Non occorre essere grandi esperti di letteratura per sapere che, spesso, delle opere importanti di scrittori noti universalmente sono state ispirate da vicende della loro vita privata, in particolare quelle sentimentali (anche se, magari, queste vicende rappresentano solo il filo conduttore della trama, mentre i temi affrontati con più impegno sono altri). Un esempio tipico è quello di due romanzi di Ernest Hemingway, premio Nobel per la Letteratura nel 1954: in “Addio alle armi” (1929) troviamo evidenti corrispondenze con la breve ma intensa passione dell’autore per l’infermiera americana Agnes von Kurowsky, conosciuta durante la prima guerra mondiale sul fronte italiano; mentre in “Di là dal fiume e tra gli alberi” (1950) la figura della ragazza italiana amata dal maturo protagonista è ricalcata su quella di Adriana Ivancich, una giovane aristocratica di origine dalmata con cui Hemingway aveva avuto una storia durante una permanenza in Veneto dopo la seconda guerra mondiale.
Alcuni autori, invece, hanno pensato di tramandare alla Storia le loro più importanti storie d’amore attraverso delle simbologie che sfuggono al lettore impreparato ma vengono smascherate dai biografi. Ad esempio, James Joyce ambienta il suo monumentale “Ulisse” a Dublino il 16 giugno 1904: lo stesso luogo e lo stesso giorno in cui ebbe il suo primo appuntamento con quella che sarebbe divenuta la sua compagna di vita e madre dei suoi figli, Nora Barnacle.
Il modo più tortuoso di ricordare una storia d’amore importante, però, è sicuramente quello di Franz Kafka in “Il processo”. Tanto tortuoso che ci è voluto l’impegno di un altro grande scrittore, l’ebreo bulgaro di lingua tedesca Elias Canetti (premio Nobel per la Letteratura nel 1981), per smascherarlo. Canetti ha lavorato come un detective tra le carte di Kafka e delle persone a lui vicine (lettere e diari) e, alla fine, ha rivelato le sue conclusioni in un appassionante saggio, “L’altro processo”, uscito nel 1969.
Sotto, Franza Kafka nel 1906:
A questo punto, è però il caso di raccontare il romanzo di Kafka a chi non lo ha mai letto o lo ha dimenticato (di questo romanzo esiste una bella versione cinematografica diretta da Orson Welles nel 1960, con Anthony Perkins protagonista).
Il Processo
Una mattina, il giovane procuratore bancario Josef K. riceve la visita di due uomini, funzionari di polizia, che gli comunicano che è in arresto ma non lo portano in carcere e non gli comunicano di cosa sia accusato. Da quel momento in poi, Josef K. cerca inutilmente, sia visitando il Tribunale, sia assumendo un avvocato sia interessando conoscenti, di scoprire quali siano le accuse che pendono su di lui e cosa possa fare per difendersi da queste in fase di giudizio. Non riesce nemmeno a sapere quali procedure segua il Tribunale nelle inchieste e nei dibattimenti. Esasperato e sfinito, licenzia l’avvocato: poco dopo, una sera, riceve la visita di altri due funzionari di polizia e questi, stavolta, gli comunicano che è stato condannato, lo portano in una cava isolata e lo uccidono a coltellate.
“Il processo” è l’unico romanzo compiuto di Kafka, anche se gli ultimi capitoli non subirono le stesse revisioni dei primi. Gli altri due che ha scritto, “America” e “Il castello”, sono entrambi incompiuti. Dalla sua pubblicazione nel 1925, generazioni di critici hanno versato fiumi di inchiostro alla ricerca di tutti i significati nascosti in questa trama apparentemente assurda eppure terribilmente simile a parecchie odissee vissute in prima persona da normali cittadini incorsi nei rigori della legge per ragioni inspiegabili o paradossali agli occhi dell’uomo comune.
Prima di raccontare la storia ispiratrice, presentiamo i personaggi della vicenda, che si svolge tra Praga, Berlino e la località termale di Marienbad (oggi Mariánské Láznĕ, in Repubblica Ceca) tra il 1912 e il 1917
I Personaggi
Il primo è, appunto, Franz Kafka, un giovane ebreo praghese di lingua tedesca, nato nel 1883 in una famiglia benestante, laureato in Legge e funzionario presso l’amministrazione pubblica austroungarica (Praga a quel tempo apparteneva all’Impero austroungarico, come Ruse in Bulgaria dove nacque Canetti nel 1905).
Kafka nel 1917:
La seconda è Felice Bauer, una ragazza ebrea prussiana, nata nel 1887 in una famiglia borghese che però ha avuto problemi economici dopo la prematura morte del capofamiglia, impiegata come stenodattilografa in una casa discografica di Berlino, ha un fratello e tre sorelle di cui una appena più grande, Erna, cui è molto legata.
Kafka e la Bauer nel 1917:
La terza è Grete Bloch, una ragazza ebrea berlinese di famiglia borghese e studi commerciali, nata nel 1892 e impiegata come contabile presso diverse imprese private.
Il quarto è Max Brod, un altro giovane ebreo praghese di lingua tedesca, nato nel 1884, pure di famiglia borghese e laureato in Legge, che però ha lasciato l’impiego statale per darsi al giornalismo. Altre figure avranno un ruolo nelle vicende successive: Julie Wohryzeck, Milena Jesenská, Dora Diamant, Robert Klopstock.
Ora ricostruiamo la vicenda reale, passo dopo passo
Nel 1903, due studenti praghesi di Legge, Franz Kafka e Max Brod, stringono un’amicizia che durerà fino alla scomparsa del primo e, da allora, si frequentano abitualmente, trascorrendo insieme le vacanze estive in giro per l’Europa e frequentando tutti gli eventi culturali di Praga, che all’epoca ospitava una grande comunità ebraica ed era il più importante centro culturale europeo di lingua tedesca. Brod, giornalista di successo, pubblica alcuni romanzi e convince l’amico Kafka, poco fiducioso nella qualità delle proprie opere, a pubblicare qualche racconto, che subito desta l’attenzione della critica.
Nella tarda estate del 1912, trovandosi a visitare senza preavviso casa Brod, Kafka conosce una ragazza, una lontana parente che i Brod stanno ospitando per un breve soggiorno a Praga: è Felice Bauer, che sulle prime non gli fa nessun particolare effetto e anzi gli sembra piuttosto sgradevole perché sia il fisico sia il volto hanno qualcosa di mascolino. Non è nemmeno molto istruita o brillante ma, rivista qualche volta, appare di una grande energia e vitalità, anche perché è una donna emancipata e poco rispettosa del formalismo e delle convenzioni. A Kafka, che ha un rapporto un po’ tormentato con la sessualità (in famiglia ha ricevuto un’educazione bigotta e repressiva, ma è animato da un irresistibile bisogno di praticare il sesso, per cui frequenta assiduamente i più rinomati postriboli di Praga e poi si macera in un oscuro senso di colpa), una donna del genere appare diversa dalle altre, e se ne innamora, ricambiato.
Per due anni, la loro storia va avanti soprattutto a distanza. Si scrivono molte lettere e approfittano di ogni breve vacanza per andare a trovarsi a vicenda o incontrarsi a metà strada. Ma a Felice sembra che Kafka non si decida mai a compiere il passo decisivo. Ai primi del 1914, lei gli invia un ultimatum: o si fidanzano ufficialmente o lo lascia. Kafka non prende la decisione di annunciare il fidanzamento e lei, donna di parola, lo lascia istantaneamente.
Ma in fondo è ancora innamorata di lui e, mentre Kafka vive la fine del rapporto come un conflitto tra la sua istintiva paura di assumersi la responsabilità di farsi una famiglia e la sofferenza interiore per la perdita dell’amata, Felice contatta una cara amica, Grete Bloch, che sta per recarsi a Praga per un viaggio di lavoro, e le chiede di fare da intermediaria per ricucire il rapporto tra lei e Kafka.
Grete accetta e, giunta a Praga, si fa presentare a Kafka e prende a frequentarlo con regolarità. I due diventano abbastanza intimi e Kafka comincia a lamentarsi con lei di tutti i difetti di Felice, che ha tante belle qualità ma, quando vuole, sa rendersi veramente insopportabile. Anche dopo che Grete è tornata a Berlino, Kafka si tiene in contatto con lei, scrivendole molte lettere in cui dice peste e corna di Felice. Fortunatamente per lui, Grete si guarda bene dal mostrare queste lettere all’amica.
Però, a questo punto, visto che il tentativo di mediazione appare fallito, Felice decide di rimettersi in gioco direttamente e comincia a bombardare Kafka di lettere e richieste di rivedersi con la scusa di chiarire gli equivoci che ci sono stati tra loro. Finalmente Kafka si decide a raggiungerla a Berlino nell’estate del 1914 e, dopo pochi giorni trascorsi insieme, i due annunciano urbi et orbi il loro fidanzamento ufficiale.
E vissero tutti felici e contenti. Non è così?
No. Perché qualcuno, tanto felice e contento, non lo è. Grete, ormai, su Kafka ci aveva fatto ben più di un pensierino e stava cercando il modo di raggiungerlo al più presto a Praga. La notizia del fidanzamento tra lui e Felice le piomba addosso come un fulmine a ciel sereno. E non la prende molto bene. Kafka, che ha molta esperienza di sesso e poca di sentimenti, non ha la più lontana idea di che cosa possa combinare una donna che si sente tradita.
E, infatti, appena Kafka riparte per Praga, Grete si presenta da Felice e le consegna tutte le lettere che lui le ha scritto. Possiamo solo immaginare come reagisca Felice, in confronto alla quale Grete è un agnellino. Kafka viene richiamato urgentemente e insistentemente a Berlino. Ignaro di tutto, prende alloggio al solito hotel, l’Askanischer Hof. Qui, la sera del 23 luglio 1914 (come risulta dalle annotazioni sul suo diario), aspetta in cortile per l’appuntamento che Felice gli ha dato, ma lei si presenta in compagnia della sorella maggiore Erna e di Grete. Le tre ragazze gli danno addosso, lo aggrediscono verbalmente, smascherano le sue patetiche scuse mostrandogli i fogli scritti con la sua calligrafia e, infine, Felice lo manda al diavolo e lo pianta.
Kafka torna a casa, presumibilmente frastornato, se non sconvolto, e in pochi mesi scrive “Il processo”. Nei suoi diari, mentre ci lavora, ci sono continui riferimenti a quella serata nel cortile dell’Askanischer Hof. Più tardi ci rimetterà mano altre volte, fino al 1917, poi se ne disinteresserà al punto da regalarne il manoscritto a Max Brod. Di questo periodo è anche un altro celebre racconto, “La condanna”, pure probabilmente ispirato ai fatti che abbiamo appena descritto.
La vicenda ha un ulteriore seguito. Dopo qualche mese, Felice ci ripensa e, approfittando di un nuovo viaggio di Grete a Praga, le chiede di combinare un incontro tra lei e Kafka. Stavolta Grete non si lascia coinvolgere, Kafka accetta con qualche titubanza a patto che ci si veda in campo neutro, per cui viene scelta un’area del bacino dell’Elba chiamata Svizzera Boema. Ci sono un’altra volta le tre ragazze dell’occasione precedente ma l’incontro avviene in un clima più disteso.
Kafka e Felice si fidanzano di nuovo
La loro storia procede fino all’estate del 1917, quando trascorrono due felicissime settimane di vacanza a Marienbad. Ormai il matrimonio sembra imminente ma, proprio l’ultimo giorno di quel soggiorno, Kafka ha una grave emottisi e deve essere ricoverato in ospedale. La diagnosi è di tubercolosi polmonare, a uno stadio piuttosto avanzato. Allora lui comunica a Felice che non può costringerla a passare la vita con un uomo invalido che probabilmente morirà presto e, dato che Felice è giunta alla stessa conclusione per proprio conto, i due si lasciano definitivamente.
Felice, in seguito, diventerà direttrice commerciale di una catena di negozi e avrà due figli dal matrimonio con un facoltoso banchiere molto più anziano di lei. Negli anni ’30, sfuggirà alla Shoah (di cui invece sarà vittima Grete, uccisa dai nazisti ad Auschwitz nel 1944) emigrando negli Usa e, nel 1955, 5 anni prima di morire, avendo bisogno di soldi per curarsi, venderà all’editore Salman Shocken tutte le lettere che le aveva scritto Kafka.
Kafka, dopo la fine della storia con Felice, vivrà ancora 7 anni e affronterà altre tre storie sentimentali importanti. La prima, nel periodo in cui le cure gli danno l’illusione di poter guarire, con Julie Wohryzeck, una cameriera ebrea praghese nata nel 1891 che ha perso il fidanzato in guerra. Poi le emottisi riprendono e i due si lasciano. Julie in seguito sposa un avvocato: anche lei, come Grete, morirà a Auschwitz nel 1944.
La seconda con Milena Jesenská, una scrittrice ebrea praghese nata nel 1896 che ha tradotto i suoi racconti dal tedesco al ceco, moglie separata in casa dell’intellettuale Ernst Pollak, fratello di un amico di Kafka morto in guerra. Kafka cerca di convincerla a lasciarlo e a mettersi con lui, ma lei non si fida e gli risponde picche, anche se restano amici e lui le lascerà i suoi diari. Anche Milena sarà uccisa dai nazisti, a Ravensbruck nel 1944. La terza con Dora Diamant, una maestra d’asilo ebrea polacca nata nel 1898, che Kafka conosce durante la sua ultima vacanza, nel 1923. Dora si innamora perdutamente di lui e vanno a vivere insieme, progettando di emigrare in Palestina, ma le condizioni di Kafka peggiorano rapidamente e dopo qualche mese lei deve accompagnarlo al sanatorio di Klostenbug, vicino Vienna, dove Max Brod gli ha trovato un posto.
Sotto, Milena Jesenská:
Qui, nel pomeriggio del 3 giugno 1924, Kafka (condannato a morire di inedia perché la malattia gli ha distrutto la trachea e non può deglutire più nulla. La nutrizione tramite flebo non era ancora stata inventata) ricorda all’amico Robert Klopstock, uno studente di medicina ebreo ungherese nato nel 1899, che lo ha raggiunto lì, la promessa sottoscritta tempo prima di farlo morire senza soffrire. Klopstock gli inietta allora una dose massiccia di analgesico, praticandogli un vero e proprio suicidio assistito.
Dora distrugge le carte di Kafka così come lui le aveva ordinato e sfugge alla Shoah trasferendosi in Regno Unito, dove morirà nel 1952. Max Brod invece tradisce il giuramento fatto all’amico di bruciare tutto e, tra il 1925 e il 1927, pubblica i suoi tre romanzi e le altre opere inedite in suo possesso. Sfugge anche lui alla Shoah trasferendosi in Palestina, dove vivrà fino al 1968. Così come anche Klopstock sopravviverà alla Shoah trasferendosi negli Usa ed esercitando l’attività di medico a New York fino alla morte, nel 1972.
Sotto, la parabola “Davanti alla legge”, narrata nel IX capitolo de “il Processo”, nella versione cinematografica di Wells: