L’Area de Conservación Guanacaste (ACG) è una foresta in Costa Rica, fra le meraviglie del mondo protette dall’UNESCO dal 1999. Prima di diventare area protetta fu oggetto di desertificazione, a causa dei pascoli di bestiame e altre attività umane. Fra i risultati dell’iper-sfruttamento ci fu un’area di tre acri desertificata, una zona completamente privata delle risorse per rinascere come foresta tropicale. All’inizio degli anni ’90, quando Guanacaste era già un’area protetta dallo stato costaricense, l’azienda “Del Oro” realizzò una piantagione di arance ai margini del bosco, con lo scopo di produrre succo d’arancia.
La Del Oro, come naturale, sfruttava solo il succo delle arance, scartandone la buccia e altri residui. Winnie Hallwachs e Daniel Janzen, ecologi dell’Università della Pennsylvania, proposero di sfruttare gli scarti della produzione industriale concimando con le bucce d’arancia l’area desertificata. Gli ecologi sostennero che il vantaggio per l’azienda Del Oro era quello di smaltire gli scarti al solo costo del trasporto sul terreno, mentre per la natura il vantaggio era di ricevere concime gratis. L’esperimento andò avanti un anno, durante il quale vennero scaricate nell’area circa 12.000 tonnellate di bucce d’arancia.
Le arance e l’ecologo che seguì l’esperimento:
Nel mentre la Ticofruit, azienda rivale di Del Oro, portò in tribunale quest’ultima proprio a causa dell’economico smaltimento degli scarti agricoli che, a loro dire, avrebbe inquinato l’area desertificata. Come sovente successe (e ancora accade) nei paesi sudamericani, gli ecologi non vennero ascoltati, preferendo proteggere gli interessi delle aziende. La Del Oro cessò di smaltire gli scarti in modo economico, e l’area venne abbandonata a se stessa.
Alcune tonnellate di bucce d’arancia sul terreno:
Facciamo un salto di 16 anni
Timothy Treuer nel 2014 era uno studente laureando a Princeton, e decise di contattare i due ecologi per la propria tesi, realizzando uno studio sul loro esperimento di 16 anni prima. Gli studiosi gli raccontarono la vicenda, e Treuer raggiunse la Costa Rica dove, al posto dell’area desertificata, scoprì una rigogliosa foresta tropicale, in avanzato stato di recupero. Il cartello che indicava la zona risulta oggi irriconoscibile fra le piante che lo avvolgono, e l’area è tornata ad essere una zona verde.
Sotto, il cartello lasciato nell’area 19 anni fa:
I risultati dello studio di Timothy, nel mentre laureato a Princeton, sono stati pubblicati il 21 Agosto 2017 sul sito Online Library, e sono disponibili a questo indirizzo.
Dell’estratto della ricerca risulta particolarmente interessante un passaggio, con i dati della riforestazione:
“Dopo 16 anni si assiste ad un arricchimento pari al triplo delle specie vegetali legnose, e ad un aumento del 176% della biomassa legnosa. La deposizione di rifiuti di arance ha aumentato significativamente i micronutrienti del suolo”.
Sotto, come appare oggi l’area:
Il recupero di zone desertificate, in sinergia con aziende di produzione locale, consentirebbe di abbassare i livelli di anidride carbonica e il riscaldamento globale, che ha portato negli ultimi anni ad un radicale cambiamento dell’aspetto del nostro pianeta. Grazie a questo studio, combattere la desertificazione ottimizzando l’uso degli scarti industriali potrebbe divenire un metodo sostenibile applicabile in moltissime zone della terra.