“Non sarà un po’ presto per traslocare? Si troverà bene nella nuova casa? Gli/Le piacerà? Riuscirà ad adattarsi senza problemi?” Ogni genitore che ha vissuto un trasloco sicuramente si sarà fatto questo tipo di domande, esso è uno degli eventi più stressanti della vita di una persona, è pesante per gli adulti, figuriamoci per i bambini!

Negli ultimi articoli ci siamo occupate del progetto “Educazione mamma – bimbo”, dell’arrivo di due tartarughine d’acqua e per “non farci mancare niente”, oggi affrontiamo il tema del trasloco, un avvenimento che, in qualche modo, ha rivoluzionato la vita della piccola Elena.
Senza dubbio, questo avvenimento comporta un dispendio di energie non indifferente per tutti, ammettiamolo, dopo un trasloco, chi l’ha provato lo può confermare, ci si sente stanchi e non solo, anche il bagaglio emotivo diventa pesante. Dal punto di vista psicopedagogico, quali sono gli effetti che porta con sé? In che modo incide sulla vita dei più piccoli? Come si può cercare di limitare i “danni”?
Innanzitutto, soffermiamoci sulla parola più importante: “cambiamento”. Quello che salta subito all’occhio consultando il dizionario Treccani è la seguente spiegazione: “mutamento improvviso di situazione, di uno stato di cose”. Il trasloco non è solo uno spostamento, implica necessariamente un cambiamento e quindi un’alterazione della quotidianità.
Come abbiamo detto più volte, i bambini hanno la necessità di avere dei punti di riferimento e, non a caso, educatori ed esperti sottolineano spesso l’importanza di creare delle routine. Io mi sento sicuro perché ho al mio fianco degli adulti che mi vogliono bene, mi fanno sentire protetto, ho degli spazi dedicati al gioco, alla pappa e alla nanna, dei luoghi famigliari anche al di fuori delle mura domestiche. Ciò che è nuovo può incuriosirmi, addirittura eccitarmi, ma allo stesso tempo incutermi timore. Traslocare vuol dire anche lasciarmi alle spalle una parte del mio vissuto, delle mie esperienze di vita, la mia casa o alcuni oggetti materiali che non posso portare con me.
Il trasloco è una fase della vita molto dedicata, perché tutte quelle certezze vengono a mancare e per un bambino piccolo può essere davvero traumatico, una fonte di stress da non sottovalutare. Una volta trasferito potrebbe avere non poche difficoltà ad adattarsi al nuovo ambiente, lasciandosi prendere da tristezza, ansia, avere reazioni psicosomatiche e in alcuni casi anche regressioni.
Tenendo in considerazione l’esperienza di Elena, quali potrebbero essere dei piccoli accorgimenti per rendere questa “trasformazione” più agevole?
Primo fra tutti, il “dialogo”, parlate con i vostri figli, prendetevi del tempo per affrontare l’argomento serenamente, senza alcuna fretta. È consigliabile leggere delle storie in modo tale che il bambino possa immedesimarsi nel personaggio ed esternare le proprie emozioni. I genitori devono spiegare molto semplicemente le motivazioni, gli aspetti positivi legati a questa scelta e come avverrà il cambiamento.
Un altro passo da fare è quello di portare il bambino nella casa nuova, per fargli prendere confidenza con l’ambiente. Si potrebbe chiedergli come preferirebbe organizzare la propria cameretta, gli spazi dedicati al gioco, tutto ciò che lo potrebbe riguardare più da vicino, in altre parole, renderlo partecipe della situazione che sta vivendo.
È fondamentale preparare insieme o fargli trovare i suoi punti di riferimento: i giochi, il letto, dei cuscini, un tavolino per disegnare così che una volta avvenuto il trasloco, si possa evitare un eccessivo senso di disorientamento.
Bisogna dare continuità, sia per quanto riguarda l’organizzazione degli spazi, che per quella del tempo. Traslocare non significa stravolgere le nostre abitudini: i più piccoli devono avere la possibilità di seguire degli orari e mantenere le proprie routine quotidiane.
Il trasloco è un evento molto stressante, i genitori devono trasmettere al bambino serenità e sicurezza, per questo è meglio evitare altri eventi importanti, come per esempio l’inizio della scuola, l’arrivo di un fratellino o una sorellina ecc.
Un altro piccolo accorgimento da seguire è quello di osservare attentamente nostro figlio, individuando possibili disagi, paure, regressioni, affrontarli insieme e adottare delle strategie per superarli.
Elena, secondo quanto affermato dai genitori, non sembra particolarmente scossa da questo avvenimento: prima di traslocare era già stata nella casa nuova, aveva passato lì qualche giorno iniziando così a familiarizzare con l’ambiente circostante. Dal punto di vista relazionale, è una bambina piuttosto timida, quindi quando incontra persone che non conosce, sembra abbia paura, deve osservarle e capire se si può fidare di loro o meno. Ci vorrà del tempo prima che possa trovare dei nuovi amici ma, gradualmente, troverà un nuovo gruppo, bimbi con cui condividere avventure ed esperienze.
Sicuramente, il sapere di poter tornare nella casa dove abitava prima, le dà un maggiore senso di sicurezza. Molto spesso propone questa situazione nel gioco simbolico, infatti prende la sua bicicletta o il monopattino e dice di andare a Beihai in macchina, oppure di andare in stazione e prendere il treno. C’è un continuo richiamo alla sua città natale, è evidente che non l’ha dimenticata e che costituisce ancora il suo “porto sicuro”, anche perché lì è dove abitano i suoi nonni.
Fino a questo momento non sono stati evidenziati segnali di disagio o regressioni. Elena sta affrontando le novità in modo positivo, anche grazie al sostegno dei suoi genitori, Ci sono ancora tanti luoghi da esplorare, legami da instaurare, ma ogni cosa a suo tempo, una parola che è entrata a far parte del vocabolario della nostra ricerca è “gradualità”.
Per ora ci fermiamo qui, vi diamo appuntamento al prossimo articolo!
Articolo a cura di Haidi Segrada e Federica Mascheroni.