Nella Germania dei primi anni ’30 la vita era piuttosto difficile per molte persone: il paese attraversava un periodo di recessione, e furono in tanti a rimanere senza lavoro.
Oskar Spek
Oskar Speck, che aveva visto fallire la sua società di impianti elettrici, prese una decisione estrema, compatibile con le sue scarse risorse finanziarie: arrivare a bordo di una canoa da Ulm, la sua città, fino a Cipro, per lavorare nelle miniere di rame. Era il maggio del 1932, quando mise nelle acque del Danubio il suo kayak pieghevole lungo 4,5 metri, non pensando affatto di arrivare a compiere un’impresa che divenne un record, ancora oggi imbattuto: 30.000 miglia percorse a bordo di una canoa non certo progettata per navigare in mare aperto.
Il viaggio di Oskar Spek
Dopo sette anni, il 20 settembre del 1939, il suo viaggio si concluse in una sperduta isoletta dello stretto di Torres, in Australia, dove non fu accolto trionfalmente come lui si aspettava, ma fu anzi arrestato con l’accusa di essere una spia nazista. Perché, nel frattempo, Hitler era salito al potere ed era scoppiata la Seconda Guerra Mondiale.
Certo, l’ideale iniziale di Spek non era quella di compiere un viaggio così lungo, né tantomeno di stabilire un primato. Partì, con pochi soldi ed esigue scorte alimentari (carne in scatola, cioccolato, latte condensato), remando sui fiumi Danubio e Vardar fino alla Bulgaria e la Jugoslavia. Arrivò quindi a Salonicco, in Grecia, dove issò una piccola vela sulla canoa, per attraversare l’Egeo fino a Cipro.
Spek in Indonesia
A quel punto, la prospettiva di lavorare in miniera deve essere sembrata a Spek meno allettante di quel lento viaggio solitario, tanto che preferì proseguire la sua avventura verso l’ignoto, nonostante il reale pericolo di annegare: il coraggioso canoista non sapeva nuotare. Nel novembre del 1933, diretto verso il fiume Eufrate e il Golfo Persico, cominciarono i veri problemi: dovette affrontare l’unica tratta del suo viaggio sulla terraferma, a bordo di un autobus. Non fu una passeggiata: fu picchiato e derubato della sua canoa da gente del posto. Riuscì a recuperarla solo pagando una “mancia” ai corrotti poliziotti locali.
Mentre si trovava in Iran contrasse la malaria, che lo tenne bloccato per diversi mesi; dovette anche aspettare un nuovo kayak, spedito dalla Germania, perché il suo si era rotto durante una tempesta di vento.
Spek in Nuova Guinea
Quando arrivò nel Baluchistan, l’attuale Pakistan, il governatore inglese gli fece da sponsor, finanziando la straordinaria avventura. Speck divenne famoso, inseguito da curiosi e giornalisti che volevano raccontare la sua impresa. Anche gli americani lo aiutarono economicamente, invece, paradossalmente, erano i tedeschi a non approvare l’impresa: mentre Hitler stava cercando di creare una nuova Germania, lui aveva abbandonato la patria.
Ora, con l’economia in ripresa, sarebbe potuto tornare a casa: “Non c’era motivo per cui non dovessi tornare in Germania” scrisse sul suo diario, se non il fascino esercitato dal resto dell’Asia, dalle selvagge isole delle Indie Orientali olandesi, e poi la Nuova Guinea e l’Australia. Improvvisamente le cose si ribaltarono: in India fu arrestato e trattenuto per due giorni, con l’accusa di essere una spia nazista; a Giacarta, in Indonesia, un funzionario nazista gli offrì del denaro per la sua impresa, che lui usò per comprare una nuova macchina fotografica e una cinepresa 16 mm.
Era d’improvviso divenuto, secondo le parole del funzionario tedesco, “un agente della Nuova Germania con tutti i suoi ideali, la sua ferrea volontà e l’appassionato spirito vichingo”. Eppure, dai diari di Spek non trapela nessun ideale politico.Traspare piuttosto la figura di uomo che attraversò gli anni ’30 vivendo in una sorta di bolla, ignaro del mondo che lo circondava.
Mentre su alcune isole era stato accolto come un dio, giunto a Timor, Spek incontrò dei nativi ostili: fu legato e selvaggiamente picchiato, tanto da riportare la perforazione del timpano, minacciato del taglio della testa. Riuscì a fuggire e a tornare a Giacarta per farsi curare, dopo un’odissea lunga 1600 miglia. Gli olandesi però non gli diedero più il permesso di navigare nelle loro acque. Anche se il canoista tedesco non lo sapeva, in Europa la situazione politica stava precipitando.
Nel luglio del 1939 arrivò nell’estremo lembo orientale della Nuova Guinea, quasi alla conclusione del suo viaggio; a settembre arrivò, finalmente, sul territorio australiano. Era passato attraverso terribili attacchi di malaria, la sua canoa si era ribaltata molte volte, si era impantanato in sconfinate foreste di mangrovie, dove i coccodrilli erano più lunghi della sua canoa e persino le innocue salamandre avevano un aspetto terrificante.
Nessuno si ricordava più di Speck e della sua celebre impresa. Le autorità militari australiane, che esaminarono i suoi documenti, arrivarono alla conclusione che l’uomo non fosse di fede nazista, malgrado il gagliardetto con la croce uncinata fissato sulla canoa, e un saluto nazista trovato su una lettera. Nonostante questo, Spek fu rinchiuso per sei anni in campo di internamento, la più beffarda delle conclusioni per un’avventura assolutamente straordinaria.
La sua storia fu presto dimenticata, caduta in un oblìo generato dai tragici anni della guerra. Oskar Spek fu liberato nel gennaio 1946, otto mesi dopo la fine della guerra. In Australia trovò, alla fine, la miniera che lo aveva spinto a lasciare la Germania, e divenne un commerciante di opali.
Solo una volta, nel 1970, sentì il richiamo della sua terra, e tornò in Europa. Morì a 88 anni, nel 1995, dall’altra parte del mondo, senza la soddisfazione di aver avuto un riconoscimento qualsiasi per il suo record, ignoto praticamente a tutti.
Molte fotografie scattate da Oskar Spek sono pubblicata nella pagina Flickr a lui dedicata dal Australian National Maritime Museum.