Il Villaggio dei Templi Perduti nel mezzo della Giungla della Birmania

Può sembrare un luogo tratto dal libro “Il Libro della Giungla”, ma il villaggio di Indein in Birmania è molto più reale della parole scritte da Rudyard Kipling. Il paese è raggiungibile soltanto passando attraverso uno stretto canale fluviale, dove si incontrano i bufali che nuotano e le donne che lavano i vestiti. Dopo un’ora di navigazione si arriva al piccolo villaggio di Indein, un centro nel quale gli abitanti dei paesi limitrofi portano i loro prodotti come il tofu, la soia, il pesce o le verdure.

Il villaggio nasconde un gioiello della storia e della cultura buddista mondiale, l’agglomerato Pagoda di Shwe Indein, un complesso di circa 1600 stupa risalenti al 1.100 – 1.200 dopo Cristo. Alcuni di questi stupa, edifici che contengono reliquie buddiste, sono state completamente restaurate ponendo fine al loro fascino millenario, quando il governo ha deciso di ristrutturarle e farle rivestire di vernice dorata.

Fortunatamente gli stupa sono così numerosi che il processo di rinnovamento non è stato fatto che su pochi esemplari, e immergersi attraverso le rovine di questo antico centro religioso buddista è un viaggio nel tempo e nello spazio con pochi paragoni al mondo.

Molti dei piccoli edifici sono stati inghiottiti dalla vegetazione, che ha colonizzato letteralmente i mattoni con alberi e piante di ogni tipo.

L’origine del sito è controversa. La storia afferma che le Pagode furono commissionate Durante il regno di re Narapatisithu, ma la tradizione vuole che siano state costruite dal re Ashoka nel 3° secolo Avanti Cristo e che siano state poi restaurate dal re Anawrahta. E’ bene precisare però che non vi è alcuna prova archeologica a sostegno di questa teoria tramandata per tradizione orale.

Oggi sono una delle mete predilette per i viaggi degli avventurieri in grado di inerpicarsi fra la selvaggia natura del grande paese asiatico.

Sotto, un video amatoriale fra le pagode di Indein:

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...