Nell’estate 2014 abbiamo voluto realizzare un viaggio che da tempo solleticava la nostra mente. L’Iran. Ma l’Iran così lo fanno tutti; no, noi cercavamo una formula un po’ più “sudata” per quel traguardo, un percorso che dettasse la motivazione, una sorta di viaggio nel viaggio in cui ogni passaggio avesse il gusto della vittoria. Siamo dunque partiti alla volta della Georgia, paese carico di antichità e amore per il sacro. Abbiamo incrociato gli sguardi con quelli degli abitanti, senza riserve, né noi né, forse, loro. La Georgia è come un’antica Albania cristallizzata nel tempo. Tutti vogliono divertirsi, e basta. Con il treno abbiamo poi attraversato il confine per l’Azerbaijan, antica terra russa che ancora porta con sé i suoi strascichi, convinta però di essersi pienamente sganciata da quel passato. Noi coglievamo le iperinnovazioni e le contraddizioni ancora presenti. Le vecchie pompe del petrolio e le vetrine di Armani sono un’espressione esemplare. L’atmosfera era rilassata solo nei luoghi in cui la modernità non era ancora arrivata.
Infine siamo giunti, via terra, a piedi, in Iran. Paese dalle infinite forme, colori e moltitudini. L’Iran è in grado di alienarti, così come di inglobarti in un singolo passo. Vi sono luoghi visibili che celano la verità, così come mondi invisibili che mostrano la vera anima del paese. Non è dato di saperlo fino in fondo, ma nel loro velo che coprendo svela, abbiamo immerso le nostre anime dentro un mondo in continuo divenire.
L’articolo e le fotografie sono di proprietà e sono stati realizzati da Roberta Resega.
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