Il 23 maggio del 1701, l’Execution Dock di Londra aveva un ospite d’eccezione: il famigerato William Kidd. Non era un criminale qualsiasi. Andò al patibolo perché reo di omicidio e atti di pirateria, ma non era né del tutto innocente, né del tutto colpevole, e il processo a suo carico aveva subito notevoli influenze politiche. E allora cosa accadde negli anni a cavallo fra il Seicento e il Settecento a uno dei corsari più famosi della storia?

L’esordio sui mari
Prima del 1689 di William Kidd non si hanno dati storici certi. Nacque nel 1645 in un giorno imprecisato che varia a seconda delle fonti. Si presume che all’età di quarantaquattro anni si trovasse a bordo di una nave inglese che naufragò al largo di Haiti, quando un gruppo di pirati francesi intercettò i sopravvissuti e li portò con sé. La prospettiva di facili guadagni convinse Kidd a unirsi alla ciurma della Saint Rose, capitanata da Jean Fantin, e, nonostante l’età avanzata, si fece le ossa a suon di razzie. L’apprendistato durò poco e, insieme a Robert Culliford, anch’egli sulla Saint Rose, promosse un ammutinamento ai danni di Fantin. La nave fu ribattezzata Blessed William e Kidd, nel frattempo eletto capitano, fece rotta verso la colonia britannica di Nevis, dove il governatore Codrington lo assoldò per difendere l’isola dalle incursioni dei francesi, all’epoca in guerra contro gli inglesi.

Nel giro di un anno si guadagnò una fama di tutto rispetto, ma, a febbraio del 1690, il suo primo ufficiale Culliford lo tradì e rubò la Blessed William con parte dell’equipaggio e del bottino. Il pirata chiese a Codrington un nuovo vascello e nuovi uomini per vendicarsi. Nel marzo del 1691 l’inseguimento lo portò a New York, dove mancò di un soffio Culliford e sposò la ricca vedova Sarh Bradley Cox-Worth. Fino al 1695 continuò a svolgere incarichi difensivi, ma l’11 dicembre la sua vita subì una svolta inaspettata.

L’incarico da corsaro
Re Guglielmo III nominò governatore di New York e del New Hampshire Richard Coote, I conte di Bellomont, e gli affidò il delicatissimo compito di sbarazzarsi dei pirati francesi che infastidivano le colonie inglesi della zona.

Dal suo canto, Coote pensò in grande e finanziò un’ambiziosa impresa difensiva a cui parteciparono alcuni degli uomini più potenti d’Inghilterra, come il Lord Cancelliere John Somers e il primo Lord dell’Ammiragliato Edward Russell.

Il gruppo si affidò all’esperienza di Kidd e, con il benestare del re, che concesse loro una lettera di corsa, lo mandò a Londra per prendere possesso di una nuova nave.

Kidd salì a bordo della Adventure Galley e si ritrovò al comando di un vascello di 284 tonnellate con 34 cannoni e 150 uomini. Oltre alla lettera di corsa ottenne anche dei certificati in cui Guglielmo lo autorizzava a sequestrare le navi pirata e, al contempo, gli intimava di non toccare alcuna imbarcazione che battesse la bandiera di una nazione alleata con l’Inghilterra.
In parole povere la Adventure deve operare sulle rotte commerciali dei francesi per intaccare le risorse della corte di Parigi e combattere la piaga della pirateria. Il compenso, però, non era fisso, e i proventi sarebbero derivati dalle razzie. Con il re e altri funzionari dietro le quinte si trattava di una grande spedizione e ogni bottino andava ripartito fra lui, l’equipaggio e gli investitori.

L’incidente sul Tamigi
Il 6 aprile del 1696, l’Adventure salpò dal cantiere londinese di William Castle, ma il viaggio non iniziò sotto i migliori auspici. Mentre la nave stava attraversando il Tamigi incrociò un vascello della Royal Navy, che, seguendo la tradizione, salutò i colleghi con un colpo di cannone. Kidd avrebbe dovuto ricambiare la cortesia, ma ignorò il rito marinaresco e il suo equipaggio rispose schiaffeggiandosi le natiche in segno di sfida.

L’episodio fu oltraggioso e il comandante dell’altra nave ordinò l’impressment, ovvero il reclutamento forzato della ciurma altrui. Erano passate appena poche ore dalla partenza e Kidd aveva già perso buona parte dell’equipaggio, ma non si scoraggiò e proseguì fino a New York, dove assoldò nuove reclute.

Il 6 settembre del 1696, fissò la rotta per il Capo di Buona Speranza, ma gli imprevisti continuarono. Lungo il tragitto alcuni uomini morirono per un’epidemia di colera e dovette fare molte soste forzate per riparare varie falle dell’Adventure. Il problema principale, però, era la mancanza di navi da attaccare.
I patti erano chiari: niente razzie, niente paga
La ciurma, composta perlopiù da criminali ed ex pirati, iniziò a perdere la pazienza. A loro poco importavano le regole stabilite dalla corte e volevano passare all’azione.

L’omicidio di William Moore
Il fronte interno peggiorò al punto che, il 30 ottobre del 1697, il cannoniere William Moore avvistò un mercantile olandese e incitò i compagni ad affilare le armi, ma Kidd lo fermò. L’Olanda non era in guerra con l’Inghilterra e Guglielmo III era di origini olandesi. Procedere con un attacco avrebbe comportato guai con la corte e i due ebbero un dibattito molto acceso. Stando alle testimonianze dei presenti, Kidd gli diede del cane rognoso e Moore gli rispose:
Se sono un cane rognoso è colpa vostra: siete stato la rovina mia e di molti altri

Per la replica Kidd non andò per il sottile: prese un secchio di ferro e colpì Moore alla testa, causandogli un trauma cranico che lo uccise nel giro di 24 ore.
La legge dell’Ammiragliato britannico parlava chiaro. Il capitano di una nave aveva ampi margini di manovra per quanto concerneva la violenza sui sottoposti. Poteva schiaffeggiarli, picchiarli o, nel più estremo dei casi, torturarli… ma non ucciderli.

Il saccheggio della Quedah Merchant
A bordo dell’Adventure il clima si faceva sempre più pesante e le minacce di ammutinamento culminarono quel fatidico 30 gennaio del 1698. Kidd avvistò la nave francese Quedah Merchant e ne attaccò l’equipaggio, composto da marinai francesi, olandesi e armeni. Il capitano John Wright, che invece era inglese, gli spiegò il disguido: anche se batteva bandiera francese, la Quedah era una nave indiana e aveva ricevuto un salvacondotto da Parigi per navigare in quelle acque e finalizzare lo spostamento del suo carico.
Un’imbarcazione indiana con a capo un inglese era fuori dalla giurisdizione di Kidd, ma la ciurma lo pressò per mettere la decisione ai voti e, all’unanimità, si scelse di procedere con il saccheggio. L’unico contrario fu Kidd. Il rischio di incorrere nell’ira della corona era alto, ma ipotizzò che, in un modo o nell’altro, la corte londinese lo avrebbe giustificato, perché la Quedah batteva comunque bandiera francese.
Il bottino rubato sulla nave fu qualcosa di incredibile per l’epoca, 400.000 sterline, che costituiscono il più grande tesoro mai accumulato da un Pirata

L’arresto
William Kidd, però, non sapeva che in patria le sue gesta erano giunte alle orecchie dei Tory, il partito politico avverso ai Whig, ovvero quello dei nobili che lo avevano finanziato, e quando John Wright fece rapporto, dall’Inghilterra partì un mandato di cattura per atti di pirateria.

Nel frattempo, Kidd partì per il Madagascar. Il 1° aprile del 1698, si imbatté in Culliford e quasi tutto l’equipaggio della Adventure lo abbandonò per unirsi alla ciurma del suo vecchio primo ufficiale.

Con quei pochi uomini che gli restavano lasciò le coste africane e tornò nei Caraibi, dove, a distanza di mesi, per la prima volta seppe di essere ricercato. Ma Kidd aveva degli amici potenti e si recò a New York per interpellare il suo socio in affari, il governatore Coote.

Coote, però, si trovava a Boston, e quando seppe che Kidd lo stava cercando lo attirò a sé con la falsa promessa di una grazia. La pirateria era un affare sporco e non voleva trovarsi invischiato in un processo. L’unica soluzione era mettersi dalla parte della giustizia e farlo arrestare. La trappola funzionò e il 6 luglio del 1699 Kidd finì in manette insieme alla sua ciurma. Dopo quasi un anno di detenzione, nell’aprile del 1700, Coote mandò i prigionieri in Inghilterra, dove il Parlamento volle interrogarli.

Il processo
Come si è detto i Tory, che sapevano del coinvolgimento dei Whig nell’ambito della pirateria, volevano usare Kidd per mettere in cattiva luce i rivali, ma il piano non funzionò. Kidd sperava che i suoi mecenati lo avrebbero protetto e, in un insensato gesto di lealtà, si rifiutò di fare i nomi di coloro che lo avevano finanziato.

Alla luce dei nuovi sviluppi, l’imputato era una pedina politica di poco conto e la parola passò all’Alta Corte dell’Ammiragliato. I giudici lo accusarono di atti di pirateria e dell’omicidio del cannoniere Moore, scoperto grazie alle confessioni dei marinai. Dal canto suo Kidd si difese affermando che aveva ricevuto l’autorizzazione della corte per attaccare le navi francesi, ma qualsiasi documento governativo che attestasse il coinvolgimento di Guglielmo e degli altri nobili era sparito nel nulla.

Fu rinchiuso nella prigione di Newgate e, in attesa della sentenza, scrisse invano ai suoi vecchi soci in affari. Infine, fu condannato a morte e portato al patibolo, ma, prima di narrare i suoi ultimi istanti, apriamo una breve parentesi.
William Kidd era davvero colpevole?

Il dibattito andò avanti per secoli e si esaurì solo nel 1920, quando, negli archivi di Londra, saltarono fuori i famosi documenti perduti. Il processo a suo carico fu certamente politico. Era un personaggio scomodo, una pedina nelle mani dei Tory, ma non era innocente. Il ritrovamento del 1920 attesta che le accuse di pirateria erano infondate e che aveva agito sempre entro i limiti della sua giurisdizione, ma Kidd fu condannato anche per l’omicidio di Moore e quello non era stato un’invenzione della corte. In poche parole, in un modo o nell’altro, il suo destino era segnato. E ora torniamo al 1701.

L’esecuzione
Il 23 maggio i gendarmi lo prelevarono e scortarono all’Execution Dock per la condanna a morte. In teoria, l’impiccagione doveva avvenire con un cappio lungo, in modo tale che il condannato morisse per la rottura dell’osso del collo, ma il boia scelse un cappio corto, affinché Kidd soffrisse per lo strangolamento. Destino volle che la corda si ruppe e si dovette ripetere la procedura.

La tradizione dell’epoca prevedeva un particolare rito che fungeva da monito a chi, come i malcapitati di turno, desideravano darsi alla pirateria. Il cadavere di Kidd fu immerso nel catrame e appeso lungo un ponte del Tamigi, dove rimase in esposizione per tre anni, finché l’acqua se lo portò via e le sue spoglie mortali andarono perdute.

In conclusione, William Kidd è stato uno dei pirati più famosi della storia e, secondo la leggenda, il suo grande tesoro è nascosto da qualche parte nel Nuovo Mondo. L’ultimo episodio a riguardo è del 2015, quando lo statunitense Barry Clifford credette di averlo trovato in un relitto al largo di Haiti. L’Unesco intervenne con una squadra di esperti e smentì la scoperta. Nessuno sa dove si trovi, nessuno sa a quanto ammonti. Se davvero esiste, il lascito terreno del famigerato capitan Kidd è ancora in cerca di un nuovo proprietario.