Jahanara Begum: Principessa e Architetto di Dehli

Tutti bene o male conoscono le origini del Taj Mahal, un mausoleo costruito da uno sconsolato imperatore per la moglie favorita deceduta prematuramente. Ma quanti conoscono la storia della figlia che stette accanto a quello stesso imperatore fino alla morte, e che grazie alla sua influenza e ricchezza contribuì a forgiare il centro di quella che oggi è Purani Dilli ovvero la Vecchia Delhi?

Le donne Mughal nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, nonostante i confini ortodossi imposti da società e religione, erano esperte nella lettura, nella scrittura di poesie, nella calligrafia, nella pittura e anche nel gioco degli scacchi, del polo e della caccia. Le signore della zenana, grazie alla ricca e vasta biblioteca dell’imperatore Akbar, avevano accesso alla conoscenza del mondo fuori dai confini domestici. Alcune sono ricordate come influenti quanto i loro mariti, occasionalmente sostituendoli nei ruoli di governo con il potere di emanare editti e agendo come mecenati delle arti, della scienza e dell’architettura.

La zenana era uno spazio multiculturale, non solo per le consorti imperiali, che potevano far parte della nobiltà persiana, Mughal ma anche varie dinastie aristocratiche induiste, come varie consorti Rajput, ma era anche un rifugio per parenti in cerca di asilo politico, vedove di importanti generali, serve e schiave, donne che facevano da guardie urdubegis, parenti non sposate, venerabili nonne e zie, oltre a bambini, inservienti eunuchi, artigiane e artiste di ogni genere.

Bisogna specificare che la zenana dell’impero Mughal non era un luogo di totale segregazione, le donne di alto rango potevano seguire i mariti e la corte nelle campagne militari o in esilio, potevano prender parte a pellegrinaggi, osservare i dibattiti della corte e i loro progetti di mecenatismo al di fuori delle mura del palazzo, rispettando comunque il precetto di purdah quindi sempre nascoste dagli sguardi di uomini non appartenenti alla famiglia da veli, tende e palanchini coperti.

Ed è in questa cornice culturale che nasce e si forma Jahanara Begum

Molto probabilmente Jahanara Begum XVII secolo. Fonte Wikipedia

Jahanara Begum nacque ad Ajmer nel 1614 da Shihab al-Din Muhammad Khurram, poi conosciuto come Shah Jahan e dalla seconda moglie e poi consorte favorita Mumtaz Mahal, quando sul trono dell’impero Mughal c’era il nonno Jahangir. Era la terzogenita, e la figlia più amata del futuro imperatore che aveva già una figlia dalla prima moglie e un’altra bambina con Mumtaz, che morì a tre anni di vaiolo, e così viene solitamente ed erroneamente considerata la primogenita di tutti i fratelli e sorelle che nacquero dalla coppia imperiale e da altre consorti.

Come per altre dinastie islamiche di quel tempo la primogenitura non era garanzia di successione al trono, e i figli maschi dell’imperatore concorrevano per il prestigio militare e per farsi notare a corte.

Così passò l’infanzia della principessa Jahanara, fra intrighi di palazzo, tradimenti, la presa in ostaggio mascherata come affidamento alla consorte dell’imperatore Nur Jahan di tre dei suoi fratelli, finché nel 1627, alla morte dell’imperatore Jahangir, il padre riuscì a spodestare il fratellastro Shahryar Mirza che era supportato dalla matrigna e suocera, Nur Jahan e salì al trono come Shah Jahan.

Come altre ragazze della nobiltà Mughal, Hindu e del vicino impero safavide di quel tempo, Jahanara era molto istruita. Conosceva il Sacro Corano e la letteratura persiana, l’etichetta, e la medicina. Crebbe nei palazzi di uno degli imperi più potenti e ricchi del mondo e imparò a conoscere strategie e tattiche per l’amministrazione dell’impero molto presto. Divenne una donna astuta che aveva tutte le conoscenze mondane e negli affari diplomatici che le sarebbero serviti a guidare il corso della sua vita.

E il momento per sfruttarle arrivò fin troppo presto. All’età di 17 anni la madre morì per complicazioni del parto dell’ultima sorella e il padre si rinchiuse nel suo dolore, affidandole il sigillo imperiale e il titolo di Malika-e-Hindustan Padshah Begum, ovvero Prima Signora dell’Impero del Hindustan. Fu così che la ragazza divenne responsabile della cura dei fratelli e sorelle minori nonché dello stesso imperatore. Fu lei a far uscire un inconsolabile Shah Jahan dal lutto. Nel corso del regno del padre e del fratello organizzò ed arrangiò diversi matrimoni vantaggiosi per fratelli e nipoti. Grazie alla sua intelligenza, divenne il più stretto confidente e consigliere di Shah Jahan. Esercitò un immenso potere alla corte Mughal e diventò il tramite di nobiltà, emissari stranieri e perfino degli stessi fratelli per ottenere il benestare e il favore imperiale.

L’affetto che il padre nutrì per lei si comprende dai molteplici titoli che le conferì come Sahibat al-Zamani ‘Signora di questo tempo’, Padishah Begum ‘Signora imperatore’ e Begum Sahib ‘Principessa delle principesse’.

A differenza di altre principesse imperiali le fu permesso di vivere nel proprio palazzo fuori dai confini del Forte di Agra. Possedeva, oltre a vari jagir o feudi ereditati dalla madre e concessi dal padre, la città portuale di Surat dove attraccava la sua nave personale, la Sahibi, commerciava merci provenienti dalle sue fabbriche con inglesi e olandesi e trasportava pellegrini diretti o provenienti dalla Mecca. Queste proprietà le avrebbero garantito un’entrata annua di tre milioni di rupie.

Questa ricchezza la utilizzò in opere di mecenatismo e religiose, si prese cura dei poveri e finanziò la costruzione di moschee, fece donazioni di beneficenza, organizzò l’elemosina in importanti giornate statali e religiose e sostenne l’assistenza a vittime di carestia e ai pellegrini.

Ma l’opera per cui è ancora ricordata è sicuramente la progettazione nel 1650 della piazza di Chandni Chowk, letteralmente ‘Piazza del chiaro di luna’ in quella che oggi è la Vecchia Delhi allora Shahjahanabad, capitale dell’impero.

Il caravanserraglio di Jahanara Begum che formò l’originale Chandni Chowk, dall’album del 1843 di Sir Thomas Theophilus Metcalf.

La principessa Jahanara pianificò accuratamente l’intero progetto formato da una rete di tre bazaar a forma di mezzaluna, havelis (ville), kuchas (strade) and katras (case). L’area prescelta si trova ancora tra il Forte Rosso e la moschea di Fatehpuri e dove si stava iniziando a costruire, sempre in quegli anni e finanziata da Jahanara, Jama Masjid, una delle più grandi moschee in India.

Jama Mazjid, fotografia di Shagil Kannur condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Il canale principale, Faiz Nahar, deviato dal fiume Yamuna, ideato e costruito anni prima, per garantire una fonte di acqua potabile e di irrigazione agli operai addetti alla costruzione del Forte Rosso, seguiva l’intera lunghezza dell’area dove si affacciavano i bazaar, e formava, oltre a canaletti secondari, un laghetto ottagonale di fronte alla torre del municipio dove la notte si rifletteva la luce lunare da cui prese il nome la piazza, sempre a forma di mezzaluna, di Chandni Chowk ovvero ‘Piazza del Chiaro di Luna’.

Altri invece ritengono che il nome derivi dai ricchi di mercanti di chandi argento presenti nei bazaar, tanto che la strada principale ancora oggi è chiamata da molti ‘Strada d’argento’.

I canali assicuravano l’irrigazione di piante e alberi da frutto che garantivano frescura e ristoro durante le passeggiate e le compere fra i bazaar.

Jahanara progettò caravanserragli per mercanti, soldati e dignitari persiani e uzbeki, arricchiti da fontane e giardini, un luogo così bello che all’entrata erano incise le parole ‘Se c’è un Paradiso in terra, è qui, è qui’.

Il municipio di Delhi e il parco intitolato al Mahatma Gandhi si trovano oggi dove un tempo c’era la Sarai o casa di Jahanara. Questa residenza divenne nota come Begumabad o Begum ka Baag. Era uno spazio chiuso di 50 acri concepito esclusivamente per le donne e i bambini della famiglia reale.

Chandni Chowk fu per secoli il mercato più grande dell’India ed il punto focale della capitale, descritto e visitato da mercanti e viaggiatori da ogni parte del mondo. Come Nicolò Manucci, che ne fece una descrizione quasi fiabesca e incantata, ma a parte queste visioni romanzate non si può negare che Chandni Chowk fosse davvero il pezzo forte di Shahjahanabad, progettato per migliorare e dare più efficienza alla nuova capitale, rispetto a quella vecchia, Agra, in modo che le provviste reali con i loro elefanti, cammelli e cavalli potessero arrivare senza intoppi e imprevisti.

Le grandi processioni degli imperatori Mughal passavano per le vie tra i bazaar, una tradizione che continuò anche durante la dominazione britannica, infatti, la parata del Delhi Durbar, ovvero la ‘Corte di Delhi’, del 1903 per celebrare l’insediamento del re Edoardo VII e della regina Alexandra come imperatori dell’India, passò ancora una volta per le strade di Chandni Chowk.

Delhi Durbar del 1903 attraversa Chandni Chowk

Chandni Chowk perse col tempo quell’aura fiabesca descritta dai viaggiatori, fu bombardata nel 1857 durante l’ammutinamento dei Sepoy, o quella che gli indiani definiscono la loro prima guerra di indipendenza, facendo così spazio per nuove costruzioni e un’area di addestramento per i soldati britannici dove sorgevano le havelis delle donne, vennero via via dismessi e interrati i canali, che furono così decisivi nell’attribuzione del suo nome, fino alla chiusura definitiva nel 1910, e dove sorgeva il laghetto venne eretta nel 1950 una torre dell’orologio.

Quest’area molto estesa che è il cuore di quella che viene chiamata quasi affettuosamente Purani Dilli, è però ancora viva e formicolante di attività commerciali ed artigianali, dove si può trovare ancora di tutto, dalle spezie più pregiate alle bancarelle di jalebi, dai piccoli accessori per la casa ai sari più elaborati.

Da qualche anno sono in corso progetti di riqualifica che, se non riusciranno a ridare viali alberati e canali che riflettono la luce della luna, potranno rendere meno ingorgato e più funzionale un luogo che è al centro della vita cittadina di molti abitanti di Delhi e sulla lista di tanti turisti che visitano gli splendori dell’impero Mughal lì attorno.

Se dal lato pubblico ottenne quindi grande appagamento, la storia privata di Jahanara continuò nelle tragedie.

Già nel 1644 la principessa si ustionò molto seriamente, forse a causa di indumenti intrisi di oli profumati che si incendiarono, secondo altre versioni tentando di aiutare una delle sue danzatrici il cui abito aveva preso fuoco. Jahanara guarì solo dopo che un mendicante la visitò e un anno dopo andò in pellegrinaggio ad Ajmer al tempio dedicato al santo sufi Muʻin al-Din Chishti, di cui scrisse anche l’agiografia.

Era molto legata al fratello Dara Shikoh, erede presunto, che le aveva fatto conoscere ed apprezzare la filosofia sufi, alla quale era molto devota, e per il quale parteggiò durante la guerra di successione del 1657 fra i quattro figli maschi dell’imperatore Shah Jahan.

Nel 1658 il fratello Aurangzeb riuscì nell’ascesa al Trono del Pavone giustiziando Dara Shikoh e imprigionando il padre, già malato, nel Forte di Agra, dove Jahanara decise di seguirlo per prendersi cura di lui fino alla morte avvenuta nel 1666.

La morte di Shah Jahan – di Abanindranath Tagore 1902. Fonte Wikipedia

Forse grazie al fatto di essere una così grande benefattrice, donna pia, e molto amata dal popolo, il nuovo imperatore, alla fine della reclusione, le concesse una rendita annua e le restituì il titolo di Sahibat al-Zamani e di Padishah Begum (di cui si era avvalsa fino ad allora la sorella Roshanara, che molte cronache definiscono gelosissima di Jahanara, e sostenitrice di Aurangzeb).

Tentò negli anni, grazie all’influenza che ancora possedeva, di ammorbidire la politica troppo ortodossa del fratello, ma senza troppo successo, e il sovrano reinstaurò varie tasse svantaggiose per i non musulmani abolite a suo tempo dall’imperatore Akbar, oltre a politiche socioeconomiche che non ne favorirono la benevolenza dei suoi sudditi e che, per molti, segnarono l’inizio del declino dell’impero Mughal.

Passò gli ultimi anni della sua vita a Delhi da Faqirah ‘asceta’, come amava definirsi, nella semplicità.

Morì nel 1681 a 67 anni, e venne sepolta in una tomba molto semplice scelta da lei stessa nel complesso di monumenti sepolcrali di Nizamuddin a Delhi, che nulla aveva a che vedere con lo splendido mausoleo dove riposa la madre.

L’iscrizione in persiano recita:

Egli è il vivente, il sostentamento.

Nessuno copra la mia tomba se non con la verde erba,

Poiché quest’erba è sufficiente a coprire le tombe dei poveri.

La mortale asceta Jahanara Begum,

Discepolo di Khwaja Muʻin al-Din Chishti,

Figlia di Shah Jahan il Conquistatore

1092 (1681 DC)

Jahanara Begum è una delle poche donne ricordate nella storia della penisola indiana non per una grande o tragica storia d’amore come quella della stessa madre, di Jodha Bai, di Anarkali o di Padmavati, poi anche romanzate da poeti indiani e persiani, ma per ciò che ha lasciato sulla pietra, rifugi per i pellegrini e i mercanti, templi e moschee e un grande bazaar che portava rifugio e prosperità al suo popolo.