Il Parmigiano Reggiano: dal Medioevo ai giorni nostri

Intorno al XII secolo, i monaci benedettini e cistercensi delle zone di Parma e Reggio Emilia erano in cerca di un formaggio a lunga conservazione e, forse prendendo ispirazione dalla ricetta del Granone Lodigiano – a pasta dura e di origine lombarda – diedero vita ai primi esempi di quello che oggi conosciamo come Parmigiano Reggiano, anch’esso a pasta dura, senza additivi e a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.).

Logo del Parmigiano Reggiano – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

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In epoca medievale, la produzione avveniva nelle grangie, le aziende agricole dei monasteri, dove le vacche della razza reggiana rossa – scelte anche per la loro attitudine al lavoro – fornivano latte di alte qualità a cui i monaci aggiungevano il sale proveniente dalle saline di Salsomaggiore Terme.

Salsomaggiore Terme – Immagine di Clop condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Dopo una lunga stagionatura, si otteneva un formaggio a pasta asciutta e dalle grandi dimensioni.

Lavoro agricolo in una grangia. Incisione da una miniatura medievale – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il Parmigiano Reggiano riscosse un grande successo e, nel 1351, Giovanni Boccaccio lo citò nella descrizione del Paese di Bengodi, una città immaginaria presente nel Decameron.

«Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva».

Giovanni Boccaccio – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

A partire dal XIV secolo, il consorzio si espanse anche nella provincia di Modena e la produzione generale aumentò sensibilmente grazie alla collaborazione fra abbazie e feudatari, e all’aiuto dei mezzadri locali, che a turno collaboravano con i caseifici per rifornirli con il latte delle loro stalle.

Area di produzione del Parmigiano Reggiano – Immagine di FrancescoLemon condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Un ulteriore sviluppo economico della zona permise al Parmigiano Reggiano di imporsi come una delle eccellenze gastronomiche dell’Emilia e, nel XVI secolo, ebbe inizio, attraverso dei commercianti detti formaggiai o lardaroli – perché vendevano anche salumi – l’esportazione prima a Milano e a Cremona, poi in Germania, Fiandre, Francia e Spagna.

Forme di Parmigiano Reggiano a Stoccolma – Immagine di Sinikka Halme condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

La crescente popolarità del formaggio – le cui dimensioni erano nel frattempo aumentate fino a raggiungere i 18 kg di peso – spinse il Duca di Parma Ranuccio I Farnese a tutelare il prodotto originale dalle contraffazioni con un atto ufficiale datato 7 agosto del 1612.

Ranuccio I Farnese – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nacque così un’antesignana dell’odierna Denominazione di Origine Protetta, una linea guida che definiva le richieste da soddisfare per produrre un autentico Parmigiano Reggiano, come, ad esempio, i luoghi da cui doveva provenire il latte.

Una forma di Parmigiano Reggiano prodotto nel gennaio 2014 – Immagine di Wittylama condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Nel Settecento, i Ducati di Parma e di Modena furono coinvolti in una serie di guerre che crearono notevoli difficoltà alla produzione del formaggio. Per vedere qualche segnale di ripresa si dovette attendere il primo Novecento, quando, pur continuando a seguire la ricetta medievale – ovvero tutto al naturale e senza additivi – ci fu l’introduzione di alcune innovazioni tecniche e la sostituzione della reggiana rossa con le vacche frisone.

Mezza forma di Parmigiano Reggiano scolpita con coltello parmigiano e forchetta comune – Immagine di Melissa Highton condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

La reggiana rossa, infatti, aveva una rendita di poco superiore alla metà di quella della frisona – il cui latte era comunque di alta qualità – e, con l’avvento del trattore, la sua attitudine al lavoro era diventata inutile.

Vacche di razza Frisona – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ovviamente, le due guerre mondiali non fecero che peggiorare la situazione e solo dal 1945 in poi si ebbe una vera rinascita del Parmigiano. Con una legge del 1954, il consorzio d’origine si trasformò nell’attuale Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano e, negli anni ’90, ci fu il riconoscimento ufficiale di prodotto a Denominazione di Origini Protette, un passaggio fondamentale per la tutela contro le numerosissime contraffazioni.

Fasi di Produzione del Parmigiano Reggiano – Immagine di Roberto Catanese condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Oggi, il Parmigiano Reggiano si presenta con la sua classica forma rotonda e un peso obbligatorio che varia dai 30 ai 40 kg. Per realizzarlo servono circa 14 litri di latte per chilogrammo e una stagionatura minima di 12 mesi.

Parmigiano Reggiano stagionato in cui si notano i cristalli dell’amminoacido tirosina – Immagine di Consorzio del Parmigiano Reggiano condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

I secoli di crisi sono lontani e nel 2021 ha raggiunto l’apice del suo successo commerciale con 4,09 milioni di unità vendute, pari a un fatturato annuo di circa 1,71 miliardi di euro.

Magazzino di stagionatura del Parmigiano Reggiano – Immagine di Zerohund condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Dopo il Grana Padano e il Gorgonzola è il terzo formaggio italiano per produzione, ma anche il più imitato al mondo, soprattutto negli Stati Uniti d’America, dove diverse aziende spacciano per Parmigiano dei prodotti chiamati Parmesan cheese.

Forme di Parmigiano Reggiano del 2009 – Immagine di Myrabella condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Ma il Parmigiano Reggiano, “quello vero, è uno solo“, recita lo slogan ufficiale, e, come scrisse il giornalista Giovannino Guareschi: «A fissare con fortissima lente d’ingrandimento il grana del parmigiano, essa si rivela non soltanto come un’immutabile folla di granuli associati nell’essere formaggio, ma addirittura come un panorama. È una foto aerea dell’Emilia presa da un’altezza pari a quella del Padreterno».

Lo scrittore e giornalista Giovannino Guareschi – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

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