Jean Piaget e la nascita dell’intelligenza nel bambino

Jean Piaget (1896 -1980) è considerato il fondatore dello studio sperimentale delle strutture dei processi cognitivi e della psicologia dello sviluppo.

Piaget manifesta fin dalla tenera età l’interesse per gli studi scientifici, pubblicando il suo primo lavoro riguardante un passero albino scoperto nel parco all’età di 11 anni. La sua passione cresce, tanto che all’età di 18 anni ha all’attivo ben diciannove pubblicazioni sui molluschi. Consegue il dottorato in biologia nel 1918 ma, contemporaneamente, si dedica alla lettura e allo studio della psicologia; legge Freud e segue le lezioni di Jung. Nel 1921 diventa coordinatore delle ricerche del centro J.J. Rousseau di Ginevra.

Seguono anni di ricerca che sfociano in numerose pubblicazioni; tra il 1923 e il 1932 Piaget pubblica: “Linguaggio e pensiero del fanciullo”, “Giudizio e ragionamento nel bambino”, “La rappresentazione del mondo nel fanciullo”, “La casualità fisica nel bambino” e “Il giudizio morale nel fanciullo”, solo per citarne alcuni.

Nel 1923 sposa Valentine Châtenay. La coppia avrà tre figli, il cui sviluppo intellettuale e linguistico sarà oggetto di studio per Piaget. Successivamente è titolare di molte cattedre come psicologia, sociologia e storia delle scienze a Neuchâtel, a Ginevra come titolare di storia del pensiero scientifico e a Losanna di psicologia e sociologia.

La vera svolta, però, si ha nel 1936 con la pubblicazione del testo “La nascita dell’intelligenza nel bambino” a cui seguono, rispettivamente nel 1937 e nel 1945, prima “La costruzione del reale nel bambino” e “La formazione del simbolo nel bambino”. Questo periodo è contraddistinto da una proficua ricerca scientifica che vede Piaget anche impegnarsi in numerose collaborazioni con studiosi del calibro di B. Inhelder e A. Szeminska.

Al termine della seconda guerra mondiale è presidente della Commissione Svizzera dell’Unesco.

Dagli anni Cinquanta Piaget rivolge la propria attenzione in particolare all’epistemologia genetica, cioè a problemi relativi allo sviluppo della conoscenza. Non a caso, nel 1956 fonda il Centro Internazionale di epistemologia Genetica , in cui studia principalmente lo sviluppo qualitativo delle strutture intellettuali.

Nel 1976 e nel 1979 vince due importanti premi: rispettivamente il premio E.L. Thorndike dall’American Psychological Association (grazie ai lavori svolti sulla psicologia dell’educazione) e il Premio Balzan per le scienze sociali e politiche.

La nascita dell’intelligenza

Secondo Piaget, la capacità cognitiva (ovvero l’intelligenza) è legata in maniera indissolubile alla capacità di adattamento all’ambiente sia sociale che fisico, pertanto, lo sviluppo ha un’origine individuale e i fattori esterni (ad esempio l’ambiente stesso) possono favorire o meno le condizioni dello sviluppo ma non ne sono la causa.

In altre parole, l’intelligenza rappresenta il grado più alto di adattamento mentale. L’adattamento, quindi, consiste in un equilibrio fra l’azione dell’organismo sull’ambiente (ciò che Piaget definisce Assimilazione) e l’azione dell’ambiente sull’organismo (definizione di Accomodamento). Al concetto di adattamento viene affiancato un termine complementare, quello di Organizzazione, secondo cui ogni adattamento avviene in maniera organizzata.

Per Piaget, il termine Azione è determinante. Nella teoria piagetiana, conoscere significa agire sulla realtà, ovvero compiere delle Trasformazioni, non a caso, infatti, nei primi 18 mesi di vita, il carattere della conoscenza si manifesta attraverso il contatto, tramite azioni dirette, mentre successivamente, la realtà viene “trasformata” attraverso le azioni mentali. Secondo Piaget, sia le azioni dirette sia quelle mentali ed  interiorizzate sono interdipendenti tra loro e costituiscono schemi e strutture.

Nei suoi studi sulla nascita dell’intelligenza, Piaget sviluppa una teoria molto importante riguardante l’articolazione degli stadi dello sviluppo cognitivo, definendone quattro periodi.

Stadio Senso-Motorio: periodo che va prevalentemente dalla nascita ai 2 anni. In questo lasso di tempo il bambino utilizza i sensi per conoscere l’ambiente circostante, ma non solo: il bambino comprende il senso della permanenza dell’oggetto e, nello specifico, si parla di Reazioni Riflesse (durante il primo mese di vita circa), dove il bambino reagisce ed agisce secondo schemi senso – motori innati. In questo stadio vengono individuati importanti “Sottostadi”.

Reazioni Circolari-Primarie (conosciuto anche come stadio dei primi adattamenti acquisiti), dove tra il secondo e quarto mese il bambino ripete azioni circolari primarie e trova, nella ripetizione di queste azioni casuali, soddisfazione (ad esempio questo fenomeno è facilmente verificabile osservando il bambino che succhia il proprio dito). Ovviamente, il centro d’interesse primario è il corpo.

Reazioni Circolari Secondarie (denominato anche stadio del comportamento intenzionale). Nel periodo compreso tra il quarto e l’ottavo mese, il bambino inizia a porre la propria attenzione verso l’ambiente esterno; egli comprende di essere in grado di afferrare un oggetto e di muoverlo (esempio classico: il bambino afferra e muove il sonaglio o un pupazzetto). Questo momento è molto importante anche per la conquista della coordinazione occupo – manuale.

Reazioni Circolari-Differite (conosciuto anche come stadio dell’attiva ricerca dell’oggetto). Nel periodo compreso tra gli 8 e i dodici mesi, il bambino forma nella memoria l’esperienza senso – motoria, dove, imparando dalle proprie azioni, anticipa il risultato, ad esempio è ingrato di riprendere un gioco interrotto. È in questo periodo che compare l’intelligenza senso motoria.

Reazioni Circolari-Terziarie (inteso anche come stadio del procedimento per prove ed errori). Nel periodo tra i 12 e i 18 mesi nasce l’interesse per la novità. In questo momento il bambino è in continua sperimentazione.

Stadio della Rappresentazione Cognitiva, dai 18 ai 24 mesi. Il bambino sviluppa la capacità immaginativa e comprende la connessione esistente tra causa ed effetto. Inizia il gioco del “fare finta di…” e comprende il concetto di “permanenza dell’oggetto” ovvero che gli oggetti esterni che formano il mondo intorno a lui sono entità esistenti e reali.

Stadio Pre-Operatorio: periodo compreso tra i 2 e i 7 anni circa. In questo periodo il bambino utilizzo i simboli e supera l’egocentrismo tipico del periodo sensomotorio, anche se permane l’egocentrismo intellettuale, cioè il punto di vista delle altre persone non è diverso dal proprio. È in questo periodo che il bambino crede che tutti la pensino come lui e che tutti debbano capire i suoi pensieri.

Stadio Operatorio-Concreto: dai 7 agli 11 anni circa. In questo lasso temporale, il bambino è in grado di utilizzare i simboli e di manipolarli a livello logico. Qui si comprende anche che gli effetti di un’azione possono essere annullati da un’altra operazione inversa (concetto di reversibilità). Dai 2 ai 5 anni il bambino classifica gli oggetti secondo la vicinanza spaziale, mentre tra i 5 e i 6 anni inizia a raggrupparli secondo le loro caratteristiche, mentre intorno ai 6/7 anni il bambino è in grado di acquisire la capacità di conservazione, cioè di comprendere che le quantità (numeri, lunghezze, volume dei liquidi) rimangono invariate anche se nota la forma.

Verso i 7/8 anni il bambino comprende che utilizzando ad esempio della creta, o un altro materiale manipolabile, dividendola in tante palline, ha la possibilità di riunirle e la quantità resterà invariata (conservazione dei materiali e concetto di reversibilità). Infine, intorno ai 9/10 anni si raggiunge anche il concetto di conservazione della superficie (esempio: dei quadrati di cartoncino occupano la stessa superficie sia che siano vicini, lontani o sparsi).

Stadio Operatorio Formale: Il soggetto, a partire dai 12 anni può formulare pensieri astratti, ovvero parliamo del pensiero “ipotetico – deduttivo”. Ora il bambino è in possesso degli stessi schemi di pensiero dell’adulto.

Le critiche

Foto di gruppo della Jean Piaget Foundation, scattata davanti al Rousseau Institute. Piaget è situato in prima fila a destra, e al suo fianco c’è Pierre Bovet

Le critiche rivolte a Piaget sono diverse. Alcune possono apparire superficiali, altre sono in grado di far scaturire disquisizioni interessanti ed appassionate. In ogni caso, si può affermare che numerosi studi hanno dimostrato una rivalutazione delle competenze su base innata presenti nel neonato e quelle che sottolineano come il passaggio dal pensiero intuitivo a quello operatorio sia, in realtà, più lento ma anche incompleto riguardo al pensiero formale, rispetto a ciò che teorizzava Piaget.

Bisogna, in ogni caso, riconoscere allo studioso  un enorme ed importantissimo lavoro di ricerca che, ancora oggi, risulta indispensabile e gettano le basi per meglio comprendere la nascita dell’intelligenza nell’essere umano.


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