Il Maestro e Margherita: “i manoscritti non bruciano”

La prima cosa che ci viene in mente quando sentiamo parlare di letteratura russa sono i cosiddetti “mattoni”- Guerra e Pace di Tolstoj o I Fratelli Karamazov di Dostojevskij, giusto per dirne qualcuno – romanzi incredibilmente lunghi, pieni di nomi impronunciabili e città sconosciute (ai non russi).

Mikhail Bulgakov – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nel XX secolo, il cinema ha facilitato l’approccio alla narrativa russa grazie a film che hanno reso queste storie struggenti e malinconiche, a tratti esotiche, almeno per noi occidentali, fruibili al grande pubblico.

Mikhail Bulgakov – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Però, non tutti sanno che la letteratura russa, soprattutto quella che proviene dalla tradizione popolare, è spesso di natura fantastica, con personaggi strani e unici nel loro genere. L’esempio più esplicativo è Il Maestro e Margherita, di Mikhail Bulgakov, un romanzo che ha segnato un’intera generazione sovietica.

La prima edizione de Il maestro e Margherita – Immagine di Brad Verter condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Le origini di Bulgakov

Mikhail Afanas’evič Bulgakov nasce a Kiev, all’epoca città multiculturale dell’impero zarista, il 15 maggio del 1891. In gioventù studia medicina all’Università di Kiev, si laurea nel 1916 e, poco prima della resa della Russia, si arruola volontario come aiuto-medico. Mentre Kiev è contesa fra bianchi, rossi e indipendentisti ucraini, il giovane Mikhail apre uno studio specializzato in malattie veneree, e tutte le fazioni della città se lo contendono perché, si sa, in tempi di guerra i medici sono un bene prezioso.

Manifestazione di soldati a Pietrogrado nel febbraio del 1917 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Come tutta la sua famiglia, Mikhail è un sostenitore dello zar e i suoi fratelli sono ufficiali dell’Armata Bianca. Con la vittoria dei rossi, i Bulgakov devono espatriare: tutti tranne Mikhail, a letto in fin di vita per il tifo. Quando guarisce si rende conto che è ormai troppo tardi per scappare e un’epifania gli suggerisce di abbandonare la cura delle malattie veneree per inseguire il suo vero sogno:

Trasferirsi a Mosca e diventare uno scrittore

La casa dei Bulgakov a Kiev – Immagine di Posterrr condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Mikhail viene da una famiglia dell’alta borghesia zarista e ha una vasta conoscenza della letteratura che lo ha preceduto, soprattutto di Nikolaj Gogol’ e di maestri stranieri del calibro di Johann Wolfgang von Goethe. Comincia a scrivere racconti a metà degli anni Venti (La Guardia Bianca, Cuore di Cane e Uova Fatali), ma il suo vero obiettivo è sfondare in (nel) teatro.

Ritratto di Goethe nella campagna Romana, di Tischbein – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

I primi decenni della neonata Unione Sovietica sono anni in cui tutto è dedicato alla propaganda della rivoluzione e dei suoi ideali, con un innalzamento dei rossi a liberatori della patria, e i drammi che Bulgakov, un bianco convinto, propone al pubblico non riscuotono grande successo. Ad esempio, i critici stroncano la sua opera teatrale maggiore, I Giorni dei Turbin, tratto dal racconto La Guardia Bianca, solo perché affronta le vicende di una famiglia di controrivoluzionari bianchi. Una leggenda metropolitana moscovita vuole che Stalin, già al potere da qualche anno, imponga al Teatro d’Arte di Mosca di rimettere in scena l’opera di Bulgakov per poi andare a vederla almeno una decina di volte.

Stalin nel 1917 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ma, alla fine degli anni Venti, Stalin ha altro a cui pensare e certo non può salvare la disastrosa carriera di Bulgakov, che, con una lettera del 28 marzo del 1930, chiede al Partito il permesso di espatriare per cercare fortuna all’estero. Il successivo 14 aprile, un’agghiacciante notizia scuote l’Unione Sovietica: si è suicidato Vladimir Majakovskij, il glorioso poeta-portavoce della rivoluzione. Mikhail partecipa ai funerali del collega e il 18 aprile riceve una telefonata di Stalin che Elena, la sua terza moglie, trascrivere per intero.

Vladimir Majakovskij – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Stalin: «Abbiamo ricevuto la sua lettera. L’ho letta insieme ai compagni. Riceverà una risposta favorevole, anche se non mi sembra il caso di lasciarla partire. Ma davvero vuole andare all’estero? Le siamo venuti tanto a noia?».

Bulgakov: «Negli ultimi anni ho molto riflettuto se uno scrittore russo possa vivere lontano dalla patria, e mi sembra di no».

Stalin: «Lo penso anch’io. Dove vuole lavorare? Nel Teatro d’Arte?».

Bulgakov: «Sì, ma quando ne ho accennato mi è stato opposto un netto rifiuto».

Stalin: «Presenti una domanda, credo che acconsentiranno».

Iosif Stalin – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ed è così che Bulgakov ricomincia a guadagnarsi da vivere lasciandosi alle spalle tutte le difficoltà del passato. Ciò che i suoi contemporanei non sanno è che, già da qualche anno, sta lavorando a una storia che definisce “il mio romanzo sul diavolo” e che riprende un suo vecchio racconto sul personaggio di Ponzio Pilato.

Il romanzo è Il Maestro e Margherita

Casa Bulgakov a Mosca. Il romanzo Il maestro e Margherita è stato scritto qui – Immagine di Vladimir OKC condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Genere e struttura del romanzo

Come Dante ha riversato nella Commedia tutto il suo astio verso alcune figure politiche dell’epoca, allo stesso modo Bulgakov si prende beffe del mondo letterario post-rivoluzion(ario)e che non vuole accoglierlo con benevolenza.

Il Maestro e Margherita ha in sé ha una struttura molto complessa, (l)a matrëška, così chiamata perché, proprio come le famose bamboline tradizionali russe, all’interno del romanzo principale troviamo un altro romanzo, ovvero quello di Ponzio Pilato.

Bulgakov con gli scrittori sovietici Yury Olesha e Valentin Katayev – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Dire che è solo un romanzo sentimentale sarebbe un’eresia e, nonostante racconti una storia d’amore travolgente e sofferta, racchiude anche elementi del romanzo satirico e del romanzo storico, tre generi amalgamati e filtrati attraverso la maestria di Bulgakov. Al suo interno troviamo un romanzo nel romanzo e diverse trame che si diramano all’inizio del libro per ricongiungersi alla fine.

Tranquilli, niente spoiler, ma, senza rovinare la trama a chi ha intenzione di leggerlo, possiamo analizzare i riferimenti storico-letterari e soffermarci sulle peculiarità dei personaggi, magari chiarendo alcuni punti che alla maggior parte dei lettori potrebbero sembrare oscuri.

Mikhail Bulgakov – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

I personaggi

Partiamo col dire che i veri protagonisti del romanzo non sono i personaggi del titolo. Bulgakov riversa molto della sua vita nel libro e, leggendo la disperazione del Maestro, il cui vero nome ci è ignoto, è facile notare i parallelismi con l’autore. Margherita, invece, rappresenta Elena Sergeevna, la terza moglie di Bulgakov, l’unica che lo capisce, che lo apprezza e lo sprona a continuare a scrivere.

Targhe commemorative in onore di Bulgakov e Vachtangov a Vladikavkaz – Immagine di Акутагава condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Tralasciando tutti quei personaggi secondari che rappresentano l’amministrazione e la burocrazia del teatro, ambiente a cui Bulgakov non risparmia critiche, i personaggi sono Woland e il suo seguito.

Mikhail Bulgakov – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Woland è descritto come un uomo la cui statura “non era né piccola né eccezionale ma semplicemente alta. Quanto ai denti, a sinistra aveva le capsule di platino e a destra d’oro. Indossava un abito grigio costoso e scarpe estere della stessa tinta dell’abito. Portava con baldanza il berretto grigio tutto da un lato, e sotto il braccio teneva un bastoncino col pomo nero a forma di testa di can barbone. Gli si poteva dare quarant’anni, o più. La bocca leggermente storta. Perfettamente rasato. Bruno. Un occhio, il destro, nero, l’altro stranamente verde. Sopracciglia nere, ma una più alta dell’altra. Per concludere uno straniero“.

Diavoli in un affresco di Andrea di Bonaiuto – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il suo seguito è bizzarro e appariscente. C’è Korov’ev, conosciuto come Fagotto, un uomo con “i baffi come piume di gallina, gli occhietti piccoli, ironici e quasi ebbri, i pantaloni a scacchi talmente tirati su che si vedevano le calze bianche sporche“; Azazello, l’assassino del gruppo, “un tipo piccolo, ma con le spalle d’atleta, i capelli rossi come il fuoco, un occhio velato di bianco, la bocca con un canino sporgente“, che successivamente, per darsi un’aria elegante, metterà un osso di pollo rosicchiato nella tasca del vestito al posto del fazzoletto di seta.

Monumento a Mikhail Bulgakov a Vladikavkaz su Prospekt Mira – Immagine di Anfisico condivisa con licenza CC BY SA 4.0 via Wikipedia

Poi troviamo Gella, l’unica donna del gruppo. Di solito gira nuda, ma davanti al pubblico del Teatro di Varietà è “una ragazza dai capelli rossi, in abito da sera, davvero bella, se non l’avesse deturpata una bizzarra cicatrice sul collo“.

Cartolina postale sovietica del 1991 con un francobollo recante l’effigie di Bulgakov – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Infine, il personaggio più memorabile è Begemot, un mutaforma che in alcune occasioni si presenta come “un tipo grasso, bassotto, con una faccia che pareva quella di un gatto“, ma che, per la maggior parte del romanzo, è un enorme gatto nero dotato di parola, spietato e appassionato di scacchi.

Una menzione speciale va ai personaggi del romanzo scritto dal Maestro, ovvero Jeshua Ha Nozri e Ponzio Pilato, figure storiche della tradizione cristiana che Bulgakov prende e stravolge.

Mikhail Bulgakov – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

È bene sottolineare che lo scrittore è nipote di sacerdoti russi e figlio di un professore di teologia, un retaggio familiare che gli ha consegnato una vasta conoscenza dei personaggi biblici e della dottrina cristiana ed ebraica, cosa che stona parecchio con quella che è la Mosca post-rivoluzionaria, dichiaratamente atea.

Bulgakov raffigurato su un francobollo del 2016 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Jeshua viene presentato come un filosofo vagabondo e solitario, con un solo discepolo che gli causa diversi guai. Ponzio Pilato è un uomo fedele e riconoscente verso i suoi soldati, sofferente dell’allontanamento forzato da Roma e affascinato dalla filosofia di Jeshua, ma costretto dal Sinedrio a condannarlo, venendo per questo punito con una forte emicrania.

Gesù di fronte a Pilato, di Maestro Bertram, 1390 circa – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’onomastica dei nomi

Ma Jeshua e Ponzio Pilato non sono gli unici personaggi di origine, o meglio di ispirazione, biblica. Senza dilungarci troppo, Woland è Satana in persona e il suo seguito è composto da demoni come Azazello, l’assassino del gruppo che fa eco ad Azazel, un angelo caduto presente in alcune correnti cristiane ed ebraiche. Lo stesso gioco di riferimenti lo troviamo nell’enorme gatto nero Begemot, il cui nome è preso in prestito da quello di un mostro biblico che compare nel libro di Giobbe, ma che, per qualche strano motivo, è entrato nell’uso comune della lingua russa e indica l’ippopotamo comune.

Francobollo con i personaggi di M. Bulgakov, artista Y. Artimenev , 1990 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Riferimenti biblici a parte, nemmeno gli altri nomi sono casuali. Woland, di chiara origine germanica, è uno dei termini più diffusi per indicare il diavolo nel Nord Europa, oltre ad essere un chiaro riferimento al Faust di Goethe, dove, però, Woland viene usato solo una volta e in occasione di una festa.

Il dottor Faust e Mefistofele – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Un altro nome che trae origine dal Faust è Margherita, la Grettchen che nel dramma tedesco salva Faust dal patto col diavolo, mentre nel romanzo di Bulgakov stringe il patto col diavolo per salvare il suo amato, diventando un personaggio attivo e dinamico.

Margherita sedotta da Faust – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Gli omaggi letterari

Come si può intuire da questa breve analisi dei nomi, Bulgakov conosce molto bene la letteratura tedesca e in particolare il Faust. Per omaggiare ulteriormente l’opera, inserisce come epigrafe iniziale del Il Maestro e Margherita una citazione del Faust che recita:

«Ma allora chi sei tu, insomma? Sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente compie il bene».

Una frase che racchiude in sé tutta la caratura morale della trama

Goethe nel 1828 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Non solo Goethe. Bulgakov è cosciente delle altissime vette che gli scrittori russi del XIX secolo hanno raggiunto e, forse ritrovandovi uno spirito affine al suo anche nella vita vera, si è ispirato a Nikolaj Gogol’. Autore dall’animo tormentato, Gogol’ è uno degli scrittori più prolifici del XIX secolo e fra i più attivi politicamente, partecipando in prima persona al movimento decabrista del 1826. A differenza dei suoi contemporanei, ama il fantastico e lo usa spesso, come testimoniano molti racconti.

Dagherrotipo di Nikolaj Gogol’ – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La carriera di Gogol’ è inoltre caratterizzata dal fuoco, che per ben due volte distrugge le sue opere. Bulgakov rielabora il fantastico di Gogol’ in chiave moderna e lo utilizza per vendicarsi di quelle classi sociali e burocratiche che nella realtà gli sono ostili.

Gogol’ ritratto da Moller, 1840 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Un ulteriore parallelismo è dato dal fatto che, a un certo punto della sua carriera, stanco delle critiche, Bulgakov distrugge nel fuoco il suo romanzo. Anche la sua controparte cartacea lo fa, ma, come sostiene Woland, “i manoscritti non bruciano“.

Gogol’ brucia il manoscritto della seconda parte di “Le anime morte”, dipinto di Repin, 1909 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Anche se il manoscritto del Maestro brucia, viene letto da due persone molto speciali. Anche se il manoscritto di Bulgakov brucia, resta nella mente del suo creatore, che è in grado di riscriverlo e migliorarlo. Non bruciano nemmeno i manoscritti degli autori censurati dal regime, che trovano in questa frase il loro motto e verranno poi riscoperti dalle generazioni future.

Busto di Gogol’ a San Pietroburgo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Mosca e Stalin

Essendo Il Maestro e Margherita, seppur velatamente, un romanzo autobiografico, non manca un chiaro riferimento alla più importante figura politica dell’epoca, Iosif Stalin. Bulgakov usa Woland e il suo seguito per rappresentare il dittatore: Stalin è il diavolo, che protegge lo scrittore dalla critica e dalla censura; è l’assassino Azazello, in quanto si libera in modo sbrigativo e definitivo delle persone a lui scomode; è Begemot, perché il popolo lo chiama “il gatto nero”. Forse, Bulgakov vede in Stalin anche una vena ironicamente comica, rappresentata poi da Korov’ev.

Iosif Stalin – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Un’ultima menzione la merita la grande protagonista che fa da sfondo al romanzo, ovvero Mosca. La città ci accoglie nei suoi viali e nei suoi parchi e si rende fruibile e interessante anche per un lettore straniero.

Mosca. Il Cremlino all’inizio del Novecento – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’eredità de Il Maestro e Margherita

Tirando le somme, Il Maestro e Margherita è un romanzo estremamente complesso per chi non è abituato alla lettura degli autori russi o non conosce la storia sovietica, ma, come lo definì Montale, è “un miracolo che ognuno deve salutare con commozione“, in quanto, citando lo scrittore sovietico Kaverin, “per originalità sarà difficile trovare un’opera che gli stia a pari in tutta la letteratura mondiale“.

Bulgakov su un francobollo russo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Un’originalità difficile da trasporre sul grande schermo, proprio per i suoi temi e le sue ambientazioni così precise e varie. Un’originalità che il regista russo Vladimir Bortko riesce magistralmente, anche se non priva di cambiamenti e varie licenze di sceneggiatura, a trasmettere nella serie tv adattamento del romanzo.

Tomba di Michail Bulgakov nel cimitero di Novodevičij a Mosca – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ma l’impatto che il romanzo di Bulgakov ebbe all’epoca della sua pubblicazione non restò confinato all’Unione Sovietica. Nel 1968 i Rolling Stones pubblicarono il pezzo Sympathy for the Devil e, nonostante Mick Jagger attribuisca l’ispirazione del brano a Baudelaire, si capisce già dai primi versi della canzone che la musa è proprio Il Maestro e Margherita. La canzone, infatti, presenta il diavolo come un signore distinto non dissimile da Woland e fa un chiaro riferimento alla storia russa parlando della strage della famiglia Romanov.

In conclusione, Il Maestro e Margherita è un romanzo che spazia dal background personale dell’autore ai tanti riferimenti storico-letterari al suo interno. Se ancora oggi è letto e amato da un pubblico sempre più vasto, il merito va attribuito alla genialità di Bulgakov, che ha realizzato un’opera immortale, degna di essere accostata a grandi nomi come Tolstoj e Dostojevskij. Sì, perché, il Bulgakov uomo è sepolto nel cimitero di Novodevičij a Mosca, ma il Bulgakov artista siede nel pantheon della letteratura mondiale, dove rivive ogni giorno, libro dopo libro, pagina dopo pagina, frase dopo frase.


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