Il Quesito filosofico del 1688 risolto (?) soltanto nel 2011

William Molyneux (1656-1698) fu un filosofo, intellettuale e politico vissuto fra la metà e la fine del XVII secolo. Nel 1678 sposò Lucy Domville (? -1691), la figlia minore di Sir Wiliam Domville, il procuratore generale dell’Irlanda. Nel giro di pochi anni la moglie si ammalò sino a diventare completamente cieca, morendo poi nel 1691. Nonostante l’agiatezza della famiglia, dei loro 3 figli solo Samuel Molyneux (1689-1728) riuscì a sopravvivere sino all’età adulta.

Sotto, William Molyneaux ritratto da Sir Godfrey Kneller:

Provato dalle vicende familiari, Molyneux propose al filosofo John Locke, uno fra i principali precursori dell’illuminismo e padre del liberalismo classico e dell’empirismo moderno, un quesito singolare che rimase senza risposta per oltre 300 anni.

Sotto, John Locke:

Questo il quesito di William Molyneux:

Immaginiamo un uomo nato cieco, ora adulto, al quale si è insegnato per mezzo del suo tatto a distinguere fra un cubo e una sfera dello stesso metallo e pressappoco della stessa grandezza, in modo che sia in grado, sentendo l’uno e l’altro, di dire qual è il cubo e qual è la sfera. Supponiamo ora di mettere il cubo e la sfera su un tavolo, e che al cieco sia data la vista: si domanda se, mediante la vista e prima di toccarli, egli saprebbe ora distinguerli e dire qual è il cubo e qual è la sfera?

Il quesito era completato anche da una interessante questione aggiuntiva:

O può egli sapere solo con la vista, e prima di tendere le sue mani, che non può toccarli essendo essi posti a 20 o 1000 piedi da lui?

Molyneux pose il suo quesito scrivendo alla rivista “Bibliothèque Universelle et Historique“, edita da Jean Leclerc e nella quale Locke aveva pubblicato un riassunto del suo “Saggio sull’intelletto umano“, ancora inedito. Locke e Leclerc non risposero alla domanda, e il “Saggio sull’intelletto umano“, pubblicato nel 1690, non conteneva riferimenti al quesito di Molyneux. Fu solo due anni più tardi che Locke si interessò seriamente alla questione, quando Molyneux pubblicò il suo trattato “Dioptrica Nova…”, in cui elogiò il filosofo inglese, che finalmente si applicò intellettualmente alla questione.

Molyneux rispose, in una lettera seguente, al quesito, in questo modo:

No, poiché, sebbene egli abbia appreso dall’esperienza la maniera in cui un globo o un cubo agiscono sul tatto, non ha tuttavia appreso dall’esperienza che ciò che agisce sul suo tatto in una data maniera deve agire sulla sua vista in una data maniera; non sa che l’angolo sporgente del cubo, che premeva in modo disuguale sulla sua mano, apparirà al suo occhio così com’è nel cubo

Al quale il grande Locke rispose concordando in pieno con la tesi proposta nel suo “Saggio sull’intelletto umano”, nell’edizione del 1692.

Sostanzialmente, nei secoli seguenti i filosofi non riuscirono a raggiungere una conclusione univoca, e si divisero fra:

  • Innatisti: sostennero che la percezione era qualcosa di innato, e quindi l’ex-cieco sarebbe riuscito a distinguere i due oggetti
  • Empiristi: sostennero che la percezione era legata all’esperienza, quindi l’ex-cieco non sarebbe riuscito a distinguerli

Il quesito proposto ha trovato una (parziale) soluzione grazie a un esperimento del M.I.T (Massachusetts Institute of Technology) del 2011. I dottori Richard Held e Pawan Sinha hanno guidato un team di ricercatori in India nell’ambito di un rivoluzionario progetto chiamato Project Prakash. Un gruppo di bambini e adolescenti nati congenitamente ciechi sono stati operati per fagli ottenere la vista.

Poco dopo l’esperimento, fra i primi oggetti che gli sono stati proposti per giocare si trovavano alcune costruzioni simili ai LEGO, con i quali i bambini erano già abituati a interagire mediante il tatto.

Alcune delle costruzioni erano su un tavolo ben visibili, mentre altre erano nascosti ma disponibili al tocco delle mani

Lo scopo dell’esperimento, condotto su quattro maschi e una femmina, era capire se i ragazzi riuscissero ad abbinare l’esperienza tattile, quindi l’oggetto invisibile, a quelli che vedevano sul tavolo.

Sotto, “Saggio sull’intelletto umano” di John Locke:

Held e Sinha hanno pubblicato le loro scoperte su Nature Neuroscience. Come riportato nel New York Times nel 2011, “La nuova ricerca sembra dimostrare definitivamente che Locke (e Molyneux) avevano ragione. Il cervello non può immediatamente dare un senso a ciò che gli occhi stanno vedendo, e il cieco che conquista rapidamente la capacità visiva non può distinguere i due oggetti. Ma può imparare molto rapidamente a farlo“.

Questa, con una certa approssimazione, sembra essere la risposta conclusiva al quesito di Molyneux. In realtà le approssimazioni dell’esperimento sono molteplici. Ad esempio il cieco non può acquistare la vista “istantaneamente”, ma a seguito di un intervento chirurgico con tempi preparatori e capacità visive che si acquisiscono progressivamente. Diverse tesi mediche suggeriscono che il riconoscimento della distanza avviene in modo diverso da quella della forma. La domanda, in definitiva, potrebbe quindi trovare nuove risposte nei secoli a venire.

Sotto, un video in cui il professor Pawan Sinha mostra come una bambina cieca non riesca a trovare una scatola con delle caramelle in un corridoio, ma una settimana dopo l’intervento sia già in grado di correre velocemente verso il sacchettino:

Qualunque sia la risposta al quesito di Molyneux, la più grande bellezza è vedere dei bambini cui è stata donata la vista grazie alla scienza medica.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...