Il Volto del Colonialismo: una Donna indiana trasporta un Mercante Inglese

Il mercante inglese della fotografia è seduto comodamente, mentre guarda l’obiettivo del fotografo, che scattò l’immagine nel 1903. Ha scarpe in pelle, un cappello rotondo, calzini, pantaloni, una giacca e una camicia che, dal colletto, si direbbe di colore bianco. E’ seduto comodamente sulla schiena di una donna, la cui età sarebbe presuntuoso voler appurare soltanto dall’immagine, la quale lo scarrozza verso la destinazione da lui prescelta.

Anche la donna è vestita secondo i propri costumi. Non ha calzini né scarpe, e porta un lungo abito con una gonna che le lambisce i piedi. Sulla schiena ha un sedile che tiene ancorato a sé mediante una fascia di cuoio stretta sulla fronte. L’uomo può avere un peso prossimo agli 80 Kg, che la donna trasporta con fatica, schiacciata dal peso di un colonialismo, quello inglese, che rappresenta probabilmente una delle pagine più oscure della storia dell’umanità.

La donna dell’immagine è originaria del Bengala Orientale, che è la parte afferente all’India. La sua etnia è quella dei Sikkimesi, e fa parte del popolo “Lho-Mon-Tsong-Tsum”, che identifica tre razze originarie della regione. Non si sa di preciso a quale etnia appartenga, se ai Lepcha, ai Bhutia o ai Nepalesi che abitano la zona, ma probabilmente questo al mercante non importa. Egli le parlerà inglese, probabilmente pretendendo che la donna lo capisca, non sapendo che la regione ha una multiculturalità vastissima, e le lingue parlate sono molte di più che in Inghilterra: la principale il Nepalese, poi ci sono Bhutia, Dzongkha, Groma, Gurung, Lepcha, Limbu, Magar, Majhi, Majhwar, Newar, Rai, Sherpa, Sunuwar, Tamang, Thulung, Tibetano, e Yakha.

Probabilmente al mercante non interessa nemmeno la fede della donna, che può essere Induista, Buddista Vajrayāna o ancora Mun, un antichissimo culto animista della regione. La donna può anche essersi convertita al cristianesimo, introdotto proprio dai missionari inglesi nei decenni precedenti. Ma a tutto questo, probabilmente, né la donna né l’uomo stanno minimamente pensando. Lui è seduto sulla schiena della donna, e lei forse pensa ai pochi spiccioli che raggranellerà con quella “corsa”. Il volto del colonialismo fu anche questo, la dignità e i diritti umani, calpestati con estrema naturalezza.

Ringrazio per la segnalazione della Fotografia Debora Ayla, dal gruppo ufficiale di Vanilla Magazine.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...