Sono passati un po’ di anni da quella fredda e ventosa mattina del 17 dicembre 1903 in cui i fratelli Wright fecero volare per la prima volta il loro “Flyer” sulla spiaggia di Kitty Hawk in North Carolina, ma sia il fascino, sia il pericolo dei voli in aereo, sono rimasti intatti.
Siamo alla fine dei ruggenti anni ’20. In mezzo c’è stata la Grande guerra, con tutto il progresso tecnologico che ha comportato, ma i mezzi volanti sono rimasti poco sicuri. Sono gli anni in cui vengono tracciate le prime importanti rotte commerciali e passeggeri, anni eroici che saranno immortalati nei romanzi di un pilota francese dall’animo sensibilissimo, Antoine de Saint-Exupéry, come “Volo di notte”, “Corriere del Sud” e, soprattutto “Terra degli uomini”. Anni in cui molti ex piloti militari sopravvissuti miracolosamente al conflitto, si schianteranno mentre tentano impossibili imprese o spettacolari esibizioni pubbliche, come i protagonisti del romanzo “Oggi si vola” del futuro premio Nobel William Faulkner (che era pilota dilettante anche lui e perse un fratello in un incidente aereo), dal quale è stato poi tratto anche un famoso film, “Il trapezio della vita”.
Il miraggio di molti di quei piloti si chiama premio Orteig. Il miliardario americano George Orteig, padrone di una ricca catena di alberghi, convinto che il turismo riceverà un impulso importantissimo dalla nascita delle rotte aeree, ha messo in palio nel 1919 un assegno di 25.000 dollari, cifra enorme per quel tempo, per chi saprà dimostrare che è possibile trasvolare l’Atlantico, da Parigi a New York, senza scalo.
Per i primi 5 anni, nessuno si azzarda neppure a provarci, tanto è difficile l’impresa con i mezzi del tempo. Poi cominciano i tentativi, che finiscono tutti male. Il più noto è quello di René Fonck, l’Asso degli Assi dell’areonautica francese, un fegataccio che in guerra ha abbattuto 75 velivoli nemici, il primo dei quali a fucilate dato che a quel tempo volava come osservatore su un aereo disarmato.
René Fonck (1894-1953):
Nel 1926, si fa costruire dal celebre ingegnere Igor Sikorsky un trimotore, l’S-35, con cui tenta di partire dal Roosevelt Field di New York. Subito prima, Sikorsky ha tentato di dissuaderlo, convinto che servano altri test e ulteriori miglioramenti, ma Fonck si ritiene sicuro di sé e non lo ascolta. Le fosche previsioni di Sikorsky si rivelano giuste e l’S-35, sovraccarico, si schianta già al decollo. Fonck si salva, ma nell’impatto muoiono altri 2 dei membri dell’equipaggio.
Il Sikorsky S-35:
L’incidente del 21 settembre 1926, quando il Sikorsky S-35 di Fonck finì distrutto:
Nell’aprile dell’anno dopo ci prova un altro califfo della categoria, Floyd Bennett, quello che ha accompagnato per ben 2 volte l’ammiraglio Richard Byrd al polo Nord, volando in condizioni impossibili. Byrd lo patrocina e gli trova tutti i finanziamenti necessari a costruire un enorme trimotore progettato da un altro leggendario ingegnere, Anthony Fokker. Ma, anche stavolta, qualcosa va storto: durante l’ultimo test, l’aereo si ribalta e cade al suolo. Byrd, presente a bordo, il copilota Noville e Bennett restano feriti. Gli altri due si riprenderanno, ma Bennett morirà dopo un anno di sofferenze.
Sotto, Floyd Bennet:
Il trimotore Fokker di Bennet:
Arriviamo così al maggio dello stesso 1927
E’ l’8 maggio, mattina presto, a San Diego, California. Il giovane Charles Lindbergh parte con il suo piccolo monoposto della Ryan Airlines denominato “Spirit of Saint Louis” con destinazione New York, da cui poi partirà verso Parigi compiendo, tra il 20 e il 21 maggio, il volo che gli farà vincere il premio Orteig e lo consegnerà alla Storia.
Charles Lindbergh:
Lo “Spirit of St.Louis” di Lindbergh:
E’ invece ancora la sera del 7 maggio a Le Bourget, vicino Parigi, quando un grosso biplano monomotore Levasseur PL8 denominato “L’Oiseau Blanc” (L’uccello bianco) percorre i 900 metri della pista e si alza in volo in direzione Nord-Ovest, verso l’Irlanda, per poi dirigersi a Ovest, verso la costa canadese. A bordo ci sono due dei più incredibili personaggi tra quelli che si possono incontrare nella variegata fauna degli aviatori del tempo: il pilota Charles Nungesser, Asso della caccia con 43 vittorie aeree e le cicatrici di 40 ferite riportate in combattimento, e il navigatore Francois Coli, che viene dalla Marina e in guerra ha perso l’occhio destro, e prima della guerra faceva il contrabbandiere.
Dell’Oiseau Blanc, che per alleggerirsi non montava alcuna radio, si perderanno le tracce. Dopo la partenza, nessuno più rivedrà Nungesser e Coli, né vivi, né morti
Per decenni, si è creduto che l’Oiseau Blanc avesse avuto un’avaria o fosse finito in una tempesta e fosse precipitato nell’oceano. Poi, però, è emersa una serie di fatti nuovi.
Nungesser e Coli in tenuta di volo:
A ridestare Nungesser e Coli dall’oblio, negli anni ’80, provvede un altro personaggio pittoresco almeno quanto loro. Gunnar Hansen è un attore, un famoso caratterista di Hollywood specializzato in film horror (interpreta Leatherface in “Non aprite quella porta”), ma anche uno scrittore dalla curiosità inesauribile. La vicenda dei due aviatori francesi dispersi lo ispira molto e lo conduce a cercare tutte le possibili tracce che possono aver lasciato. E la ricerca conduce a un risultato incredibile:
la certezza che l’Oiseau Blanc arrivò a sorvolare il territorio americano prima di perdersi
La rotta seguita dall’aereo:
E’ passato un bel po’ di tempo da allora ma, quando Hansen si mette a spulciare giornali locali e verbali di polizia dei paesini più sperduti della East Coast, salta fuori che, tra il tardo pomeriggio e la sera dell’8 maggio 1927, almeno 17 testimoni diversi videro un grosso aereo bianco attraversare il cielo o sentirono il rumore del suo motore. E che tutti i loro avvistamenti, messi in ordine di luogo e di tempo, descrivono un arco che va da Terranova al Maine… proprio secondo la rotta verso Sud-Ovest che Nungesser e Coli intendevano seguire una volta giunti a quel punto.
Le segnalazioni, piuttosto fitte considerando che la zona è poco abitata, si interrompono bruscamente in coincidenza di una vasta palude denominata Great Heat (che, accidentalmente, comincia a meno di 100 km dalla casa di Stephen King). Tutto lascia pensare che l’Oiseau Blanc sia finito proprio lì, o nella palude o in uno dei laghetti che la circondano. Tanto più che, per viaggiare più leggero, Nungesser aveva sganciato il carrello alla partenza e poteva scendere a terra solo ammarando. Se avesse dovuto tentare un atterraggio di emergenza, lo avrebbe fatto su un lago o su una palude.
Sotto, il carrello de l’Oiseau Blanc, conservato presso il Museo dell’Aria e dello Spazio di Le Bourget:
Immagine di Fitamant via Wikipedia – licenza CC BY 4.0
Secondo le più attendibili ricostruzioni a posteriori, però, le cose andarono diversamente. L’area della Great Heat, la sera dell’8 maggio 1927, fu spazzata da una forte tempesta. Probabilmente, Nungesser, già a corto di carburante, capì che non sarebbe mai riuscito a raggiungere New York e decise di puntare sul Québec. Ma, per farlo, doveva innanzitutto salire di quota in modo da trovarsi al di sopra delle nubi temporalesche. Ma le nubi temporalesche sono solitamente gelide al loro interno, e questo determinò la formazione di ghiaccio nel motore, causando lo spegnimento durante la salita. A quel punto, probabilmente, l’aereo precipitò da grande altezza e si schiantò al suolo, uccidendo sul colpo i due occupanti.
Coli e Nungesser fotografati insieme:
Dal 1984, sulla scorta delle scoperte di Hansen, sono state organizzate diverse spedizioni di recupero dell’Oiseau Blanc, ma finora senza risultati. Le fitte foreste del Maine sono impenetrabili sia d’inverno (in cui sono coperte da una coltre di nebbia) sia d’estate (in cui pullulano di zanzare). Perfino la NUMA di Clive Cussler dovette arrendersi dopo aver effettuato due tentativi.
La rotta blu indica quella teorica per New York, mentre la Rossa quella ipotetica che venne seguita dai due aviatori:
Un’altra teoria, basata sul resoconto ufficioso del ritrovamento di molti reperti da parte dei contrabbandieri di alcolici (e perciò tenuta a lungo nascosta, per non rivelare le rotte segrete alle autorità) e addirittura di due ali bianche da parte della Guardia Costiera locale (esiste al riguardo una comunicazione ufficiale datata 17 agosto 1927) vorrebbe l’Oiseau Blanc precipitato nel mare antistante l’arcipelago francofono di Saint Pierre et Miquelon, a Sud di Terranova. Questa teoria è la più accreditata presso gli storici dell’aviazione francesi, che però ammettono di non avere prove per dimostrarla.
Illustrazione del volo di Nungesser e Coli:
Ad ogni buon conto, lo studio che la ipotizza, compiuto da Bernard Decré, è stato insignito del prestigioso premio “Paul Tissandier” dalla Federazione Aeronautica Internazionale nel 2015.
Sotto, una scultura ricorda i due aviatori a Etretat (Seine-Maritime):
Immagine di Patrick Demory via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 2.0