Charles Lindbergh era una specie di leggenda nell’America degli anni ’20. La sua traversata aerea solitaria e senza scalo, dalle vicinanze di New York a Parigi in 33 ore e mezza sullo ‘Spirit of St. Louis’, era stata un’impresa senza precedenti. Figlio di immigrati svedesi, aveva sposato nel 1929 Anne Morrow e avevano avuto il primo figlio nel 1930: Charles Augustus Lindbergh Jr.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
La famiglia si era stabilita nel New Jersey e lì, il 1° marzo del 1932, quando aveva solo 20 mesi, il piccolo Charles Jr venne rapito dalla sua culla. Alle 21 la baby sitter si accorse che il bambino non era nella sua culla e non era neppure con i genitori. Lindbergh ricordò di aver sentito un rumore simile all’urto di un oggetto di legno ma di aver pensato che fosse quello di un cassetto.
La culla era vuota, la finestra aperta e c’era una lettera di richiesta del riscatto, scritta a mano in cattivo inglese e con un disegno particolare.
La richiesta era di 50.000 Dollari
La richiesta di riscatto lasciata sul davanzale della camera:
Lindbergh uscì in cerca dei rapitori, ma non trovò nessuno. C’erano solo delle impronte confuse nel fango sotto la finestra, pezzi di una scala di legno rotta in tre pezzi e la copertina del bambino. Le ricerche cominciarono immediatamente. Si mobilitarono anche militari, civili, perfino Al Capone, dal carcere, si offrì di aiutare a trovare i responsabili, ovviamente in cambio della libertà, ma la sua offerta venne rifiutata.
Nella lettera si leggeva:
«Caro signore! Tieni pronti 50.000 dollari: 25.000 dollari in
biglietti da 20 dollari, 15.000 dollari in biglietti da 10 dollari e
10.000 dollari in biglietti da 5 dollari. Tra 2–4 giorni ti indicheremo dove consegnare il denaro.
Ti avvertiamo di non divulgare nulla e di non avvisare la polizia. Il bambino è tenuto in buone condizioni. I segni per tutte le lettere sono la firma (il simbolo sulla destra) e tre buchi.»
Charles Lindbergh:
Venne messa una taglia di 25.000 dollari sul rapitore e i Lindbergh ne offrirono di tasca loro altri 50.000, all’epoca il totale della taglia aveva un controvalore di circa un milione e mezzo di dollari odierni. In una seconda lettera la richiesta era aumentata a 70.000 dollari con la scusa che i Lindbergh avevano avvertito la polizia. Anche questa portava il marchio, e richiedeva un intermediario per le trattative.
John Condon, ex maestro elementare che si offrì come mediatore, venne accettato da entrambe le parti e il primo incontro per gli accordi venne fissato nel Woodlawn Cemetery nel Bronx. Si presentò una persona che parlava con accento straniero e disse di chiamarsi John.
Condon non riuscì a vederlo in faccia per il buio. Gli venne assicurato che il bambino era in mani loro, cosa della quale venne chiesta una prova.
Un particolare interessante è che sia nelle lettere sia nei colloqui dei rapitori venne sempre usato il plurale
Venne fornito il pigiamino del bambino, insieme ad altre istruzioni e, dopo varie lettere, tutte spedite da New York, e dopo altri incontri, la consegna dei 50.000 dollari fu programmata per il 2 aprile.
Per incontrarsi Condon pubblicò un’inserzione su Home News: Money is ready. No cops. No secret service. I come alone, like last time (“Il denaro è pronto. Niente poliziotti. Niente servizi segreti. Verrò da solo, come l’ultima volta”).
Il manifesto diffuso nei giorni del rapimento con la descrizione del bambino:
All’appuntamento al solito cimitero del Bronx si presentò una persona sola, che ritirò il denaro. Alcune banconote erano del tipo vecchio ‘Gold Certificate’ che stava per essere ritirato dalla circolazione e si sperava che potesse incuriosire chi le riceveva in pagamento. Dopo aver ricevuto il riscatto, “John” disse che baby Lindbergh era in custodia a due donne “innocenti” su una barca chiamata Nelly, ormeggiata nel porto dell’isola di Martha’s Vineyard, nel Massachusetts, ma le ricerche non portarono a nulla.
Il 12 maggio del 1932 un camionista trovò il corpo del piccolo, abbandonato in un campo, semisepolto. Pur essendo in avanzato stato di decomposizione e preda di animali selvatici, venne riconosciuto per una piccola malformazione del piedino e grazie alla camicetta.
La morte era stata causata da un forte colpo alla testa
Il clamore mediatico fu immenso, ma le indagini non portarono a nulla per lungo tempo. Alcune banconote del riscatto cominciarono ad essere spese ma non si arrivò mai a una identificazione di chi le avesse effettivamente utilizzate, anche se erano tutte state usate a New York.
Un certificato aureo del 1922, del tutto analogo a quelli usati per pagare il riscatto di “Baby Lindbergh”:
Nel mentre fu approvata una legge che consentiva all’FBI di indagare sui casi di rapimento, e venne quasi incriminata una persona molto vicina alla famiglia Lindbergh, Violet Sharp. Proprio l’ambiente vicino alla famiglia dell’aviatore era finito sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori, e la Sharp sembrò la possibile complice più papabile. Durante l’interrogatorio si era contraddetta più volte ed era apparsa nervosa e irascibile.
Ma il 10 Giugno del 1932, alla vigilia di un ennesimo interrogatorio, la donna si suicidò
Probabilmente non aveva nulla a che vedere col rapimento e il seguente delitto, ma le indagini le avevano causato tali livelli di stress da portarla al gesto.
Fra i sospetti finì anche John Condon, il mediatore, ma a suo carico non si trovò mai nulla, oltre al fatto che Lindbergh era sempre stato dalla sua parte.
I mesi passavano e ogni tanto alcune banconote venivano trovate, tutte spese a New York, ma del sequestratore (o della sua banda) non v’era traccia.
Dopo circa 30 mesi dal sequestro che sconvolse l’America, il 15 settembre del 1934 l’addetto a un distributore ricevette in pagamento una banconota da 10 dollari del tipo vecchio e, insospettito, segnò la targa del veicolo sulla banconota. La targa era la 4U-13-41-N.Y.
La banconota era una di quelle usate per pagare il riscatto
Se ne accorse un impiegato di banca che, ricevuto il titolo, contattò immediatamente il benzinaio per sapere come mai avesse segnato il numero di targa. Questi gli raccontò che pensava di avere a che fare con un falsario, e per questo motivo aveva trascritto la targa.
L’auto si rivelò essere di Bruno Hauptmann, un immigrato tedesco con piccoli precedenti, di professione falegname, che venne prontamente arrestato il 19 settembre. Il processo iniziò nel gennaio 1935 e venne soprannominato “il processo del secolo”.
Charles Lindbergh Junior:
Hauptmann venne riconosciuto dall’addetto al distributore e da John Condon, e a casa sua vennero trovati 14.000 dollari rimanenti del riscatto e del legno dello stesso tipo di quello dei frammenti di scala trovati sotto la finestra. Una macchina simile alla sua era inoltre stata vista la sera del rapimento parcheggiata vicino a casa Lindbergh.
Una perizia calligrafica sembrò dimostrare che le lettere erano state scritte da lui e in casa vennero ritrovati nome e numero di telefono di John Condon. A completare il quadro, Hauptmann era assente dal lavoro il giorno del rapimento e 2 giorni dopo aveva dato le dimissioni.
In seguito non aveva più lavorato
Nonostante paresse impossibile, l’uomo sembrava aver speso 36.000 dollari (pari a circa 700.000 dollari odierni) in 2 anni.
La polizia rimase sempre dell’idea che il rapimento fosse opera di una banda. Hauptmann si dichiarò sempre innocente, e anche quando gli venne proposto di evitare la pena di morte in cambio di una confessione non disse una sola parola sui fatti e circa altre eventuali persone coinvolte.
Il processo durò 5 settimane. Pur essendo le prove circostanziali, la difesa non riuscì a convincere la giuria che ci fosse un “ragionevole dubbio”. Bruno Hauptmann venne ritenuto colpevole di omicidio di primo grado e condannato alla pena capitale. Dopo un ricorso della difesa, respinto, e una proroga di 30 giorni all’esecuzione, Hauptmann venne giustiziato il 3 aprile del 1936 sulla sedia elettrica. Oltre all’offerta del giudice di convertire la pena in ergastolo in cambio della confessione, il condannato aveva rifiutato anche un milione di dollari che gli aveva promesso un giornale per la stessa confessione.
Controversie
Nonostante la presunta colpevolezza dell’immigrato tedesco, sono in molti ad essersi scagliati contro le decisioni della giuria statunitense. Il primo fu il governatore del New Jersey, Harold Hoffman, che decise di sospendere l’esecuzione della sentenza per rifare il processo. Hoffman pagò caro il tentativo di ottenere una giustizia certa, venendo espulso dal partito repubblicano e finendo, de facto, la propria carriera.
Nel corso degli anni innumerevoli scrittori e personaggi pubblici hanno difeso la posizione di Hauptmann, e fra questi si può citare William Morris, che indicò addirittura nello zio materno del piccolo rapito il probabile sequestratore.
Oggi, dopo tanti decenni di ipotesi, le indagini più recenti hanno confermato le altissime probabilità del coinvolgimento di Hauptmann nel rapimento, anche se, con grande possibilità, egli non agì solo nel rapire l’innocente figlio di Charles Lindbergh.