“Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua ove tutto vi parla d’amore e d’arte” è la frase che accoglie il visitatore del Parco dei Mostri di Bomarzo.
Sotto, l’Echidna, fotografia di Gabriele Delhey condivisa con licenza CC BY SA 3.0 via Wikipedia:
Certamente l’Italia vanta talmente tante bellezze naturali ed artistiche che è impossibile conoscerle tutte. Vi sono alcuni luoghi che sono si conosciuti, ma non quanto meriterebbero. Fra questi c’è il Bosco Sacro, o parco dei mostri, di Bomarzo, in provincia di Viterbo. Antico feudo della famiglia Orsini, il palazzo della famiglia domina l’intero paese. Il Bosco Sacro faceva parte della tenuta della famiglia, e qui il principe Pier Francesco (detto Vicino) Orsini, sposato a Giulia Farnese, nel 1552 decise la realizzazione di una Villa delle Meraviglie, che accelerò la morte della moglie.
L’elefante, fotografia di Alessio Damato condivisa con licenza CC BY 3.0 via Wikipedia:
Il principe si ritirò a vita privata, dedicandosi a studi alchemici ed esoterici, che diventano il tema di fondo dei percorsi del Giardino. Tutto è progettato per introdurre il visitatore in uno stupefacente mondo mitologico ed enigmatico, con statue di mostri marini, sirene, sfingi, draghi, tutte scolpite direttamente nelle rocce di peperino presenti nel terreno.
Proteo Glauco, fotografia di Alessio Damato condivisa con licenza CC BY 3.0 via Wikipedia:
Vicino voleva un luogo dove fosse possibile “sfogare il core”, ma così unico che nessun altro potesse assomigliargli. Fra i vari personaggi che si possono incontrare ci sono Ercole, le tre Grazie, Pegaso, la famosa testa con la bocca e gli occhi spalancati, che oggi è simbolo del Parco. Poi una casa obliqua e il tempietto di stile dorico dedicato a Giulia Farnese.
La Casa Pendente, fotografia di Alessio Damato condivisa con licenza CC BY 3.0 via Wikipedia:
Per alcuni il parco rappresenta una sorta di percorso filosofico che porti ad una catarsi: i mostri che si incontrano lungo i percorsi del giardino rappresenterebbero i nostri mostri interiori, da sconfiggere per arrivare alla purificazione. Alla morte del principe il giardino fu totalmente abbandonato, per più di trecento anni, e i suoi mostri riposarono in completo silenzio, ricoperti di muschio. Nel 1934 Salvador Dalì, durante una visita a Bomarzo, rimase folgorato dalla bellezza visionaria del luogo, che ispirò il suo “Le tentazioni di S. Antonio”. Il merito della rinascita del Parco va alla famiglia Bettini, che lo acquistò nel 1954, e ne curò il restauro.
Drago con Leoni, fotografia di Alessio Damato condivisa con licenza CC BY 3.0 via Wikipedia:
Sotto, Ercole e Caco, fotografia di Livioandronico2013 condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia: