“L’aria che respiriamo, i canti, i balli accompagnati quasi sempre da atteggiamenti lascivi, tutto ci ricorda in ogni momento la dolcezza dell’amore, tutto grida di assecondarlo” (Louis Antoine de Bougainville)
Nel giugno del 1767, un capitano inglese, Samuel Wallis, avvistò un’isola, un paradiso tropicale che per lui era dominato dalla lussuria. Un caldo e umido clima tropicale, foreste, prati, palme, alberi del pane e banani, fresche montagne, sentieri che attraversavano il sottobosco collegando tra loro i villaggi di capanne sparsi per tutta l’isola. Un mare cristallino e splendide spiagge. Ma soprattutto le glabre, tatuate e raggianti vahine, adornate di perle e fiori, che si concedevano ai libidinosi marinai in cambio di qualche chiodo. Tutto ciò ebbe un forte impatto sull’immaginario che si creò attorno a questo Eden del Pacifico, un giardino incantato in mezzo all’oceano, dove la vita scorreva placida, tra pesca, raccolta, piccole coltivazioni, relax, canti, balli, riti e sesso. Non aveva tutti i torti O. L. Douglas a indicare Tahiti come il luogo “dove sono nati i miti europei sulla vita sessuale degli oceanici”. Ma quali furono le storie riportate in Europa dai primi navigatori che sbarcarono sull’isola?

Il primo ad approdare sull’isola fu il britannico Samuel Wallis, nel 1767. Dopo di lui vi giunsero il francese Louis Antoine de Bougainville (1768) che, ignaro dello sbarco di Wallis, battezzerà questa nuova terra Nuova Citera (riferimento a Citera, l’isola in cui, secondo il mito, nacque Afrodite); e il celebre James Cook, inviato lì per compiere delle osservazioni sul transito di Venere.
L’isola incantata si impresse subito negli occhi di Bougainville come un’isola del piacere, una terra mitologica ricca e afrodisiaca, con splendidi giardini fioriti, frutti deliziosi e incantevoli cascate che dai monti si gettavano nel verde. “Credevo di essere stato trasportato nel Giardino dell’Eden”. Doveva apparire quasi come uno spettacolo irreale, una sorta di leggendaria isola-calamita, il canto delle sirene che ammalia i marinai attirandoli a sé. “Volevamo tutti poter ancorare presso questo bellissimo posto”.

Quando non stavano sulla spiaggia, le ninfe seminude, più belle anche delle europee, andavano in canoa verso l’Etoile e la Boudeuse (le navi della spedizione). Gli uomini e le anziane toglievano loro il perizoma, lasciandole completamente nude a stuzzicare timidamente i marinai eccitati come diavoli.
Non stupisce che Bougainville si chiedesse: “come trattenere al lavoro, in mezzo a un tale spettacolo, quattrocento francesi, giovani, marinai, e chi da sei mesi non vedeva una donna?”. Già! Uno spettacolo per gli europei, come quando sulla nave una “fanciulla lasciò cadere negligentemente un perizoma che la copriva, e apparve agli occhi di tutti come Venere si mostrava al pastore frigio: aveva una bellezza divina”. O il cuoco che attirato da una fanciulla la seguì e fu spogliato dalla folla urlante, che lo incitava a soddisfarsi, per poi tornare a bordo “più morto che vivo”.

L’11 aprile 1769 fu Cook ad avvistare l’isola. Era una mattinata nuvolosa, rinfrescata da una leggera brezza. Alcuni isolani non persero tempo, avvicinandosi inutilmente al bastimento con le loro canoe. Ancora non gli era permesso salire a bordo. Giovedì 13, Cook sbarcherà alla Baia di Matavai. Subito i tahitiani si fecero avanti offrendo ai visitatori delle noci di cocco.
“Hanno tutti bei denti bianchi, e per la maggior parte nasi corti e piatti e labbra grosse; eppure i loro lineamenti sono gradevoli, e la loro andatura aggraziata, e il loro comportamento verso gli estranei e tra loro è aperto, affabile e cortese”.
Cook provvide a istituire delle regole per i suoi, in modo da diminuire i contatti tra marinai e nativi. Tra queste regole ne figura una che recita: “Nessun tipo di ferro o qualsiasi cosa fatta di ferro, o qualsiasi tipo di stoffa o altro articolo utile o necessario, deve essere dato in cambio di nient’altro che provviste”. Pare proprio essere un chiaro riferimento al sesso: non togliete chiodi dalla nave per ottenere favori sessuali. Ordine che, tuttavia, a lungo andare, verrà rispettato sempre meno, data scarsa difficoltà che si incontrava, come ammetterà lo stesso Cook, nell’eludere la sorveglianza.

Le donne erano audaci, conoscevano modi molto persuasivi, “un modo molto più facile per ottenerli [gli oggetti in ferro], rispetto al portare delle provviste”; e i marinai non erano da meno. Alcuni fuggiranno addirittura sulle montagne, insieme alle proprie “mogli” taihiane. Cook conosceva i dettagli del viaggio di Wallis e voleva prevenire i disagi occorsi durante la permanenza del suo connazionale, quando, in cambio di qualche chiodo, le ragazze portavano i marinai a fare una piacevole “passeggiata nel bosco”, dopo averli “convinti”, incitandoli a raggiungerle, con gesti non fraintendibili e denudandosi sulla spiaggia dinnanzi alla nave. Nemmeno il divieto di avvicinarsi, imposto da Wallis alle donne, interruppe gli incontri.

Difatti già Bougainville, l’anno dopo, troverà tracce di malattie veneree nei nativi. In fondo, come dirà esplicitamente Forster qualche anno dopo: “c’erano molte donne, abbastanza belle da attrarre l’attenzione degli europei, che non vedevano le loro donne da dodici mesi”. Era una legge generale dei viaggi a Tahiti. E gli europei erano ben felici di rispettare le “tradizioni”, anzi, addirittura di approfittarne, come quando una donna, visitando una cabina della nave, vide degli oggetti, che avrebbe potuto ottenere solo concedendosi al “gentiluomo” che la accompagnava, cosa che, pare, accettò, anche se non immediatamente.
I nativi erano molto affabili. Spesso si riunivano, curiosi, presso gli stranieri; cercavano di passare del tempo con loro, di osservarne i manufatti e di scambiare noci di cocco, carne di maiale e legna con qualche arnese. Licurgo (Toobouratomita), un tahitiano che aveva particolare simpatia per i forestieri, porterà la sua famiglia a vivere in una tenda vicino all’accampamento di Cook.

Nella baia, gli inglesi costruirono un forte. Avvenne che un giorno si presentarono alla porta un uomo e due giovani donne. L’evento incuriosì non poco gli inglesi. La comitiva portava in dono delle piante. Dopo averle posate ai piedi degli europei, presero della stoffa che stesero a terra e le due donne, a turno, vi si portarono sopra, si spogliarono al di sotto della vita, due giravolte, si tolsero la mantella, rimanendo completamente nude, e si fecero avanti per abbracciare Joseph Banks (il naturalista della spedizione), che presenziava a quella cerimonia: una cortese pratica di saluto usata tra personalità di rilievo nella società tahitiana, una forma di riverenza.

La nudità non pareva essere poi così problematica per gli isolani. In fondo, in quel punto, due giovani giacquero insieme. Non abbiamo molti dettagli dell’avvenimento. Cook ci dice che la giovane doveva avere circa 10-12 anni – a quell’età iniziava la pubertà e con essa i rapporti sessuali, che avrebbero portato alla gravidanza e a lasciare il nido familiare. Parrebbe essere stato una specie di rito di passaggio per la bambina, la quale, secondo quando ci viene detto, non pareva entusiasta di ciò che avrebbe dovuto fare (una scena simile si consumò anche durante la permanenza di Bougainville, in cui un suo uomo e una tahitiana furono posti al centro di una folla di persone, intente a incitare e suonare).

Attorno alla coppia vi erano le altre donne della comunità e la “regina” Oberea (o Purea), che incitavano la piccola e la istruivano sul da farsi, senza curarsi della sua volontà. E proprio la regina Oberea, per scusarsi di un furto commesso da un suo uomo o amante ai danni degli inglesi, si offrì di passare la notte col Sig. Banks. La stessa non conviveva neanche con suo marito, Oamo (o Amo), dal quale era infastidita. Stranezze, per gli europei.
I tahitiani, secondo i primi esploratori, godevano di una grande libertà sessuale. “La loro unica passione è l’amore” e “la cura di piacere [è] la loro occupazione più seria”, riferisce Bougainville. La massima espressione di libertà sessuale parrebbe essere stata legata agli “Arioi”, una società di persone d’alto rango dedita alle arti performative (danza e canti), ad alcuni riti e al sesso più libero (forse, tuttavia, anche all’abuso), i cui figli neonati pare venissero uccisi.

Nelle guerre le fanciulle divenivano un trofeo di guerra utile a soddisfare i desideri dei vincitori. Rifiutare una donna pare fosse considerata una cosa strana; e anche nelle conversazioni non provavano vergogna nel parlare di temi erotici. Tutto ciò incuriosiva molto gli europei, non abituati a tali costumi. Le donne parevano, tuttavia, sottomesse ai “mariti”, i quali, potevano punirle malmenandole in caso di infedeltà, anche se pare non tendessero troppo alla gelosia e acconsentissero facilmente a concedere ad altri le proprie compagne; Bligh segnala anche come una ragazza ne abbia colpito un’altra, poiché innamorate dello stesso giovane, e come un uomo, in preda alla gelosia, abbia pugnalato l’amante della moglie. Ma pare fosse prima del matrimonio che le donne si dessero più da fare, dato che in fondo andare a letto con molti uomini non pregiudicava le loro possibilità di maritarsi. Il giovane si infiltrava nella casa della fanciulla e, cercando di non farsi scoprire dai suoi, copulava con lei.

Forster, nel 1778, annoterà: “la grande abbondanza di cibo buono e nutriente, insieme al clima mite, alla bellezza e al comportamento senza riserve delle loro femmine, li invitano con forza ai godimenti e al piacere dell’amore. Cominciano molto presto ad abbandonarsi alle situazioni più libidinose”, in particolare, parrebbe, con gli europei, che iniziarono a incontrare anche a bordo delle navi, dove “molte donne cedettero senza difficoltà alle ardenti sollecitazioni dei nostri marinai”. Peccato che molte di queste fossero ancora bambine. E proprio queste pare che già in tenera età giocassero imitando il coito. Tutta questa affinità col sesso iniziò a preoccupare i capitani dei bastimenti europei: Wallis, Cook e soprattutto William Bligh, divenuto noto per uno degli ammutinamenti più celebri della storia (28 aprile 1789; meno di tre mesi dopo in Francia sarebbe scoppiata la Rivoluzione), portato avanti da parte dell’equipaggio del Bounty, smaniosi di tornare alla piacevole vita sull’isola.
Dunque, queste sono le notizie su Tahiti che presero a circolare sul Vecchio Continente, nella seconda metà del Settecento. Subito dopo i primi viaggi, Tahiti era diventata, per gli europei, la realizzazione delle tante utopie che per secoli, anzi, millenni, hanno abitato le le loro stesse fantasie. Tahiti, nell’immaginario europeo, era ormai diventata l’isola di Venere feconda, una paradisiaca Isola dell’Amore.