Sono pochissime e in età avanzata le donne cinesi che, al giorno d’oggi, portano ancora la stigmate del Loto d’Oro, un residuo culturale della Cina che fu, di un’epoca dove i piedi piccoli e deformati erano sinonimo di bellezza.

«Avevo otto anni. Quando piangevo e soffrivo mi dicevano che senza i piedi piccoli nessuno avrebbe voluto sposarmi», sono le parole di un’anziana della Mongolia Interna.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
«Ho iniziato a fasciare i piedi all’età di quattro anni con l’aiuto di mia madre», racconta un’ottantanovenne dello Yunnan. «Non ero d’accordo, ma non avevo scelta».

Il Loto d’Oro era un piede modificato con processi alternati di rottura delle ossa e bendaggi, che ne diminuivano le dimensioni e gli conferivano l’aspetto di una mezzaluna. A trattamento finito, le donne camminavano barcollando, con un’andatura che, secondo la tradizione, richiamava la grazia del fiore di Loto al piegarsi del vento.

Il processo di creazione del Loto d’Oro
Il processo per la creazione del Loto d’Oro era lungo e doloroso. Richiedeva dai 3 ai 10 anni e necessitava di continue attenzioni. La fasciatura iniziava quando le bambine avevano fra i 4 e 9 anni, un’età in cui era possibile intervenire sul naturale sviluppo delle ossa.
La stagione migliore era l’inverno, perché, in teoria, il freddo avrebbe reso i piedi meno sensibili e lenito il dolore. Le madri, o altre donne esperte della famiglia, immergevano i piedi delle figlie in una miscela di erbe e sangue d’animale che ammorbidiva la zona da trattare, tagliavano le unghie e spalmavano degli ungenti sulla pelle.

La fase successiva prevedeva di piegare tutte le dita, alluce escluso, verso la pianta del piede, provocando la rottura delle ossa. Nell’atto finale si prendevano delle bende di cotone, lunghe tre metri e larghe cinque centimetri, e, per tenere ferme le dita contro la pianta e avvicinare l’estremità dell’alluce a quella del tallone comprimendo e schiacciando il piede, applicavano una fasciatura strettissima.
Le ossa rotte si riparavano seguendo la conformazione a mezzaluna del bendaggio, ma si trattava di un dolore continuo, perché almeno una volta a settimana, anche di più per le ragazze benestanti, era necessario slegare il piede, lavarlo, tagliare di nuovo le unghie, provocare altre fratture per migliorare il risultato e ripetere la fasciatura.

Le varie precauzioni servivano a scongiurare le infezioni. La circolazione sanguigna dei piedi era compromessa e, con un’eventuale lesione, ad esempio, dovuta alle crescita eccessiva delle unghie, il rischio di cancrena era altissimo.
Ogni ragazza con il Loto d’Oro indossava delle calzature minute e resistenti, le cosiddette Scarpe di Loto, in grado di aiutarle a camminare e, al contempo, continuare a comprimere il piede. Le fabbricavano loro stesse e, oltre all’utilità pratica, erano un’occasione perfetta per sfoggiare le proprie abilità nell’arte del ricamo.

Dopo anni di dolori lancinanti, il risultato era un piede piccolo e appuntito, con l’alluce all’estremità anteriore e le altre quattro dita ben salde sulla pianta, che, a sua volta, era il più vicino possibile al tallone. All’esterno appariva con la forma di una mezzaluna e aveva dimensioni variabili.

L’utilità sociale
La misura perfetta era di dieci centimetri o meno; poi c’erano i piedi di dodici e diciassette centimetri, chiamati rispettivamente Loto d’Argento e Loto di Ferro. Più il piede era piccolo, più la ragazza era un buon partito e il suo modo di camminare era oggetto delle attenzioni maschili. Il peso del corpo poggiava solo sul tallone e ne derivava un’andatura oscillante. Soprattutto in tarda età, i problemi deambulatori e la rottura dell’anca erano all’ordine del giorno, ma in gioventù era tutto un altro discorso.

L’aspetto sociale della pratica era sedimentata nel maschilismo dell’epoca. Il Loto d’Oro causava difficoltà motorie e, di conseguenza, le ragazze diventavano dipendenti dal padre o dal marito.
Se confinate in casa, non potevano che essere mogli fedeli e donne rispettabili
Il Loto d’Oro era un biglietto da visita per contrarre un buon matrimonio. L’uomo in procinto di sposare una ragazza con i piedi fasciati sapeva di prendere con sé una compagna forte, capace di far fronte al dolore e alle avversità.
La pratica non era diffusa in tutta la Cina. Si sviluppò soprattutto fra gli Han, il più grande gruppo etnico del paese, prima nelle famiglie agiate, poi in quelle meno agiate. Tutte le ragazze benestanti si fasciavano i piedi ed era una convenzione sociale che non prevedeva eccezioni. Quando giunse anche nelle zone rurali, però, si trasformò in un’opportunità di ascesa sociale.

Di solito era sempre la primogenita di un contadino quella che si sottoponeva al Loto d’Oro. Le altre piccole di casa o continuavano la vita nei campi o si facevano fasciare i piedi il più tardi possibile per non togliere forza lavoro al padre. Avere una figlia con il Loto d’Oro era un motivo di orgoglio, ma anche un pretesto per negoziare un matrimonio conveniente con un uomo facoltoso. Senza i piedi minuti i ricchi non l’avrebbero degnata nemmeno di uno sguardo.

Le origini del Loto d’Oro
Secondo una credenza popolare, il Loto d’Oro nacque sotto Xiao Baojuan, imperatore dal 498 al 501. Il sovrano aveva una concubina bellissima e aggraziata, Pan Yunu, e per godersi i suoi movimenti leggiadri, un giorno fece decorare il pavimento con il disegno di un loto d’oro. La donna, allora, iniziò a danzare con i suoi piedi piccoli e delicati e Xiao Baojuan esclamò:
Il loto sgorga da ogni suo passo!

Non sappiamo se Pan Yunu si legasse i piedi, ma è interessante notare che il culto del piede piccolo era già presente nella mentalità dell’epoca. Basti pensare che intorno all’850 Duan Chengshi scrisse Ye Xian, una delle più antiche varianti di Cenerentola.

Spostandoci avanti nel tempo, un’altra tesi folkloristica colloca le origini del Loto d’oro nel X secolo, quando l’imperatore Li Yu chiese alla sua concubina Yao Niang di danzare su un grande loto dorato alto quasi due metri e decorato con pietre preziose. La donna si fasciò i piedi, li piegò a forma di mezzaluna ed eseguì dei movimenti che suscitarono l’ammirazione dei presenti. Da allora, le donne della corte iniziarono a imitare il bendaggio che le aveva conferito la grazia di quei passi.

Come si diffuse
Al di là delle ipotesi sulla genesi del Loto d’Oro non ci sono certezze, ma, a partire dal 960, ovvero dall’avvento della dinastia Song, ci sono pervenute alcune poesie che sembrano confermarne l’esistenza e la diffusione fra gli ambienti aristocratici.

I versi in questione fanno solo allusioni, e la prima testimonianza affidabile è del missionario Odorico da Pordenone, vissuto a cavallo fra il XIII e il XIV secolo.

Nel mezzo di questo vuoto temporale fra le due epoche, sono state ritrovate le tombe di due donne cinesi d’altro rango. I piedi di entrambe sono stretti con delle garze e la forma è sempre quella a mezzaluna, ma, a giudicare dalla conformazione delle ossa, si tratta di un Loto d’Oro antecedente a come lo conosciamo, perché l’alluce è rivolto verso l’alto e non verso il basso. Di conseguenza, possiamo ipotizzare che la tecnica sia stata perfezionata di secolo in secolo.

Con la dinastia Ming, dal 1368 al 1644, il Loto d’Oro divenne sempre più popolare e si diffuse anche al di fuori degli ambienti nobiliari, trasformandosi in un autentico biglietto da visita erotico-sociale.

Nel XVII secolo salì al potere la dinastia Qing, originaria della Manciuria. I Manciù erano un’etnia minore, con usi e costumi diversi rispetto agli Han, che rappresentavano la stragrande maggioranza della popolazione, e, nel 1638, l’imperatore Huang Taiji bandì la pratica del Loto d’Oro.

Si trattava di un’usanza mal vista dalla corte, ma nemmeno il secondo tentativo del 1664, a opera del nuovo imperatore Kangxi, riuscì a limitarla e, nei fatti, le donne Han continuarono a fasciarsi i piedi. L’imposizione durò fino al 1668, anno in cui Kangxi revocò il divieto.

La tradizione prosperò e, col tempo, attirò l’interesse anche delle donne Manciù. A differenza delle Han per loro la legge parlava chiaro: niente piedi fasciati. Si giunse a un compromesso. Il punto forte del Loto d’Oro era la camminata ondeggiante e le Manciù vollero imitarne i movimenti con l’adozione delle cosiddette “scarpe a fioriera”, con al centro una piattaforma lignea alta dai 5 ai 20 centimetri che andava a compromettere l’equilibrio delle donne e a ricreare l’andatura precaria delle donne con loto d’oro, una specie di chopine europee.

In alcuni casi le Manciù arrivarono a eseguire la fasciatura, ma senza la rottura delle ossa e con la semplice unione delle dita, in modo tale da avere l’estremità anteriore appuntita.

Il declino e la fine
A partire dal XVIII secolo sorsero le prime critiche e, nel 1851, i leader della rivolta dei Taiping avviarono una grande propaganda contro il Loto d’Oro. La rivolta fallì nel 1864, ma i tempi stavano cambiando e i missionari cristiani intensificarono i loro interventi. Nel 1874, John MacGowan fondò la Tiān zú huì, la società del piede celeste, e i suoi comizi convinsero un primo nucleo di donne cinesi a non tramandare la tradizione.

Nacquero altre società anti-Loto, salirono alla ribalta donne come l’attivista britannica Alicia Little o la femminista cinese Qiu Jin, la propaganda si diffuse in lungo e in largo e gli intellettuali riformisti pressarono il governo affinché si attuasse un programma di ammodernamento istituzionale e ideologico.

Dall’11 giugno al 22 settembre del 1898 ci fu la Riforma dei Cento Giorni, ma l’iniziativa fallì a causa delle pressioni dei conservatori e, all’alba del Novecento, la questione dei piedi fasciati, per la Cina, era diventata una fonte di imbarazzo.

Nel 1912 l’antica dinastia Qing lasciò il posto alla Repubblica di Cina. I nuovi leader misero al bando il Loto d’Oro e lo bollarono come uno dei simboli dell’arretratezza culturale del paese. Nonostante i rigidi controlli, che prevedevano ispezioni e multe, la tradizione si estinse per davvero solo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la politica del Grande balzo in avanti di Mao costrinse anche le donne a partecipare allo sforzo collettivo nei campi.

Dopo secoli di dolori, deformazioni e ossa rotte, oggi il Loto d’Oro è solo un lontano ricordo e sopravvive nei piedi minuscoli di quelle poche donne ancora in vita che, in un giorno imprecisato della loro infanzia, dovettero obbedire alle madri e prestarsi alla tradizione. Erano solo delle bambine, ma quei momenti di sconforto e di urla lancinanti sarebbero loro servite per essere belle e sensuali, per dimostrare di poter diventare mogli obbedienti. Purtroppo tutto questo non si tradusse in un sogno avverato.
Con la rivoluzione culturale gli uomini cinesi iniziarono rapidamente a preferire donne con i piedi sani, e le ragazze che si erano spaccate le ossa alla fine degli anni ’40, l’ultimo periodo in cui il Loto d’Oro venne praticato, diventarono mogli poco desiderabili. Per queste donne il matrimonio si rivelò impossibile, una tragedia nella tragedia che sconvolse la vita di migliaia di persone, famiglie comprese, ancorate a una mutilazione estetica priva di qualsiasi senso pratico.