in sua memoria.

Furono i suoi sei figli, avuti con tre donne diverse, a riuscire nell’impresa in cui Jim Thorpe non era riuscito. Dopo numerosi tentativi, la famiglia ottenne infatti la restituzione dei titoli olimpici. Successe grazie al sostegno della politica perché nel 1982 venne istituita la Fondazione Jim Thorpe che ebbe l’appoggio del Congresso degli Stati Uniti. Grazie al sostegno politico, si fece luce sull’irregolarità che squalificava Thorpe sei mesi dopo il limite imposto di 30 giorni dalla chiusura dei giochi.

Nell’ottobre dello stesso anno, quasi 30 anni dopo la sua morte, l’atleta fu riabilitato e le medaglie vennero riconsegnate ai figli. Il paradosso volle che le medaglie non fossero quelle originali che, invece, custodite in un museo, erano state rubate e mai più ritrovate.

Nel 1986 venne ideato il Jim Thorpe Award, premio del campionato universitario di football e nel 1998, gli Stati Uniti hanno emesso un francobollo commemorativo da 32 centesimi di dollaro che ritrae Thorpe, la star di Stoccolma, in un salto in alto. Uno slancio verso il sentiero lucente che aveva rappresentato la sua carriera sportiva al quale non era corrisposta una vita personale altrettanto soddisfacente.

Erika Atzori

Sono una giornalista laureata in comunicazione con una spiccata curiosità verso l'antropologia, la magia e la letteratura. Mi piace scovare storie che racchiudano tutte queste cose insieme. Il mio mondo è fatto di diari, lettere e ricordi del passato. Ho 38 anni e non ho ancora smesso di sognare.