Nella prima metà del 1100 d.C., l’Abbazia di Disibodenberg, in Germania, ospitava un gruppo di monache benedettine che vivevano secondo la regola dell’ora et labora. Una di loro si chiamava Ildegarda. Era una donna intelligente e audace, ma aveva dei problemi di salute che, spesso, la costringevano a letto anche per settimane.

I malanni fisici la perseguitavano fin dall’infanzia e, come ci tramanda lei stessa nei suoi scritti, erano quasi sempre accompagnati da qualcosa di inconfessabile. Si era chiusa nel silenzio per anni e aveva tenuto tutto per sé, ma, un giorno, chiamò l’amica Ricardis de Stade e le raccontò la verità.

Da quando aveva tre anni, ogni volta che si ammalava, Ildegarda vedeva un tripudio di luci e colori abbaglianti, udiva una musica celestiale e, mentre le visioni divine le scorrevano davanti, Dio le parlava con la sua voce.

Ricardis le credette, ma dovettero passare ancora altri anni prima che Ildegarda si convincesse a mettere tutto per iscritto e far uscire allo scoperto il suo dono. Da allora, ebbe inizio la storia della Profetessa Teutonica, della Sibilla del Reno, della monaca che, in un’epoca in cui le donne di chiesa dovevano sottostare all’autorità maschile, scrisse, predicò, fondò monasteri e tenne testa a papi e imperatori.

Gli anni in convento e le visioni
Ildegarda nasce a Bermersheim vor der Höhe, nell’attuale Renania-Palatino, nell’estate del 1098, da Ildeberto di Bermersheim, un nobile al servizio del conte di Sponheim, e da sua moglie Matilde de Merxheim-Nahet.

È di salute cagionevole, cresce debole e malaticcia, ma fin da bambina manifesta un gran fervore religioso e a soli tre anni riceve la prima delle sue tante visioni divine.
“Il cielo si è aperto e una luce fortissima, di una brillantezza estrema, è discesa e ha pervaso la mia mente. Non come un fuoco che brucia, ma come una fiamma che scalda, come il sole che con i suoi raggi scalda ogni cosa sfiori”.

Ildegarda è l’ultima di dieci figli e il suo destino è quello di diventare un’oblata, una persona consacrata a Dio per offerta dei genitori a una chiesa o a un convento. A otto anni, si trasferisce nell’Abbazia di Disibodenberg, che, anche se gestita da monaci, ospita un gruppo di benedettine la cui madre superiora è Jutta di Sponheim, che la prende sotto la sua ala protettiva e la educa alla vita di clausura.

Ildegarda è una bambina molto curiosa e i monasteri sono il luogo ideale per chi vuole ampliare le sue conoscenze. Impara il latino (ma senza saperlo scrivere), studia teologia, medicina botanica e tante altre materie che le permettono di avere un’istruzione più unica che rara per una donna dell’epoca.

Prende i voti fra il 1112 e il 1115, ma, durante l’adolescenza, le apparizioni divine non smettono di turbarla, e la giovane sente il disagio di non poterne parlare con nessuno.
“Durante una mia malattia chiesi a una delle infermiere se anche lei vedeva cose simili: quando mi rispose di no, fui presa da una gran paura. Spesso, nelle mie conversazioni, parlavo di cose future, che vedevo come presenti; tuttavia, quando notai la sorpresa nei miei interlocutori, diventai più riservata”.

L’unica a cui riesce a fare una confidenza è la sua amica Ricardis, ma Ildegarda ha comunque paura di non essere creduta dagli altri, perché, anche se si tratta di un contatto diretto con Dio, è pur sempre una donna e rischia di infrangere le leggi della Chiesa.

La donna secondo la Chiesa Medievale
Secondo la mentalità dell’epoca, la donna discende da Eva, dalla responsabile del peccato originale, ed è un essere impuro per antonomasia, con le ecclesiastiche che non fanno eccezione e vengono relegate ai margini della comunità clericale.

Questa discriminazione è riconducibile agli scritti di alcune figure di spicco della cristianità. Ad esempio, in una delle tre lettere a Timoteo, incluse nel Nuovo Testamento, San Paolo scrive:
“La donna impari in silenzio e in piena sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare né di dominare sull’uomo. Rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo, perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non Adamo fu ingannato, ma chi si rese colpevole di trasgressione fu la donna, che si lasciò sedurre”.

Dello stesso avviso è anche il Decretum Gratiani, una raccolta di diritto canonico in vigore nel XII secolo che vieta alle donne di trattare argomenti teologici e le invita a sottostare in tutto e per tutto all’autorità dell’uomo.

Non si tratta di leggi ferree – i secoli più repressivi sono ancora di là da venire – ma è interessante notare che, proprio in questo contesto storico e religioso, dove, comunque, una donna ci pensa due volte prima di sfidare il mondo maschile, Ildegarda riesce a imporsi come figura chiave del cristianesimo.

Da monaca a mistica
Alla morte di Jutta, nel 1136, Ildegarda diventa madre superiora del convento e, durante una teofania, Dio le ordina di mettere per iscritto ogni profezia che ha ricevuto. La donna inizia a dettare 26 visioni a un monaco di nome Volmar, che le traduce in latino e dà vita allo Scivias, forma abbreviata della locuzione Sci vias Domini, Conosci le vie del Signore, un’opera di carattere mistico-cosmologico di oltre 150.000 parole.

Il testo sarà completato solo anni dopo, ma, nel frattempo, Ildegarda deve comunque render conto ai suoi superiori e si reca dall’abate Kuno, il responsabile dell’Abbazia di Disibodenberg. Il frate approva il progetto e invia alcune pagine dello Scivias all’arcivescovo di Magonza, che, a sua volta, le gira a papa Eugenio III e Bernardo di Chiaravalle, che, in quei giorni, stanno partecipando a un sinodo nella vicina Treviri.
I due uomini di Chiesa ne studiano il contenuto e, dopo averne appurato il carattere profetico, acconsentono al prosieguo della stesura

Per Ildegarda è un successo su tutti i fronti, perché non solo le viene riconosciuto che ha avuto dei contatti diretti con Dio, ma Eugenio III decide di leggere alcuni passi dello Scivias dinanzi ai membri del sinodo, un onore mai concesso a una donna.

Nel giro di poco Ildegarda si guadagna una fama di tutto rispetto, e Disibodenberg diventa una meta di pellegrinaggio, con l’abbazia che prospera grazie alle donazioni, ma la carriera letteraria della monaca merita un piccolo approfondimento, perché Ildegarda non si limita alle sole profezie e sfrutta le sue vastissime conoscenze per scrivere di musica, medicina, anatomia e botanica. In sostanza un’antesignana del femminismo.

Le opere e la Lingua Ignota
Ildegarda attacca il dominio maschile attraverso la teologia e afferma che, se la purezza dell’uomo è associabile a Dio, la debolezza della donna è simile a quella di Gesù Cristo, quindi al lato umano della trinità. Con questo paragone riesce a esaltare la femminilità, argomento a cui si approccia anche in ambito medico.

Il Libro delle sottigliezze della creature divine è una sorta di enciclopedia delle scienze naturali, al cui interno si intravedono alcune intuizioni sulla teoria eliocentrica dell’universo e sul sistema della circolazione sanguigna, si parla liberamente dell’apparato riproduttore, delle mestruazioni e, addirittura, c’è una descrizione pressoché perfetta dell’orgasmo femminile.

Oltre ai testi mistico-didascalici e ai trattati medico-scientifici, Ildegarda lavora anche a opere teatrali, compone inni liturgici e crea la Lingua Ignota, considerata la più antica lingua criptica conosciuta. Ne descrive alcuni tratti salienti nel libro Lingua ignota per simplicem hominem Hildegarden prolata, dove include un alfabeto di 23 lettere e un glossario con i vocaboli disposti in ordine gerarchico. In alto ci sono le traduzioni per Dio, per gli angeli e tutto ciò che riguarda l’ambito religioso; in basso troviamo le parole di uso comune, come, ad esempio, i nomi dei giorni, dei mesi, dei mestieri, delle piante e degli insetti.

La lingua in sé sembra rifarsi alla grammatica latina, ma, a giudicare dalle due sole frasi che Ildegarda ci ha lasciato, che sono traducibili solo in parte, il glossario è molto più ampio di quello che conosciamo e, senza altre informazioni è impossibile saperne di più.

Perché crea questa lingua? Si ipotizza che volesse dar vita a una sorta di linguaggio universale, un po’ come lo è oggi l’inglese, o che fosse un semplice linguaggio segreto nato su ispirazione divina durante una delle visioni.

Il nuovo convento e le amicizie con papi e sovrani
Intorno al 1148 Ildegarda decide di fondare un convento tutto suo e di svincolarsi dall’autorità dei monaci di Disibodenberg. L’abate Kuno, però, sa che la sua permanenza è necessaria se vuole continuare ad attirare fedeli e donazioni, e la costringe a restare nell’Abbazia.

Ildegarda si ammala e rimane a letto per giorni, ricevendo una visione in cui Dio la avvisa che guarirà solo dopo aver ottenuto il permesso di partire. Come si suol dire, sia fatta la volontà del Signore. Kuno cede agli ordini dall’alto e lascia andare Ildegarda, che, fra il 1150 e il 1151, fonda il convento di Rupertsberg, nei pressi di Bingen.

Sulle visioni di Ildegarda si è discusso molto, un po’ come quelle di Giovanna d’Arco, e le ipotesi scientifiche e psicologiche sono molteplici, ma è interessante notare che, volendo credere o meno alla spiegazione mistica, la monaca aveva i suoi superiori in pugno. Il motivo è semplice: se la Chiesa aveva dichiarato autentiche le visioni voleva dire che Ildegarda parlava direttamente con Dio, e la parola di Dio è legge.
Come poteva un ecclesiastico andar contro la volontà divina?

Sarebbe stata un’eresia ed è per questa ragione che Ildegarda riesce a imporsi in una società dove l’uomo aveva sempre l’ultima parola.

Senza alcuna supervisione maschile, gli anni a Rupertsberg le offrono campo libero per mettere ancora di più in risalto la femminilità e, in quanto priora, sfida la regola benedettina, lasciando che lei e le sue consorelle portino i capelli lunghi e vestano abiti ingioiellati. Nessuno scandalo, nessuna indagine ecclesiastica, nessun rimprovero, perché Ildegarda non solo è intoccabile, ma è tenuta tanto in considerazione che, nel 1155, l’imperatore del Sacro Romano Impero, Federico Barbarossa, la invita a corte e, con un editto imperiale, pone Rupertsberg sotto la protezione della corona.

Intrattiene amicizie epistolari anche con Bernardo di Chiaravalle, Enrico II d’Inghilterra, Eleonora d’Aquitania, papa Adriano IV e papa Alessandro III, con questi ultimi due che, fra il 1158 il 1171, le commissionano ben quattro viaggi di predicazione in giro per l’Europa centrale.

Ildegarda è una delle prime donne a cui la Chiesa concede di parlare liberamente ai fedeli, e nei suoi sermoni ammonisce e invita alla redenzione i peccatori, si scaglia contro l’eresia càtara e condanna la corruzione ecclesiastica.

Non ha problemi nemmeno a esprimersi sulle vicende politiche del tempo, e quando Federico Barbarossa entra in contrasto con la Santa Sede ha addirittura la sfrontatezza di mandargli una lettera in cui lo invita a smettere di “comportarsi come un bambino, come un uomo dalla vita insensata”.

Gli ultimi anni
Nel 1165, fonda un secondo convento a Eibingen, continua ad avere visioni, a redigere testi e occuparsi delle sue consorelle, ma, nel 1178, alla soglia degli ottant’anni è costretta a gestire una crisi con papa Alessandro III.

Il pomo della discordia è un nobile scomunicato, che la sua comunità ha sepolto nel cimitero conventuale, dove, secondo il diritto canonico, non può assolutamente stare. Da Roma arriva l’ordine tassativo di riesumare il corpo e lasciarlo in terra sconsacrata, ma Ildegarda si oppone e afferma che il nobile si è riconciliato con Dio poco prima di morire.

Ne nasce un braccio di ferro che si protrae fino al marzo del 1179, con il papa che minaccia di interdetto il monastero di Rupertsberg e Ildegarda che rimane ferma sulla sua posizione.

Una successiva indagine dell’arcivescovo locale dà ragione alla monaca, che colleziona l’ultimo successo della sua vita. Si spegne il 17 settembre del 1179, all’età di 81 anni. Per i popolani è subito santa, ma il suo culto rimane confinato alla sfera locale e solo nel 2012, con papa Benedetto XVI, Ildegarda di Bingen viene canonizzata e nominata Dottore della Chiesa.

Leggenda narra che, quando morì, in cielo comparvero due archi di luce luminosissimi, che si unirono e formarono una croce; l’ultimo saluto a una delle ecclesiastiche più importanti del medioevo. È stata una monaca, una mistica, una scrittrice, un’esperta di scienze naturali, ma anche una femminista ante-litteram, una donna forte e curiosa che, in un mondo dove l’uomo era considerato superiore e aveva l’ultima parola su tutto, si era istruita, si era imposta e aveva sfidato papi e imperatori.

Nessuno poteva tenerle testa. Ildegarda di Bingen, sia come personaggio religioso, sia come personaggio storico, è stata una donna che ha agito nella più totale autonomia, con buona pace del potere spirituale e di quello temporale.

Fonti:
Ildegarda di Bingen – Enciclopedia Treccani
Ildegarda di Bingen, la mistica femminista – Storica National Geographic
Il Tempo e la Storia: Ildegarda di Bingen – Documentario con Alessandro Barbero disponibile su RaiPlay
Hildegarda de Bingen – Wikipedia spagnolo
Ildegarda di Bingen – Wikipedia italiano