Isabella de’ Medici: innocente protagonista della “Leggenda Nera” del Rinascimento Italiano

Nella luminosa storia della dinastia de’ Medici di Firenze, le donne hanno spesso giocato un ruolo importante, sebbene raramente decisivo a livello politico. Spesso sono uscite di scena in modo sereno, altre tragico, altre volte ancora la loro morte è stata oggetto di ricostruzioni discordanti da parte degli storici.

Nata a Firenze nel 1542 e figlia prediletta di Cosimo I granduca di Toscana e di Eleonora di Toledo, Isabella de’ Medici è stata uno di quei personaggi femminili che, amati in vita, lasciarono un gran vuoto al momento della prematura scomparsa, alimentando i sospetti che il decesso fosse frutto di un crimine.

Isabella fu una delle donne più colte del suo tempo: conversava in spagnolo e francese, conosceva il latino e il greco antico, suonava con talento, componeva madrigali. A quattordici anni era stata data in moglie al rampollo di una potente famiglia romana, tanto brutto quanto abile in battaglia, Paolo Giordano Orsini d’Aragona.

Gli sposi continuarono a vivere in via Larga (oggi via Cavour) a Firenze er esplicita volontà di Cosimo I, anche se il marito, divenuto duca di Bracciano, avesse fatto abbellire il castello di famiglia per fissarvi la propria dimora.

Isabella de’ Medici divenne rapidamente una figura di spicco nella diplomazia della Firenze medicea tra il 1565 ed il 1575. Un ruolo riconosciuto anche dalle altre corti europee, che vide la consacrazione nel corso di due eventi ufficiali, il matrimonio del fratello Francesco con Giovanna d’Austria e la cerimonia di investitura papale di Cosimo I a granduca di Toscana nel 1570. In tale occasione il protocollo del cerimoniere pontificio riservò ad Isabella addirittura l’ingresso solenne dopo quello del padre, privilegio precedentemente concesso solo a sua madre.

La giovane mantenne durante tutta la vita una fitta rete di rapporti epistolari con le consorti di principi e governanti del suo tempo, come testimonia la corrispondenza racchiusa negli archivi, uno scambio di favori ed alleanze che costituì un canale diplomatico “parallelo “, ma non meno importante di quello ufficiale. Coraggiosa, di vedute moderne, Isabella adoperò il prestigio della sua posizione per salvare alcuni personaggi invisi all’Inquisizione e fu legata da sincera amicizia alla veneziana Bianca Cappello, discussa seconda moglie del fratello Francesco, sfidando l’ostilità della corte medicea.

Intelligente, arguta, brillante, attenta alle tendenze artistiche della Firenze del tempo, la duchessa animò il salotto culturale più alla moda in città, cui partecipavano letterati, poeti, musicisti ed aristocratici. I contemporanei la raffigurarono come Caterina d’Alessandria e la paragonarono a Minerva, e furono numerosissime le opere a lei dedicate, in cui spesso, al di là del desiderio di compiacere, si intuisce la genuina ammirazione per la destinataria.

La Medici, figlia del Rinascimento più colto e raffinato, memore della lunga tradizione mecenatesca della sua famiglia, incoraggiò anche nuovi talenti, primo fra tutti quello di Maddalena Mezari, detta “la Casulana”, celebre madrigalista del Cinquecento.

Se la sua vita pubblica fu ricca di soddisfazioni, non si può dire altrettanto della sua vita privata. Il rapporto con Paolo Giordano Orsini, cui nel frattempo aveva dato due figli, fu affettuoso ma tutto sommato freddo, come testimonia anche in questo caso la corrispondenza epistolare, perché condizionato dalla distanza e dalla passione dell’Orsini per l’amante, Vittoria Accoramboni.

Quando Isabella trovò la morte, il 16 luglio del 1576 nella villa medicea di Cerreto Guidi, la notizia della sua – inattesa – scomparsa si diffuse ben presto in tutta Europa alimentando l’ipotesi dell’uxoricidio anche a causa di una certa propaganda antimedicea.

Per esempio, Ercole Cortile, ambasciatore di Ferrara a Firenze, scrisse in un dispaccio cifrato al suo signore, Alfonso d’Este: “La signora donna Isabella poi fu strangolata dal mezzo giorno havendola mandata a chiamare il signor Paolo”.

Paolo Giordano Orsini – sostennero infatti alcune fonti, oggi destituite di fondamento – avrebbe strangolato la consorte accecato dalla gelosia per un suo presunto tradimento con il cugino Troilo Orsini. Oppure, peggio ancora, per il desiderio di sbarazzarsi di lei, essendo innamorato di Vittoria Accoramboni.

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La presunta tragica morte della giovane duchessa di Bracciano ebbe vasta eco in letteratura dal Seicento all’Ottocento, e scrittori come John Webster, Jacopo Galluzzi, Alexandre Dumas e Domenico Guerrazzi la dipinsero di volta in volta come un’astuta seduttrice, come l’amante incestuosa di Cosimo I, o come l’innocente vittima di un marito senza scrupoli.

Accanto all’ammirazione e al rispetto postumi, si sviluppò così anche la “leggenda nera” di Isabella de’ Medici, donna dalla fatale bellezza che si circondava di musici, artisti e nobili con cui si intratteneva sino alle ore più tarde della notte in piaceri illeciti.

Una vita da idillio interrotta drammaticamente dal suo assassino

Addirittura, secondo la leggenda, ogni volta che l’Orsini si allontanava per ragioni di stato o militari la moglie si recava al Castello Odescalchi di Bracciano in cui, dopo aver trascorso la notte con gli amanti, li eliminava, dopo averli rinchiusi in una stanza comunicante con un pozzo, in cui perivano sciolti nella calce viva.

La ricostruzione documentaria, più realisticamente, suggerisce invece che la fama di ammaliatrice fu originata da alcuni libelli calunniosi di esuli fiorentini. Isabella avrebbe mantenuto in vita una condotta irreprensibile, anche se Cosimo I, preoccupato dai possibili pettegolezzi causati dalle sue frequentazioni maschili, l’avesse invitata più volte alla prudenza. Anche la versione dell’assassinio per mano dell’Orsini è stata smentita da recenti studi: pare infatti che Isabella de’ Medici morì di morte naturale, a seguito di un lungo stato febbrile.

Perché ricordare allora la duchessa di Bracciano?

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Isabella, che fu definita “la stella di casa Medici”, fu una delle donne di maggior potere nel panorama tardo-cinquecentesco italiano, un personaggio che non poteva non affascinare l’Ottocento letterario, che spesso attinse a piene mani dagli intrighi e dagli eventi torbidi del Medioevo e del Rinascimento. La sua vita fu quindi romanzata in risposta alle aspettative di un pubblico che amava le storie a tinte fosche e forti emozioni, e cosa c’era di più avvincente di una vicenda di amore e morte nella Firenze del Cinquecento?

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Oggi di Isabella de’ Medici restano le tante opere a lei dedicate ed i tanti ritratti. Uno fra tutti, particolarmente intenso, è conservato presso la Galleria degli Uffizi di Firenze ed è attribuito ad Alessandro Allori. Il quel dipinto la duchessa osserva con un sorriso enigmatico lo spettatore, racchiusa in un sofisticato abito nero adorno di perle, i capelli cinti da gioielli.

In una composizione musicale per liuto, l’unica sua opera nota, Isabella aveva scritto:

Lieta vivo et contenta/ Dapoi che ‘l mio bel sole/ Mi mostra chiari raggi come suole./ Ma così mi tormenta/ S’io lo veggio sparire/ Più tosto vorrei sempre morire

Dei versi che sembrano, riletti a posteriori, un invito a cogliere ogni attimo della vita, consapevoli della sua brevità.


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